Caselli ai ragazzi dell’artistico: «Qui la mafia è riciclaggio»
L'icona della lotta alla mafia, mette un punto fermo sul problema mafia al nord, ricorda i suoi anni a Palermo e mette in guardia gli studenti perchè sappiano scegliere la via della legalità sempre
La testimonianza di un uomo coraggioso che ha saputo sfidare la mafia e prendere il posto che fu di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nella lotta alla criminalità organizzata nel momento più difficile. Questo è Giancarlo Caselli, attuale Procuratore Generale della Repubblica a Torino e ospite nel pomeriggio di oggi, martedì 19 maggio, al teatro Sociale di Busto Arsizio davanti ai ragazzi del liceo artistico Candiani di Busto Arsizio. Giancarlo Caselli giunge a Busto Arsizio per parlare di lotta alla mafia in un momento particolare per la zona che si estende da Varese a Legnano, con i 39 arresti per ‘ndrangheta effettuati meno di un mese fa e l’omicidio di Giuseppe Monterosso, pregiudicato freddato da un altro condannato per mafia residente in provincia di Como, Andrea Vecchia arrestato insieme ad altri tre nei giorni scorsi e in procinto di effettuare altri omicidi.
In questa situazione generale si colloca la testimonianza di Caselli davanti ai ragazzi delle quarte e quinte del liceo artistico, insieme a Massimo Brugnone dell’associazione Ammazzateci Tutti il quale ha messo in guardia i ragazzi invitandoli a stare sempre e comunque dalla parte della legge: «Ho condotto la lotta alla mafia quando sono stati uccisi due grandi uomini di questo stato – ha detto Caselli – uomini che per sconfiggere la mafia hanno perso la vita, persone che hanno alzato un velo importante sul malaffare che vedeva intrecciarsi politica, imprenditoria e criminalità. Da loro è iniziato tutto e io ho portato avanti il loro lavoro dal ’93 al ’99 quando la società civile ha cominciato a collaborare per evitare che l’Italia diventasse uno narco-stato. Quello era il rischio che stavamo correndo». Ma cosa significhi la mafia oggi lo ha detto chiaramente poco prima: «Oggi la mafia si racchiude in una parola: riciclaggio. Qui si lavano i soldi sporchi di droga, estorsioni, usura e qualsiasi altra attività illecita – ha detto Caselli – le roganizzazioni malavitose tutte stanno inquinando profondamente il tessuto produttivo, stanno facendo saltare le regole della concorrenza offrendo ribassi inarrivabili negli appalti ed espellendo dal sistema economico le imprese buone, oneste e non colluse». In sostanza la mafia si può permettere di perdere soldi offrendo, con le sue imprese, servizi e prodotti a costi bassissimi per conquistare fette di mercato sempre più rilevanti.
Cosa fare di fronte a questo farsi beffa delle regole civili? Lo ha detto bene Massimo Brugnone, da anni in prima linea nel territorio per diffondere informazioni e per spiegare il meccanismo criminale delle mafie nel territorio di Busto Arsizio e dintorni: «Bisogna che i giovani prendano in mano il presente e operino nella società civile avendo sempre davanti ai propri occhi la giustizia – ha detto Brugnone – ogni nostra azione ha dei riflessi che nemmeno ci immaginiamo. Acquistare cinque grammi di marijuana dallo spacciatore arricchisce la mafia in modo indiretto, sfruttare un’amicizia per saltare una lista d’attesa è un comportamento mafioso. La mafia è anche dove non pensiamo che possa essere».
Durante l’incontro, moderato dal preside dell’istituto Andrea Monteduro, sono state fatte domande al Procuratore da parte dei ragazzi e sono state ascoltate le testimonianze di don Alessandro Riboldi, prete dell’oratorio di Sacconago, e di due ragazzi che sono stati a Locri e a Scampia con l’oratorio all’interno di un programma di scambi tra comunità che vivono in zone difficili. Una delle domande cruciali fatte a Caselli chiedeva: si può sconfiggere la mafia? La risposta di Caselli è stata fulminea e ancora una volta ha rimesso al centro dell’attenzione Giovanni Falcone: «La mafia è come tutte le cose della vita: ha un inizio, una sua esistenza e avrà una fine». Su come possa essere sconfitta è emblematica la frase di chiusura di Caselli, che riprende il collega e amico Piercamillo Davigo: «Se qualcuno che hai invitato a cena ti ruba le posate non aspetti che venga condannato in un processo per non invitarlo più».
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