Lavoro, è sempre crisi nera: colpita almeno una famiglia su dieci

In un incontro organizzato dal PdCI enumerati dati che parlano chiaro: toccata da casse integrazioni, mobilità, licenziamenti una percentuale a due cifre delle famiglie varesine

Almeno una famiglia su dieci qui in provincia, è coinvolta direttamente dai problemi occupazionali. Per affrontare questi temi si è riunito ieri sera a Villa Tovaglieri, come già fatto un paio di volte nei mesi scorsi per "fare il punto", un gruppo coordinato dal PdCI di esponenti locali del partito (tra gli intervenuti la senatrice Maria Pellegatta) e di sindacalisti di area Cgil. E il loro è un punto amaro, e steso con chiarezza, di un momento estremamente difficile che non vuole passare. È sempre crisi grave e profonda. Vista da sinistra, crisi due volte: non solo sul piano economico e del lavoro, ma anche su quello politico, della rappresentanza, della lotta, dell’unità sindacale. Ma i sindacati stanno battendosi per uscirne e annunciano un accordo provinciale condiviso con le categorie produttive che sarà siglato la prossima settimana.

– I numeri

A Gianmarco Martignoni e Mario Pagani, rappresentanti di Cgil, il compito di dare le dimensioni dello tsunami globale che si è abbattuto anche nelle nostre terre con particolare violenza. A livello provinciale, fa sapere Martignoni, sono ben 1650 le aziende in crisi e 32.000 su 50.000 complessivi i lavoratori di queste ditte per i quali, da dati aggiornati a fine settembre, risultavano avviate le procedure per casse integrazioni, contratti di solidarietà, mobilità e licenziamenti. Nella sola Busto Arsizio sono 235 le aziende di tutti i settori che hanno fatto richiesta di ammortizzaori sociali, con circa 3700 dipendenti coinvolti su un totale di circa 5000. Si tratta di cifre imponenti: moltiplicando la difficoltà di ognuno di questi lavoratori per il numero dei familiari, si ottengono percentuali a due cifre della popolazione provinciale e cittadina. Il che spiega, naturalmente, a catena, le difficoltà riscontrate anche nei consumi e nel commercio. Pagani aveva riferito i dati limitati a Busto e al settore metalmeccanico, pesantemente colpito, e all’evoluzione della crisi: da 35 aziende in difficoltà un anno fa si è passati a 85-90 secondo dati del mese scorso. Almeno triplicati anche i dipendenti coinvolti e il numero di aziende del settore che hanno chiesto la cassa integrazione speciale, passato 3 a 11. E non è tutto, perchè queste sono cifre ufficiali che mostrano ciò che può e deve essere registrato. Il dramma silenzioso della crisi è quello dei giovani che, rilevava Pagani, sono stati i primi a pagare con il mancato rinnovo dei loro fragili contratti a tempo determinato, di fatto dei licenziamenti mascherati alle statistiche. Situazione grave anche e soprattutto nelle piccole aziende sotto i 16 dipendenti, nel commercio, dove, come raccontava Stefano Rizzi per Filcams Cgil, esiste una vertenzialità molto elevata anche solo per ottenere il dovuto, quei mesi di stipendio che il padrone è tenuto dalla legge 108/90 a versare al dipendente di cui ritiene di non avere più bisogno.

– Sindacati e categorie si accordano: almeno a Varese

A livello provinciale si siglerà lunedì prossimo 21 dicembre un importante accordo fra la "triplice" confederale Cgil-Cisl-Uil e tutte le organizzazioni datoriali di categoria. Due i punti di maggiore impatto: una richiesta condivisa di rafforzare l’istituto della cassa integrazione, che, aggiunge Martignoni, andrà riformata in questo 2010 se si vuole evitare un’ondata di licenziamenti. E un investimento forte in riqualificazione, per ricollocare il personale espuslo dai processi produttivi dei settori più colpiti – metalmeccanico, tessile, chimica. «È solo grazie alla cassa integrazione se in Italia abbiamo meno licenziati che altrove e si sono (per ora, ndr) e si sono salvati centinaia di migliaia di posti di lavoro». A livello nazionale Cgil ha chiesto il raddoppio di durata della cassa integrazione e quello dell’indennità di disoccupazione, che dura 8 mesi sotto i 50 anni, 12 sopra i 50; «non è come una volta che perso il posto in capo a due mesi trovavi nuova occupazione» afferma Martignoni. Bisogna poi guardare a soluzioni di welfare di altri paesi europei, «più robuste» di quelle in vigore da noi. Non solo tempo, ma denaro: si chiede anche un aumento per chi si ritrova senza impiego o con il lavoro ridotto ai minimi termini.

– La crisi e la sua percezione

La crisi avanza e "buca lo schermo" della tv «solo quando i lavoratori ricorrono a proteste estreme». In compenso "passano" idee sbagliate, come raccontava Mario Santoro, delegato sindacale in una importante azienda chimica di Castiglione Olona. «Noi di Cgil siamo stati presi di mira quando il governo ha deciso di usare i soldi del Tfr depositati presso l’Inps per coprire la spesa corrente, ossia i buchi di bilancio. Hanno convinto la gente che l’idea è venuta dalla Cgil, è falso. Il sindacato aveva proposto tutt’altro, di usare i fondi dei contributi volontari per alimentare gli investimenti in opere». Vallo a spiegare a chi ora ha paura di vedersi portare via anche il Tfr.


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Pubblicato il 15 Dicembre 2009
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