“Poco o nulla è cambiato nel Paese dei furbi”

I fatti di ieri e di oggi raccontati da tre grandi firme varesine che vissero quegli anni in cui si passò dalla Prima alla Seconda Repubblica. Giudizio netto: "Tangentopoli? Da allora è cambiato poco"




1992-2009. Ancora lui, Mario Chiesa, finisce nelle cronache giudiziarie nazionali in seguito all’arresto, avvenuto ieri martedì 31 marzo, per associazione a delinquere, traffico di rifiuti, truffa allo stato e turbativa d’asta insieme ad altre 9 persone. La sua vicenda personale è legata a doppio filo a quella dell’intero Paese quando nel ’92 venne arrestato permettendo al pool di Mani Pulite di aprire uno squarcio enorme sull’intreccio tra politica e affari in Italia decapitando l’intero vertice della classe politica italiana.  Per capire meglio quale sia lo stato dell’arte oggi abbiamo girato la domanda a tre importanti firme del giornalismo varesino, uomini che nel ’92 facevano la posta davanti ai tribunali di Varese e Milano e che, chi più chi meno, lo fanno ancora oggi: Gianni Spartà, Claudio Del Frate e Franco Giannantoni.

Gianni Spartà (nella foto a sin.), cosa è cambiato dal 1992 al 2008 in Italia? Il Paese ha capito o no la lezione di Mani Pulite?

«Per dirla con una battuta mi viene da pensare che c’è stata Mani Pulite, ma non si sente profumo di bucato in questo Paese, al massimo quelle grandi inchieste e quei processi possono essere considerati solo un risciaquo superficiale. Se Mario Chiesa era ancora sulla piazza significa che le sue professionalità servivano a qualcuno; come servì ai tempi di Craxi, che lo definì un mariuolo, serve oggi. Questo Paese è intriso di questi vizi e, dicendola tutta, se oggi stiamo meglio di altri nelle onde della crisi mondiale lo dobbiamo ai nostri vizi italici, a partire dal lavoro nero che regge un’economia sommersa enorme. Quando mi parlano di Pil mi vien da ridere, credo che quel dato serva solo ad alcuni giornalisti per parlare di economia. La realtà, oggi, è un’altra: non ci sono buoni esempi da seguire e le nuove generazioni crescono nello stesso brodo delle precedenti dove il più furbo vince e dove un manager pubblico guadagna 650 mila euro all’anno con migliaia di lavoratori in cassa integrazione. Vorrei chiudere ricordando l’intervista che feci a Chiesa quando, nel 2000, stava finendo di scontare la sua pena nella cooperativa di Crosti a Vedano Olona. Lo trovai una persona brillante e baldanzosa che aveva avuto la geniale idea di impiegare i disabili per differenziare i rifiuti informatici. Una gran testa, usata male il più delle volte».
 
Claudio Del Frate (a destra nella foto), perchè Mani Pulite non è riuscita a cambiare i costumi degli italiani?
 
«Quella tremenda stagione è stata metabolizzata in una maniera assai bizzarra dall’opinione pubblica. In questi sedici anni abbiamo assistito alla demolizione sistematica dell’immagine di quel periodo da parte di politici che non hanno fatto altro che andare in tv a dire che quello è stato un tentativo di colpo di stato giudiziario da parte di toghe politicizzate quando le sentenze dei giudici, e non i teoremi dei magistrati, ci hanno consegnato alla storia la scoperta di un sistema endemico di corruzione a tutti i livelli politici ed economici. Il tentativo di riscrittura della storia è evidente e, in buona parte, devo dire che è riuscito quando mi ritrovo a dover scrivere di Mario Chiesa che torna ad avere rapporti con politici e amministratori, imprenditori e semplici operai rimettendo in piedi un sistema di corruzione senza che nessuno alzi il dito per dire “ma quello è Mario Chiesa, il primo arresto di Mani Pulite, colto a prendere una mazzetta da 7 milioni”. Un mese fa Gherardo Colombo (nel ’92 nel pool di magistrati di Mani Pulite) era a Como per presentare un suo libro e il Comune tolse il patrocinio all’iniziativa, considerandolo un sovversivo, mentre Mario Chiesa veniva accolto a braccia aperte da altre amministrazioni dove ottenne gli appalti per la gestione dei rifiuti, con i risultati che abbiamo visto ieri. Così è stata metabolizzata Tangentopoli».


Franco Giannatoni, lei scrisse un libro sulla requisitoria del pubblico ministero Agostino Abate riguardo la Tangentopoli varesina dal titolo “La melma”, libro che dovette ritirare. Nel 2009 è ancora valida quella lezione?

«Fummo minacciati e perseguiti da avvocati di Milano, Varese e Busto Arsizio quando uscimmo con quel libro. Dovemmo ritirarlo perchè la casa editrice che me lo pubblicò (nel 2000, ndr) non aveva la forza di andare contro certi principi del foro ma la lezione resta valida eccome. Da Tangentopoli sono cambiate alcune cose come il ruolo di Mario Chiesa che allora era un corrotto e oggi è un presunto corruttore. Altra cosa che non è ancora cambiata ma potrebbe cambiare presto, è il ruolo del magistrato che da conduttore delle indagini potrebbe diventare mero esecutore di ciò che farà la Polizia Giudiziaria, se la riforma Alfano passerà. Nel frattempo, però, il procuratore generale Francesco Dettori ha ancora la possibilità di andare a fondo in questa indagine e, come per Mani Pulite, potrebbero emergere scenari imprevedibili e molto più vasti. Altra cosa che è invece cambiata da allora è che Mario Chiesa accettò il processo e il giudizio che venne istruito mentre oggi si fa di tutto per delegittimare il pm e, spesso, anche i giudici. Quello che è rimasto uguale è il pensiero che l’unica mentalità vincente in Italia è quella dell’illegalità e dell’impunità, ovvero gli elementi di fondo che reggono queso Paese.

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Pubblicato il 01 Aprile 2009
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