Birra in Tour: Sarajevo e la sua “pivo”

P1230798(franz) Certo, il Belgio. Ok la Germania. Ovvio, gli Stati Uniti. Nei racconti che vi abbiamo proposto per la nostra rubrica per beer travellers fino a oggi, si è parlato principalmente di Paesi vocati per tradizione alla produzione e al consumo brassicolo. Stavolta invece andiamo alla scoperta di Sarajevo, passata nel giro di pochi anni dalla gioia olimpica al dramma della guerra. Ebbene, anche la capitale bosniaca vanta un legame con la nostra bevanda preferita: ve lo raccontiamo grazie a Roberto Morandi, collega di VareseNews che ci ha già regalato il recente reportage dalla Retro Ronde.

Minareti islamici, campanili cattolici e ortodossi e… la ciminiera della fabbrica di birra. Chi guarda dalle colline Sarajevo riconoscerà anche la bionda bevanda tra i caratteri che formano l’identità composita e multiculturale di questa affascinante e tormentata città: la “Gerusalemme dei Balcani” è un luogo dalle molte anime, gli abitanti sono per la maggior parte musulmani, ma tra i prodotti più amati ( e consumati) c’è proprio la bevanda alcolica con il nome della città, la Sarajevsko Pivo. La fabbrica aprì qui durante gli anni in cui la Bosnia Erzegovina era appena diventata un protettorato austro-ungarico: lo stabilimento fu costruito nel 1864 nel quartiere di Bistrik-Latinluk.

P1230799Ancora oggi le mura rosso mattone, il serbatoio dell’acqua e la ciminiera caratterizzano il quartiere sulla sponda sinistra della Miljacka (il fiume che attraversa la città), su cui svetta anche il campanile di gusto austriaco della chiesa francescana di San’Antonio da Padova. Oggi la birra Sarajevsko si può assaporare pressoché in ogni locale della città, ma il posto migliore per scoprire caratteristiche e storia è proprio la grande fabbrica: accanto ai reparti produttivi, la sede ospita anche il rinomato ristorante Pivnica HS, caratterizzato da una cucina per lo più di sapore mitteleuropeo, ma non privo di qualche particolarissimo piatto (come il pollo al gorgonzola, segnalato anche da una celebre guida molto usata dai turisti). Il locale si estende su due piani, un ambiente piacevole, con molti quadri e stampe che ricordano la storia della birreria e suggeriscono – prima di abbandonarsi ai piaceri della tavola – alcune riflessioni sul rapporto con la complessa identità della città (in questa foto, il logo originale dipinto all’interno, con le indicazioni in tedesco e italiano, in serbo in caratteri cirillici, in turco scritto ancora in caratteri arabi).
Oltre alla Sarajevsko “classica” – una chiara da 4,9 gradi – qui si può provare anche la Premium, dal gusto più complesso: entrambe le qualità sono comunque acquistabili anche nella rivendita diretta dello stabilimento, aperta fino all’ora di cena. Il ristorante Pivnica HS ha prezzi un po’ più alti dei ristoranti del centro, ma abbordabilissimi per chi viene da fuori ed è qui per vacanza.

La Sarajevska Pivara (birreria di Sarajevo) si trova pressoché di fronte alla celebre Biblioteca Nazionale, edificio in stile “moresco” incendiata all’inizio della guerra civile (nel 1992) e recentemente riportata in vita, simbolo della città: si attraversa il ponte in pietra e si risale uno qualsiasi dei vicoli che si arrampicano sul fianco della collina, le mura rosso cupo dello stabilimento e la ciminiera sono un riferimento facile da seguire. A brevissima distanza si trova la chiesa francescana di Sant’Antonio da Padova, che caratterizza appunto il quartiere dove risiedevano i “latini”, in una città in cui la maggior parte degli abitanti storicamente erano – prima dell’Ottocento – musulmani, ebrei e cristiano-ortodossi: per lungo tempo questa fu l’unica chiesa cattolica, poi arrivarono gli austriaci, che favorirono la nascita di altre chiese “romane”, tra cui la cattedrale in stile neogotico (che ricorda più un duomo francese). Durante la guerra civile degli anni Novanta, nonostante i cecchini e la vicinanza della caserma di Bistrik occupata dai nazionalisti serbi venuti da fuori, la Sarajevska Pivara rimase sempre aperta e frequentata, testimoniando anche così la resistenza della città dove vivevano insieme diverse etnie.

LEGGI ANCHEL’articolo su Sarajevo sul blog personale di Roberto

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