G8 di Genova, Agnoletto: “Volevano arrestarmi”

Al Circolone di Legnano l'europarlamentare di Rifondazione rievoca con Haidi e Giuliano Giuliani, i genitori di Carlo, i giorni drammatici degli scontri di piazza e dei pestaggi, da piazza Alimonda alla scuola Diaz

"Fare un golpe e farla franca": quanto avvenuto fra il G8 di Genova 2001 e le prime sentenze dei processi a carico di esponenti delle forze dell’ordine per i fatti della scuola Diaz, nella sintesi brutale ed efficace del film documentario di Enrico Deaglio, Beppe Cremagnani e Mario Portanova proiettato martedì sera presso il Circolone di Legnanoe che sarà riproposto martedì 11 marzo al Museo del Tessile di Busto Arsizio, dove presenzieranno Mirko Mazzali del Genoa Legal Forum e Don Andrea Gallo della comunità di San Benedetto al Porto.
Sala strapiena al Circolone per la presenza di ospiti di rilievo collegati alle drammatiche vicende di quei giorni: l’europarlamentare di Rifondazione Comunista Vittorio Agnoletto (foto), uno dei volti più in vista del "movimento dei movimenti", e Haidi e Giuliano Giuliani, i genitori di Carlo, rimasto ucciso negli scontri di piazza Alimonda con i carabinieri – per loro non sarebbe stato, fra l’altro, il carabiniere Mario Placanica a sparare il colpo fatale al ragazzo.

"La prova generale di un modello di repressione": così Deaglio nel documentario riassume la sensazione di fronte all’ingentissimo spiegamento di forze dell’ordine, che non eviterà alla città la devastazione dei black bloc; si assisterà comunque a scene di violenze gratuite e ideologicamente motivate contro gente inerme, non solo alla scuola Diaz – Giuliano Giuliani definirà «delinquenti in divisa quanti picchiavano in dieci degli inermi a terra». Nel filmato sono intervistate le persone che ebbero responsabilità politiche in quei giorni, fra cui l’allora ministro degli Interni Claudio Scajola, che in una parziale autocritica ammette una scarsa preparazione di parte delle forze dell’ordine presenti, oltre a ricordare la massa di allarmi più o meno bislacchi rilanciati in quei giorni dai media (lancio di sangue infetto, e altre amenità). Il tutto mentre reparti di sicurezza fatti affluire da Roma si esibivano in coretti tipo "un due tre Pinochet", "faccetta nera" ecc. "Si mise in cantiere una strage", con tanto di body bags in quantità; quattro carceri furono in parte svuotate per far posto alla massa prevista degli arrestati: c’è anche questo nel filmato, oltre alle scene indelebili di pestaggi, saccheggi dei black bloc, scontri. Un secondo filmato tratto da O.P. Genova 2001 presenta la tesi cristallizzatasi a sinistra da quei giorni: "le azioni del blocco nero servono a giustificare la repressione dei movimenti", da qui lentezze, esitazioni, ordini di non intervento.

«Cosa resta di questo golpe?» si chiede oggi Haidi Giuliani (foto a destra). «Non sarà che continua ancora oggi? Genova non è stata che la punta di un iceberg, e il futuro che attende i giovani d’oggi è molto pesante, un futuro con meno diritti e una Costituzione svuotata». Agnoletto individua responsabilità politiche e delle forze dell’ordine: e se per le prime «l’ordine pubblico era in mano ad AN», tra le forze dell’ordine (ce n’è per tutti, s’intende) ad essere accusato dall’europarlamentare è il "superpoliziotto" De Gennaro, allora capo della Polizia e oggi responsabile del Dipartimento Informazioni Sicurezza che coordina i servizi segreti. È notizia di ieri, ricordava Agnoletto, che resterà a Genova un procedimento a carico suo e di altri due dirigenti con l’accusa di istigazione alla falsa testimonianza. Ma l’europarlamentare comunista racconta anche altri episodi: come quando lui e Casarini ricevettero due buste con proiettili nei giorni subito prima del G8, oppure immediatamente dopo quando gli era stato fatto sapere da un "compagno" che sarebbe stato arrestato, «ma solo dopo i funerali di Carlo Giuliani», e che «l’intero Genoa Social Forum sarebbe stato accusato di associazione sovversiva». Salvo ricevere poi, il mercoledì, «la telefonata di un giornalista dal tribunale di Genova, che mi disse: tranquillo, non l’arrestano, non si è trovato un solo magistrato disposto a firmare un ordine di custodia…» Sul piano politico odierno, in un’Italia dove «si sta realizzando pezzo a pezzo il piano di rinascita democratica della P2», Agnoletto deve ammettere la disfatta delle sinistre, «ma si è fatta cultura, e questa resta». Una cultura che l’esponente comunista declina nel segno dell’antiliberismo, di una rinnovata lotta di classe, ma stavolta su scala globale, e dell’ambientalismo: «altro che quei "socialisti" che al Social Forum mondiale di Belèm non c’erano, perchè erano a Davos».

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Pubblicato il 04 Marzo 2009
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