“La ‘ndrangheta nel Nord? Una pianta rigogliosa”

Massimo Brugnone, coordinatore lombardo di Ammazzateci Tutti, movimento anti-’ndrangheta sorto su iniziativa spontanea dei giovani a Locri, espone alcune riflessioni sul grado di infiltrazione delle cosche tra Varese, Milano e Como. "Si può parlare solo di infiltrazioni?"




Massimo Brugnone (nella foto in basso), coordinatore lombardo dell’associazione Ammazzateci Tutti,  interviene dopo i recenti arresti per ‘ndrangheta che hanno permesso di smantellare una vera e propria "Locale" tra Lonate Pozzolo e Legnano. Lo fa tramite il blog dell’associazione, tutti i giorni, tenendo un vero e proprio diario degli episodi riconducibili alle organizzazioni malavitose di stampo mafioso. Ultimamente ha avuto molto da scrivere:

«In questi ultimi giorni mi sono limitato a riportare notizie senza voler esprimere giudizi su ciò che sta accadendo nelle nostre città, su ciò che invero da molto tempo accade nelle nostre città, ma, purtroppo, solo ora i tanti segnali di allarme gridati a gran voce sembrano arrivare alle orecchie dei più. All’alba del 23 aprile sono scattate le manette ai polsi di 39 persone, delle quali 30 residenti fra le province ci Milano e Varese e dei quali 11 arrestati per associazione a delinquere di stampo mafioso. Numeri, questi, che di solito fanno gioire procure come Palermo, Reggio Calabria o Napoli per l’intenso lavoro che, insieme alle forze dell’ordine, ha permesso di sgominare bande di criminali che fanno capo alla malavita organizzata: la mafia. Non basta».

Il diario è impietoso e fotografa una situazione che racconta qualcosa di più di un’infiltrazione in particolare della ‘Ndrangheta: «Il 24 mattina vengono arrestate altre due persone, Maurizio Saverio La Rosa e Maurizio Trubia, accusati di associazione mafiosa e di aver imposto il pagamento del pizzo a imprese di Gela che effettuavano lavori pubblici anche a Milano per conto del clan degli Emanuello, quello stesso clan che insieme ai Rinzivillo venne accusato a Busto Arsizio nel dicembre del 2006 di essere il cervello criminale per il riciclaggio del denaro sporco proveniente dai traffici illeciti della famiglia».

I segnali non mancano e il diario si arricchisce di episodi inquietanti che vanno oltre gli arresti. Brugnone legge nelle cronache il clima intimidatorio che si è instaurato nella zona: «Sempre a Busto Arsizio, in periferia, e sempre in questa lunga settimana, nella notte fra il 20 e il 21, viene dato fuoco a due escavatrici appartenenti all’impresa edile Orceana” di Orzinuovi (Bs) e che da lì a pochi giorni avrebbe dovuto chiudere un piano integrato per la costruzione di alcune palazzine in zona San Michele, pieno centro città. Nessuna prova di appartenenza alla criminalità organizzata della mano che ha compiuto l’atto, certo è che il modus operandi e i successivi fatti di cronaca molto fanno pensare. Se fossimo in un paese di quell’isola lontana che è la Sicilia nessuno si scandalizzerebbe; se fossimo fra le montagne dell’Aspromonte calabrese ci sarebbe solo da aspettarselo; se fossimo in qualsiasi posto in provincia di Napoli, forse, ci preoccuperemmo di non sentire tali notizie almeno una volta alla settimana. Eppure non siamo in nessuna delle “solite” regioni del sud, non ci troviamo nemmeno nella meno citata Puglia, ma ci troviamo in Lombardia, la regione che vanta il quarto posto per beni confiscati alla mafia».

La lunga lista di Brugnone non dimentica nessuno e per chi ha la memoria corta ecco altri episodi, sangue che scorre attorno a Legnano: «Forse però questi dati non bastano, perchè forse la gente fra qualche giorno si scorderà di quel boss mafioso arrestato di fianco a casa propria, proprio come già sembra che ci siamo scordati di Carmelo Novella ucciso l’estate scorsa a San Vittore Olona, e come già ci siamo scordati che un paio di mesi dopo venne ritrovato il corpo inerme di Cataldo Aloisio, genero di un altro boss dell’Ndrangheta. Pare ci sia scordati di un certo Salvatore Morabito, “facchino” della Sogemi, società municipalizzata di Milano, che entrava tranquillamente con una Ferrari nell’ortomercato del capoluogo lombardo. Stesso Salvatore Morabito che partecipa ad una cena elettorale in onore di Alessandro Colucci, consigliere regionale, indicato come “amico in Regione” nelle intercettazioni telefoniche fra gli uomini del clan».

Senza dimenticare l’indagine Expo, bruciata dalle rivelazioni fatte alla stampa da fonti segrete: «Dobbiamo esserci dimenticati anche di Vincenzo Giudice, consigliere comunale di Milano, presidente della Zincar, società mista partecipata dal Comune, che è stato avvicinato da Giovanni Cinque, esponente di spicco della cosca calabrese degli Arena. Stesso Giovanni Cinque che si assume il merito dell’elezione di Massimiliano Carioni, assessore a Somma Lombardo, e che partecipa ad altre cene elettorali con Paolo Galli, presidente dell’Aler, l’azienda per l’edilizia popolare di Varese. Sono molti i nomi e sono molti i fatti: tanti, troppi, e dovrei continuare, ma non è la cronaca di una regione ormai chiaramente invasa dalla criminalità organizzata che voglio fare. A breve ci saranno nuove elezioni comunali: io auspico non si debba arrivare ad una faida di San Luca trasportata al Nord per far capire che il pericolo di infiltrazioni mafiose non è più imminente, ma è tanto attuale quanto, ormai, storia passata. Le sue radici le mafia le ha già piantate e l’albero sta crescendo sempre di più in una connivenza fra Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra, mafie straniere e criminalità locale».

Per finire Brugnone si rivolge ai cittadini che qui sanno e ancora per poco potranno dire "no" ad un sistema di potere che si sta sviluppando come un cancro: «Dobbiamo metterci bene in testa che non possiamo più guardare con occhio distaccato questo problema e che non possiamo delegare alle sole forze dell’ordine il compito di risolverlo. Dobbiamo, noi cittadini, essere parte attiva in questa lotta e non farci persuadere da quel senso si omertà che, insieme alla mafia, va sempre più dilagando nelle nostre città. Dobbiamo essere consci che del fatto che il nostro silenzio e la nostra indifferenza non fa che aumentare lo strapotere di quella piovra che già ci ha avvolto e continua piano piano sempre più a stritolarci. Oggi dobbiamo prendere in mano le redini del nostro presente per salvaguardare il nostro futuro ed, insieme alla magistratura, la politica, le forze dell’ordine, essere quella società civile che non ha paura di ribellarsi e non si piega al soggettamento di quell’orribile parola che è la mafia».

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Pubblicato il 28 Aprile 2009
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