Grünewald: la Cappella Sistina del Nord

Della vita del pittore tedesco Grünewald non si sa quasi niente. Probabilmente è vissuto tra il 1455 e il 1528 e forse si chiamava Mathis Gothart Nithart. Di lui sono rimaste poche opere, e la più importante e ben conservata è l’ Altare di Isenheim. Si tratta di un polittico con pannelli e ante dipinte da entrambe le parti,

che conformano quel meraviglioso ciclo pittorico che Philippe Daverio definisce come “la Cappella Sistina dell’Europa del Nord”….per la “complessità pittorica” che riflette “quella cultura della riva sinistra del Reno dove follie e fantasmi si sposano in un immaginario che dura fino ai giorni nostri”. Mentre “la contemporanea Cappella Sistina era destinata alla gloria dei ricevimenti papali, questa è destinata all’istruzione del popolo che si ritrovava presso i monaci antoniani, dove la pala veniva articolata secondo i momenti liturgici… Siamo attorno al 1515 e fra poco Martin Lutero affiggerà le sue proposte sulla porta della chiesa di Wittenberg”…..

L’”Altare di Isenheim” di Grünewald, attualmente conservato nel Musée d’Unterlinden di Colmar in Francia (Alto Reno, regione dell’Alsazia), e la Cappella Sistina di Michelangelo sono due capolavori assoluti della civiltà artistica occidentale; dipinti quasi contemporaneamente nei primi decenni del 1500 (L’altare di Issenheim tra il1512 e il 1516 e gli affreschi della Sistina tra il 1508 e il 1541) nel mezzo di grandi sconvolgimenti dei popoli dell’Europa…che vivevano ancora le tragiche devastazioni provocate dalle successive epidemie di peste…

Eravamo all’inizio della Riforma Protestante ( le 95 tesi di Martin Lutero sono del 1517); durante i moti rivoluzionari della Guerra dei Contadini (1520-1526) e delle Guerre di Religione(1524-1648)… poco prima del Concilio di Trento (1545-1563)…e subito dopo della Scoperta dell’America (1492), quando l’Europa iniziava ad essere inondata dall’oro del Nuovo Mondo, che rese possibile la realizzazione di opere audacissime e costosissime d’arte, di architettura e di urbanistica. E l’oro, come si sa, provoca tra gli umani cose bellissime e anche bruttissime, e i riflessi di questi scombussolamenti epocali sono senz’altro visibili nei due capolavori di cui stiamo parlando.

Io l’”Altare di Isenheim” di Grünewald lo definirei piuttosto una anti-Cappella Sistina…molto “al di qua” della trionfante e monumentale descrizione teologico/dottrinale di Michelangelo, dove le certezze dello spazio e del tempo, dagli inizi della Creazione alla fine dei giorni, fino al Giudizio Finale, è sequenziale, cronologica, ordinata e disciplinata, così come doveva essere l’ordine prestabilito del potere della Roma papale.

La visione di Grünewald, sicuramente riflesso degli scombussolamenti centro-europei dell’epoca, insieme alla funzione taumaturgica che doveva avere l’”Altare di Isenheim” hanno creato questa opera allucinante, dove tutto viene sconvolto, la vita e la morte, il principio e la fine…. la vita può coincidere con la morte, il principio può coincidere con la fine , la gloria può coincidere con la vergogna e il trionfo con la catastrofe….perchè non è la imitazione o rappresentazione delle cose o dei fatti il carattere centrale di questo capolavoro, quanto l’esistenza, l’essere e l’espressione dell’essere nel suo insieme, divino, umano, animale e vegetale (Pare di leggere per immagini i racconti di Juan Rulfo, scritti 4 secoli dopo…)

Giovanni Testori parla appunto di “vegetalità generante e generale….dove le voci, gli stridii e i lamenti…le chiamate soffocanti e inesauste…stanno perennemente sul punto di farsi….come se si levassero dall’intrico arrovellato e crudele delle radici di un’immane foresta”….e descrive la Crocifissione in questi termini tremendi: “Che nel corpo di Cristo dovesse contenersi il massimo d’unicità e quasi di concentrazione della natura vegetale, di quella animale e di quella umana…..Cristo, in Grünewald, non scende a incontrarsi solo come uomo; s’incarna come scandalo dell’unità e dell’unicità dell’essere…..Il Cristo di Colmar non è più soltanto un colosso umano; e neppur più soltanto un toro indomabile, anche se vinto; le piaghe che maculano la sua pelle non sono più e solo cicatrici o ascessi dovuti alle spine e agli atrezzi della flagellazione e della tortura; esse sono anche, e nello stesso tempo, escrescenze e oscuri morbi di natura tipicamente vegetale, ferite di tronchi strappati, croste di clorofille malate”……

…”Nè il rapporto tra la testa di Cristo e la corona di spine è quale risulterebbe se la corona fosse stata veramente infilata sul cranio del Crocifisso; esso è quale sarebbe se la corona ne fosse uscita come una gemmazione spontanea e necessaria; nè più nè meno di come vi sono usciti e cresciuti i capelli……Non era forse scritto da sempre che Cristo sarebbe stato coronato di spine? Ma questo “sempre” è, nello scandalo di Grünewald, talmente reale che la corona si sarebbe sviluppata da sè per ferirlo e torturarlo, anche se attorno a lui non ci fosse stato nessun carnefice. Così è assai difficile capire se le spine che fuoriescono, qua e là, lungo tutto il corpo vi sian state immesse o non siano invece spuntate per una sorta di mostruosa e folgorante capacità vegetale dei suoi stessi muscoli e del suo stesso sangue. L’atrocità dell’atto viene, del resto, subito ribaltata dalla maggior quantità, anzi dal massimo di desiderio, di bisogno e di necessità di sofferenza e di morte che si leggerebbe in Cristo, attraverso questa sua folle, animalesca e divina autospinazione”.

