“In carcere stare fermo significa morire. Bisogna pensare al futuro”

Le impressioni dei detenuti che partecipano al corso di pasticceria

Tre ore intense di lavoro e poi la giusta ricompensa: un buon pranzetto a base di pizza e dolci.  Così si è svolta la mattinata di giovedì 17 luglio per un gruppo di detenuti: una lezione di pasticceria tenuta da Denis Buosi e un pranzo tutti insieme. Sono nove le persone che prendono parte al progetto voluto dall’Associazione assistenza carcerati e famiglie di Gallarate: a giugno hanno iniziato a frequentare le lezioni tenute dai cinque pasticcieri della provincia di Varese. Oggi è toccato ai cioccolati e alle mousse di Buosi.
«Mi piace – racconta Gueye, del Senegal, per tutti Jeck -, sapevo già cucinare un po’, ma queste sono cose in più da imparare». Ed è proprio questo spirito che giuda anche Stefano e gli altri: sfruttare l’opportunità di poter imparare qualcosa di nuovo. «È un po’ impegnativo, ma molto interessante» piega Mauro, «soprattutto quando poi mangiamo!» gli fa eco Giuseppe.
Un corso questo che oltre a tenerli impegnati e a fornire nuove competenze, permette loro di migliorare anche la qualità di vita in carcere. «Qui in cucina impariamo  – racconta Giuseppe – e poi in cella possiamo cucinare per noi e in nostri compagni». In carcere infatti c’è la possibilità sia di avere pasti pronti che di acquistare le “materie prime” e cucinare. «Abbiamo i fornelletti da campeggio – spiega Giuseppe  – e riusciamo anche ad allestire dei forni: si mette un piatto sopra il fornello, sopra un cappello di carta stagnola e poi una lattina dei pelati bucata. E così si fa tutto: ieri mi sono fatto un’ottima pasta al forno. Quando ero fuori non cucinavo molto, ma qui dentro impari ad apprezzare tante cose di cui prima non ti accorgevi».

Un sentimento questo che accomuna un po’ tutte le persone che vivono l’esperienza della detenzione. «Sono qui da tanti anni – racconta Orazio Caci -: lavoro come giardiniere, ho fatto il corso di pizzaiolo, per usare il pc e ho preso la maturità. Non bisogna mai stare fermi in carcere: oziare è negativo, stare fermi significa morire». Secondo Caci bisogna sempre pensare «al futuro, a quando uscirai, alle prospettive e cogliere le opportunità che il carcere ti offre. Qui non ci sono discriminazione, tutti possono studiare, lavorare e partecipare alle attività, ma sta a ognuno di noi saperle cogliere». Orazio ci racconta tutto questo mentre stende la pasta della pizza: «Spero di mettere a frutto quello che ho imparato qui. Prima non sapevo cucinare, quando sarò fuori potrò fare la pizza ai miei nipotini».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 17 Luglio 2008
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