Buenos Dias Don Sergio

Pubblico un interessante articolo inedito sui miei lavori, scritto qualche tempo fa dell’amica Cinzia Peschechera. Lei stessa me lo ha inviato con queste belle parole di accompagnamento: “Caro Sergio, non ricordo nemmeno chi e come mi aveva chiesto quell’articolo che tantissimi anni fa scrissi per la presentazione del tuo sito. L’ho trovato oggi, in uno scatolone pieno di ricordi su fogli di carta ormai ingiallita. E’ stato il primo articolo che mi hanno pagato. Ho pensato di riportarlo su un moderno foglio di word, e te lo allego. Avevamo trovato belle parole.Spero che tu stia bene e che la voglia di arte non ti abbia abbandonato. Un abbraccio,Cinzia”.

Sergio Michilini, BUENOS DIAS DON SERGIO, 1996, olio su tela, cm.70×60

Buenos Dias Don Sergio

Viaggio nel mondo del pittore friulano Sergio Michilini, artista e insegnante che rivisita l’arte riportandola a contatto dell’urbanistica e della solidarietà

Siede spesso all’aeroporto. Il cappello sulla testa, il viso espressivo allungato dalle rughe dei suoi cinquant’anni. Viaggia. Nicaragua, Messico, Cuba, Brasile, Italia. Viaggia per lavoro: fa l’artista.

Si sente in lui l’influenza dei grandi pittori, scultori e architetti del passato, che, una volta, erano chiamati artisti.
La nostalgia per il glorioso itinerario secolare dell’arte italiana traspare in tutte le sue opere e si ritrova nelle sue parole.
«Al posto dell’arte, oggi, ci sono mutande e scatolette di sintetici escrementi». Ma Michilini preferisce avventurarsi su un altro percorso, che è quello di non dimenticare la storia dell’arte, ma di conoscerla e valorizzarla.

«Gli artisti che oggi sono gli stilisti e alle pubblicità si dà il compito di riempire i grandi spazi. Quegli stessi spazi che una volta erano colorati dai cieli di Tintoretto, Giotto e Gauguin».

Michilini, 1982, Lonate Pozzolo, Varese, Italia, pittura murale sulla cupola della chiesa di Santa Maria degli Angeli

Michilini rivendica per sé, e per altri artisti italiani e sudamericani poco conosciuti, una figura sociale capace di portare all’urbanistica cittadina un valore aggiunto: quello di essere anche opera d’arte.
«L’architetto non ha più quelle conoscenze che un tempo gli spettavano, l’arte si è allontanata dalle opere pubbliche proprio come l’architettura ha fatto per le Belle Arti. Manca una preparazione adeguata su forme e colori, e il lato prettamente artistico dei progetti viene sottovalutato. Per questo le città crescono senza continuità e gli edifici aggiunti non partecipano alla globalità urbanistica sociale, ma finiscono per essere soltanto altri punti grigi nelle metropoli».

Per questo Michilini dipinge su tela, ma non soltanto. Predilige strade, palazzi e chiese. Luoghi in cui l’arte si combina di nuovo, come nella migliore tradizione italiana e mondiale. «Con il mondo vero».

Michilini, 1989, OGGIONA CON S.STEFANO (VA), Palazzo Comunale, Sala Consiliare

Grande viaggiatore, immagazzina informazioni, raccoglie pensieri, sviluppa idee. Studia il mondo per noi per poi ricomporlo nelle sue opere mescolando il presente e il passato, l’America Latina e l’Italia.

Il lavoro di Michilini si proietta quindi nella direzione dell’artista che non è tale solo perché armeggia con pennelli e scalpelli, ma perché guarda, impara e si perfeziona in continuazione. Questo nel tentativo di proseguire quella grande tradizione di cui si sente figlio, mostrando nuove chiavi di lettura della natura e del mondo umano.

Michilini, CHE GUEVARA CON EL CRISTO AMARILLO, 1996, olio su tela, cm.60×70

Così “Autoritratto con Cristo Giallo” di Gauguin si trasforma e trova espressione nel volto di Che Guevara. Un angolo di giardino ospita il suo autoritratto e gli animali colorati che lo circondano lo salutano con “Buenos Dias don Sergio”. Con questo rivisita le opere di Gauguin e Courbet e il nuovo ruolo dell’artista “vero” nella società odierna. Le leggende prendono corpo tra i murales delle donne maya ed è una nuova venere nera quella che Michilini omaggia a Tiziano.

Sergio Michilini, LA VENERE CENTROAMERICANA, 1996, olio su tela, cm.111×166

Stralci di vita, diapositive sovrapposte una all’altra. Ricche di dettagli tanto da poter essere osservate più e più volte trovandoci sempre un nuovo particolare. Tutt’altro che sintesi, a dispetto dell’Arte Contemporanea che si minimizza dietro le porte della Biennale.

«Un cuoco non può cucinare all’inizio piatti elaborati e prelibati e all’apice della sua carriera presentarci un mattone…». Per questo Michilini ancora studia, compone, prova, impara, perfeziona. Si nota anche dai suoi dipinti che progrediscono diventando più nitidi e ricchi.

Deluso dalle idee che gli avevano fatto pensare un mondo diverso che avrebbe portato al Rinascimento dell’arte pubblica, continua comunque a portare le sue opere dove sembra che gli artisti stiano rientrando nelle opere urbanistiche. «Certo le opere, a volte, sono coperte da scrivanie, computer, uffici. Il problema è che l’arte non interessa più, non viene percepita, viene impacchettata e preconfezionata nelle gallerie in base all’umore dei collezionisti».

Michilini crede nell’arte da vivere, su cui camminare, da poter osservare ogni giorno, nella quotidianità.

Sergio Michilini, AUTORITRATTO, 1996, olio su tela, cm.50×50

Questa esigenza di espandersi nel mondo, di farsi conoscere e di far conoscere le sue opere, lo porta alla creazione di un sito Internet, dove viaggia insieme ai grandi pittori veneti e friulani come il Tiziano, il Tintoretto e il Pordenone di cui si sente discepolo ed erede. Un modo nuovo e inaspettato per un’artista come lui, di offrirsi alla gente, di mostrare quanti colori e quante sfumature ci sono in quel mondo che lui stesso vive ed affronta ogni giorno.

Michilini dunque, non immaginiamolo un una stanza a dipingere, ma per le strade.

A costruire arte, a parlare di politica, di spiritualità, di leggende. A collegare per noi due mondi, l’America Latina e l’Italia, che pur vivendo esperienze diverse inseguono, grazie a Michilini, la stessa «voglia d’arte».

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