E’ difficile inserire questo pittore in un convincente e coerente filo di sviluppo della pittura tedesca dei secoli XV e XVI. Giovanni Testori dice che “Il suo percorso risulta esterno alle regole del grande, tragico gioco o cammino dell’arte”…
L’impianto pittorico e decorativo è ancora medioevale “tardo-gotico”: simbolico nella disposizione dei colori, carichi di valori spirituali (R.Arnheim) e contrastante con la realtà nella scala di grandezza delle figure (Gombrich).

Il Rinascimento Grünewald non l’ha assimilato…l’ha superato con indifferenza sbarcando in una specie di “manierismo” espressionista….che poi ispirerà tutti gli “espressionismi” successivi, fino a quelli moderni e contemporanei.

A Grünewald non interessano che l’espressione e il movimento. La norma, la misura, le proporzioni della figura umana (che Dürer perseguì per tutta vita) non lo hanno certamente interessato molto. Le sue forme fisiche sono per lo più brutte, malaticce, impossibili o almeno fuori dall’ordinario, anche quando non si sacrifichi niente all’espressione. I volti sono asimmetrici, quasi in ogni dipinto si riscontrano arbitrii di disegno che hanno una giustificazione artistica; oppure tralascia il modellato, come avviene negli schizzi“. (H. A. Schmid, Die Gemälde und Zeichnungen von Matthias Grünewald, 1911)

La predilezione per i temi drammatici e crudeli manifesta in Grünewald una sensibilità appassionata. L’asprezza con cui li rende svela una sensualità morbosa, una specie di nevrosi che degenera in voluttà del dolore.
Il realismo con cui evoca il cadavere di Cristo sulla croce è di una brutalità che nemmeno i più frenetici spagnoli hanno superato… La sua sensualità esacerbata di mistico si compiace nell’orrendo e nel ripugnante. Nessuno come questo tedesco ha dipinto i ‘livori della decomposizione’, le ‘fosforescenze della putrefazione’…..
Composizione, disegno, colore, ogni cosa è sacrificata o subordinata all’espressione, che deve a ogni costo toccare la massima intensità …
Nei dipinti di Grünewald il colore ha una parte primordiale ed essenziale. Non è una veste d’accatto : si identifica col disegno, è carne e sangue dei suoi personaggi, che non si potrebbero concepire senza di esso … La sua tavolozza è ricchissima. Ha un gusto dichiarato per i toni schietti e opulenti, l’azzurro oltremare, il giallo aranciato, il giallo zafferano, il giallo d’oro. Predilige i rossi, ne modula tutta la gamma, spingendola a limiti estremi, dal rosa salmone fino al lusso della porpora … si direbbe che, anticipando i secoli, Grünewald abbia presentito il principio delle ombre colorate e della esaltazione dei colori complementari, considerati conquista della moderna pittura in plein-air. La definizione che meglio si addice per caratterizzarlo è la parola ‘barocco’, spogliata – s’intende – di ogni significato peggiorativo”. (L. REAU, Matthias Grünewald et le Retable de Colmar, 1920)

Dicevamo che Grünewald, nell’’”Altare di Isenheim” sta parecchio “al di qua” della Cappella Sistina, perchè è ancora umano tra gli umani, tra “follie e fantasmi” e con tutte le incertezze, i dubbi e le sporcizie del “mettere le mani in pasta”, e le sue rappresentazioni non potranno mai arrivare alla eroicità, alla gloria trionfante e alla apoteosi delle certezze di Michelangelo.

Esattamente quattrocento anni dopo José Clemente Orozco ha dipinto la Cappella Sistina dell’America Latina nell’Hospicio Cabañas di Guadalajara-Messico, in un certo senso concludendo il ciclo delle “Cappelle Sistine” …andando “al di là”, implodendo e contemporaneamente esplodendo la monumentalità gloriosa e trionfante di tutte le ideologie e filosofie e “razionalità scientifiche” che hanno guidato questo millennio, in una rappresentazione e narrazione pittorica che prende per mano Grünewald e lo porta ai nostri giorni.

Sono tre “Cappelle Sistine” che vivono gli inizi, le glorie e la fine di questo piccolo frammento millenario della storia della umanità occidentale….

…..con la utopistica nota della purificazione nella cupola dell’Hospicio Cabañascome speranza della sopravvivenza della vita a condizione di cambiare la rotta e cambiare totalmente i paradigmi fin qui vissuti.

La famosa domanda di Gauguin “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?” trova risposte contraddittorie, complesse ma profonde in questi tre capolavori:

Da dove veniamo? in Grünewald nell’“Altare di Isenheim” ; Chi siamo? (o chi avremmo voluto essere?) in Michelangelo nella “Cappella Sistina”; Dove andiamo? In Orozco nell’“Hospicio Cabañas di Guadalajara-Messico”

Grünewald Altare di Isenheim

 

 

4 pensieri su “Grünewald: la Cappella Sistina del Nord

  1. Un capolavoro assoluto, senz’altro uno degli eventi pittorici più importanti nella storia dell’umanità. Non è troppo lontano, l’Alsazia è bella, vale il viaggio.
    Se posso consigliare anche il polittico di van Eyck a Gand…

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