Dall’Albania a Sacconago, da clandestina a laureata in lingue

È la storia di Flavia, 23enne neolaureata oggi premiata dal Comune di Busto Arsizio per la sua vicenda personale di riscatto e integrazione nella nuova patria

Dieci anni fa arrivò tredicenne in Italia da clandestina, con la mamma e la sorella su un gommone. Oggi è laureata in lingue e letterature straniere presso la Statale di Milano: un esempio di integrazione avvenuta con successo, senz’altro meritevole di essere raccontato. È la storia di Flavia Shega (foto), giovane
albanese («non ho ancora la cittadinanza, prima di chiederla devo poter dichiarare un reddito») residente in quel di Sacconago. Oggi Flavia, accompagnata dal fidanzato Matteo (italianissimo), è stata premiata dal Comune di Busto Arsizio proprio per questa sua storia semplice, positiva e piena di speranza. Un fiore forse nemmeno troppo raro in un momento in cui l’immigrazione è demonizzata come l’origine di ogni nequizia, quando viceversa ne è il sintomo più clamoroso a livello globale. 

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«Partimmo solo noi donne della famiglia, mio padre non ci poteva seguire, aveva dei lavori in sospeso a casa» spiega Flavia. «Io sono della zona di Durazzo, vengo da una famiglia di origine musulmana ma non siamo mai stati praticanti, come quasi tutti gli albanesi. Del resto storicamente l’Albania era cristiana, l’Islam è venuto dopo. Una società ancora molto maschilista, anche fra chi è emigrato in Italia c’è tuttora chi torna a prendersi una sposa "tradizionale" in patria. Da noi allora si masticava un po’ d’inglese ma il vero mito era l’Italia, vista come il Paradiso in terra, tutti quelli che ne tornavano raccontavano solo le cose positive. Gli italiani erano molto ammirati in Albania». Uno zio di Flavia da qualche tempo si trovava già a Castellanza e fece da "ponte" per il richiamo dei parenti nella zona, nella più classica catena migratoria familiare. Fu gommone, sotto il sole battente dello stretto d’Otranto, nelle mani degli scafisti, e ben presto fu Puglia, la porta della Terra Promessa. 

I primi tempi la famiglia si sistemò a Marnate alcune settimane, poi a Sacconago, presso una famiglia, alloggio in cambio di una mano con lavori vari. E ancora a Sacconago vivono a tutt’oggi gli Shega. Flavia doveva andare a scuola. Piccolo problema: la ragazzina non sapeva che poche parole d’italiano. Fortunatamente la regolarizzazione non tardò. «Fui iscritta alla terza media presso le scuole Prandina, ormai ad autunno inoltrato, e non mancarono le perplessità. È stato difficilissimo adattarsi alla scuola italiana, soprattutto quel primo anno, ma anche alle superiori, dove ho iniziato al liceo linguistico e proseguito con quattro anni di ragioneria. Devo ringraziare gli insegnanti, persone davvero molto umane, le migliori che ho incontrato». Più superficiali i rapporti con i compagni, che tendevano, soprattutto inizialmente, a tenere in disparte la nuova arrivata. «Faticavo a legare, c’era il problema della lingua, anche se col tempo, la pratica, e leggendo di tutto, dalla pubblicità a Topolino, l’ho acquisita. Dei compagni ricordo anche che perfino il modo di vestire tende a separare qui in Italia, per questo sono a favore della proposta del ministro Gelmini per i grembiuli a scuola». Intanto la sorella maggiore di Flavia, viste le difficoltà, optava per l’inserimento nel lavoro.

«Discriminazioni? Non posso dire di averne subite davvero. Non vorrei poi parlare male del Paese che mi ha accolta e che amo tanto. Dirò che mi sono sentita, questo sì, un po’ emarginata a scuola, in disparte, ma è anche questione di carattere forse, succede a tanti». A chi soffia sul fuoco dell’ostilità verso gli immigrati, Flavia risponde in modo giudizioso. «Non bisogna dare un’immagine negativa. Voglio dire, a sentire certi tg, sembra che ogni immigrato delinqua. Bisogna invece combattere certi luoghi comuni».

Quale messaggio lascia Flavia agli studenti di questa zona, di pochi anni più giovani di lei, premiati oggi per essersi diplomati col massimo dei voti? «Mi sento un po’ un pesce fuor d’acqua a pensarci… loro diplomati, io ho la laurea triennale e sto proseguendo gli studi, comunque non ho qualcosa in più di loro. Sono qui a dire a tutti che c’è anche chi non aveva le condizioni per andare avanti, eppure lo ha fatto, e che non bisogna arrendersi». 

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Pubblicato il 20 Settembre 2008
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