Da campione a birraio: Daniele e la sua storia “dall’altro mondo”

Non è sempre facile gestire la fine di una carriera sportiva, specie se si è abituati a vestire la maglia della nazionale in una disciplina dura, fatta di allenamenti pesanti e spesso di lunghi ritiri lontano da casa. Molti atleti non staccano mai, e dopo l’agonismo diventano tecnici, dirigenti o trovano lavoro in qualche azienda del proprio ambito. E poi c’è chi invece decide di cambiare vita, dedicarsi alle passioni rimaste dormienti negli anni precedenti, magari volare all’estero per una nuova esperienza… agli antipodi geografici e professionali.

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È il caso, quest’ultimo, di Daniele Danesin, 30enne di origini comasche, cinque titoli mondiali nel canottaggio in specialità non olimpiche (8 e quattro di coppia pesi leggeri) e un preziosissimo argento iridato sul quattro senza leggero nel 2011, anno in cui vinse anche un oro agli Europei con la medesima barca. Danesin fu citato per la prima volta su Malto Gradimento qualche tempo fa (QUI, per la precisione), perché è uno dei canottieri che ha dato vita alla Five Rings Brewery, beer firm ispirata ai cinque cerchi olimpici che ha creato e distribuito la pale ale “estiva” Row LPA (brassata sull’impianto del “Doppio Malto” di Erba) che da due anni è presenza fissa in molti eventi di canottaggio a Varese e in Lombardia.

Questa esperienza ha definitivamente riacceso la passione di Daniele per il mondo delle birre (Five Rings uscirà presto con una seconda specialità) tanto da spingerlo a cambiare radicalmente vita come ci spiega lui stesso dalla Nuova Zelanda. Perché è laggiù che Danesin sta affinando le tecniche brassicole con una serie di esperienze in giro per le terre degli All Blacks.Danesin03

LA DECISIONE – «Quando ho deciso di smettere con il canottaggio sono rimasto nell’orbita della Forestale, il mio Gruppo Sportivo, e sono andato a lavorare all’ufficio Cites di Ponte Chiasso, vicino a casa. Una vita normale come quella di Stefania, la mia fidanzata che faceva la frontaliera spostandosi ogni giorno in Svizzera. Mi trovavo bene, sia per il lavoro sia per i colleghi, anche perché il passaggio da sportivo a impiegato è stato gestito molto bene dalla Forestale. Però qualcosa mi bruciava dentro: la voglia di fare nuove esperienze, conoscere mondi, cibi, tradizioni e persone diverse. Abbiamo mollato tutto – tra l’altro a Roma non hanno neppure letto la mia richiesta di messa in aspettativa non retribuita – e da aprile siamo in Nuova Zelanda, paese che avevo visitato in occasione dei Mondiali 2010 (6°, in finale nel quattro senza PL ndr)».

L’IMPATTO – Un volo senza troppe aspettative birrarie, per la verità: «In effetti mi ricordavo un panorama povero per quanto riguarda la birra artigianale. E invece, appena atterrato ad Auckland, ho capito subito che la realtà era cambiata in modo radicale. Già in aeroporto ho assaggiato la Citra Jr del birrificio Liberty: fantastica, luppolata, profumatissima, indescrivibile».

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I “TRE RAGAZZI” – Da Auckland i primi spostamenti: «Due settimane nell’isola del Nord e altrettante in quella Sud per decidere… da dove cominciare. La scelta è caduta su Christchurch grazie a due amici di Torino, Alessandro e Anita, che ci hanno ospitato e aiutato a trovare lavoro: io ho iniziato da carpentiere, professione molto richiesta perché la città è in ricostruzione dopo il terremoto del 2011. Lavoro duro ma divertente e ben pagato, però io cercavo altro: la birra. Ho iniziato a informarmi e propormi e sono stato premiato: mi ha contattato la Three Boys Brewery, birrificio icona della zona e così ho iniziato a lavorare in questo mondo. Il primo incarico è stato quello di pulire e riempire i fusti, imbottigliare e confezionare le lattine: impieghi un po’ noiosi grazie ai quali però ho imparato molto anche perché ho stretto amicizia con Eli, il birraio dei “Three Boys” con cui ho avuto modo di provare decine di birre, di discutere, di scoprire segreti».

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UN PUB E 30 SPINE – «Il mio visto “lavoro&vacanza” non permetteva di restare per più di tre mesi dallo stesso datore di lavoro, così a ottobre ho dovuto cambiare. Grazie al proprietario di Three Boys, Ralph, e a un’impiegata, Anita, sono passato in pochi giorni a Stainless Steel Brewery, birrificio che produce conto terzi e per il proprio pub, il più antico dell’isola con trenta vie che cambiano ogni pochi giorni. Il mio incarico è migliorato: aiuto durante la produzione, con particolare attenzione alle fasi di filtraggio e carbonazione. Anche questo lavoro però era a termine, solo un mese, per motivi loro, e così mi appresto a una nuova avventura».

IL PROSSIMO PASSO – «Lunedì passerò infatti al birrificio Cassels & Sons, marchio che oltre ha produrre birra è proprietario di due ristoranti in città e che ha in catalogo una stupenda APA che mi ha sempre affascinato. Il primo contratto è di 3 mesi ma con la promessa di estenderlo a tempo indeterminato, perché nel frattempo il mio visto è diventato di lavoro. Il birraio di Cassels arriva da un’esperienza di 4 anni in Australia, da Little Creatures, birrificio che è considerato una garanzia. E intanto sto lavorando alla ricetta della nuova birra di Five Rings».

IL RICONOSCIMENTO – «Tra l’altro – conclude Daniele – qui hanno sempre tenuto in considerazione la mia carriera precedente. Gli sportivi non sono associati a certi calciatori che passano per fare la bella vita e per allenarsi poco: in Nuova Zelanda sanno e capiscono quali e quanti sacrifici devono essere sostenuti da un atleta per arrivare e restare ad alto livello. Sanno che siamo abituati a lavorare con un obiettivo preciso, spesso sotto pressione, con momenti di stress da gestire e superare. Per questo e per tanti altri motivo consiglierei a tutti di fare un giro in Nuova Zelanda: se passate da Christchurch la prima birra è offerta!».

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