Alfano: “Possiamo fare gol contro la criminalità”

Il responsabile della Giustizia nel governo Berlusconi ha inaugurato il rinnovato tribunale bustese. «Contro la criminalità una sola grande squadra, lo Stato». Priorità alla riforma del processo civile

Una squadra che «può fare gol contro la criminalità organizzata e il malaffare, ma solo se è unita». È con questa metafora di stampo calcistico che il ministro della Giustizia Angelino Alfano (foto), il più giovane con i suoi 38 anni a ricoprire l’alto incarico nella storia della Repubblica, ha introdotto il suo intervento presso il nuovo tribunale di Busto Arsizio dopo il rituale taglio del nastro. Taglio che giunge a suggellare quanto fatto fin qui per il rinnovo delle strutture giudiziarie bustocche: il nuovo tribunale è ormai a pieno regime, i lavori del vecchio palazzo giustizia lo hanno reso agibile per la Procura, anche se gli interventi, dirà il procuratore, sono tutt’altro che finiti. Si è fatto insomma davvero molto, eppure non ancora abbastanza a fronte di bisogni e problemi cronici.

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«Con questo taglio del nastro abbiamo aperto un presidio di legalità per la società bustese e per quella porta del mondo che è Malpensa. Qui vedo presidenti anche di altri tribunali lombardi, è un riconoscimento del valore geopolitico, direi, di questa realtà»: così il ministro della giustizia.
Alfano è rimasto favorevolmente colpito dal clima di aperta collaborazione e franco confronto fra tribunale, Comune, magistratura e avvocatura. «Tutto ciò» ha commentato il ministro forzista «mi conferma nell’idea che esiste un’unica grande squadra contro la criminalità organizzata e a tutela dei cittadini: lo Stato. Non c’è solo la Procura, o solo la polizia giudiziaria, c’è tutto un sistema, una squadra». Una visione quasi corporativa.

«Una società è concorde solo se la giustizia funziona» osserva Alfano, non insensibile al grido di dolore (cronico) levato dal procuratore Dettori. «Sono attento alle questioni dell’organico e delle best practice messe in atto per la gestione dei tribunali. Per gli organici stiamo tenendo la situazione sotto controllo, in modo da identificare le realtà bisognose di intervento». Busto è fra queste.

Per il ministro, è tempo di agire. Venire incontro alle carenze strutturali della giustizia italiana si può, Alfano ricorda che sono state approvate due norme specificamente mirate a recuperare risorse cosiddette "dormienti", soprattutto dai fondi confiscati alla criminalità organizzata, e che potranno essere impiegati per investimenti a favore del settore giudiziario».
Le priorità sono la certezza del diritto e quella della pena. «Qui è insediata gran parte della migliore impenditoria lombarda»: è fondamentale per l’economia una giustizia dai tempi certi. «Serve la riforma del processo civile, che stiamo portando avanti, ma servono anche gli uomini sulle cui gambe deve camminare la giustizia. Perchè se un imprenditore per un decreto ingiuntivo deve attendere 40 mesi, o un cittadino 10-12 anni per vedere risolvere una causa… Bisogna tutelare i diritti dei cittadini, le imprese devono essere difese dalle truffe. Il processo è giusto quando si chiude in tempi ragionevoli, e con sentenze comprensibili e credibili». Sulla certezza della pena, Alfano dice basta ad una situazione che vede «nelle carceri oltre la metà dei detenuti in attesa di giudizio, e quindi presunti innocenti, mentre per converso chi sbaglia non paga. Chi ha compiuto un danno alla società lo deve risarcire, anche in presenza della sospensione condizionale della pena». Il ministro dichiara di essere a favore dell’inserimento delle autorità locali e dei sindaci anche nei meccanismi dell’esecuzione penale, ad esempio per i lavori risarcitori. «Chi sbaglia paga, abbiamo un progetto di legge in questo senso, perchè si risarcisca, fin qui è stata data troppa indulgenza, a chi sbagliava per la prima volta e non solo».

Non sono mancate le tensioni, fra qualche lazzo del piccolo corteo di contestatori guidato dall’associazione antimafia "AmmazzateciTutti", a ricordare il discusso lodo Alfano, e il pochissimo spazio fisicamente e temporalmente concesso alla stampa e alle sue domande. «La protesta è un diritto sacrosanto, poi c’è chi protesta e chi lavora. Noi siamo qui per lavorare» risponde secco Alfano, e pare di sentire Brunetta. Non manca un’incursione dello scatenato Stefano Salvi, ex reporter di Striscia la Notizia, a mettere alle strette il ministro ormai sulla via del ritorno, ricordando di aver segnalato ormai da un paio di mesi alcune preoccupanti anomalie relative all’accessibilità degli atti giudiziari, per natura assai delicati. 

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Pubblicato il 18 Novembre 2008
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