Crisi nerissima, cassa integrazione a quota 22.000 in provincia

Impietosi i dati aggiornati presentati dal segretario provinciale di Cgil Franco Stasi in un incontro pubblico a Villa Tovaglieri indetto da Costituente per la Sinistra

Sono sempre più gravi i dati della crisi che attanaglia l’economia globale, con pesanti riflessi su un’economia integrata come quella del Varesotto e dell’Alto Milanese. Se ne è parlato ancora a Villa Tovaglieri di Busto Arsizio in un incontro promosso dalla Costituente per La Sinistra. A Franco Stasi, segretario provinciale della Cgil. è toccato il compito ingrato di girare il coltello nella piaga a suon di numeri, impietosi e obiettivi testimoni di una crisi priva di precedenti noti a memoria d’uomo. I dati più aggiornati in possesso della Camera del lavoro, riferiva il sindacalista, parlano di 22.333 lavoratori costretti alla balza purgatoriale degli ammortizzatori sociali. Un aumento verticale dai 13.500 dei dati di fine 2008. Più nel dettaglio, siamo sui 18mila lavoratori in cassa integrazione ordinaria e oltre tremila in cassa straordiaria (cigs), cui vanno aggiunti 875 dipendenti per cui sono in vigore i contratti di solidarietà. Se si aggiungono un migliaio di persone già nelle liste di mobilità, e quindi espulse dal ciclo produttivo, e una stima di circa quattromila altri lavoratori cui non sono stati rinnovati contratti a termine causa crisi, siamo a circa 26mila persone e relative famiglie in difficoltà.
Ben 791 sono le aziende della provincia di Varese interessate dall’uso degli ammortizzatori sociali, di cui 439 nel settore meccanico e 162 nel tessile. Di queste, oltre la metà ha sede tra Gallarate e Busto Arsizio: per la precisione, 288 nella città dei Due Galli e 128 nella seconda città della provincia. A questi dati ufficiali assai pesanti vanno aggiunte, rincara Stasi, tutte quelle situazioni non immediatamente traducibili in numeri certi, come rientri ritardati dalle vacanze, ferie anticipate o fatte smaltire, trasformazioni forzose di tipologie contrattuali e orari dietro la minaccia di ricorrere a strumenti di crisi.

I lavoratori pagano insomma a caro prezzo la crisi. Anche sul piano dei diritti, osserva Stasi, che polemizza sul piano politico, oltre che sindacale, con chi indica nella CGIL un sindacato dei "no". «La sola CGIL sta indicendo il referendum tra i lavoratori sugli accordi separati che le altre sigle sindacali hanno sottoscritto con il governo il 22 gennaio scorso, contro il nostro parere» ricorda, «a volte anche a prezzo di essere isolata e di vedere i suoi sindacalisti soggetti a ogni sorta di ostacoli e pressioni». Di proposte, ricorda il sindacalista, ce ne sono state eccome da parte del sindacato, fra quetse la detassazione della tredicesima, l’una tantum di solidarietà sopra i 150.000 euro di reddito, il coinvolgimento della Provincia nella gestione della crisi occupazionale, ma le risposte non sono giunte o sono state tardive. «Un ministro ha detto che si può fare a meno della Cgil, noi diciamo che si può fare a meno di questo governo».

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Pubblicato il 21 Marzo 2009
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