Smaltimento illecito di rifiuti: “Dicevo a papà di smetterla”

Il figlio di Salvatore Accarino ammette qualcosa a denti stretti mentre il padre nega le accuse più pesanti

Proseguono gli interrogatori degli arrestati dell’operazione Replay sullo smaltimento illecito di rifiuti presso la ditta La Valle di Fagnano Olona. Oggi è stato il turno del personaggio principale della vicenda, Salvatore Accarino e di suo figlio Francesco: due deposizioni apparentemente in parte contraddittorie. Entrambi cercano di minimizzare: il primo negando, tranne ciò che è più agevolmente dimostrabile, il secondo ammettendo a denti stretti qualcosa, ma su una scala che non avrebbe a che fare, secondo la difesa, con l’entità delle accuse.

Salvatore, di fronte al pm Sabrina Ditaranto e al gip Nicoletta Guerrero, ha ammesso di essere il "dominus" della situazione, il dirigente di fatto della Medio Ambiente 2000 srl, e che quindi ogni responsabilità nel giro dei rifiuti ricadesse principalmente su di lui, pur negando di fatto le accuse. Come già il fratello Mario il giorno precedente, ha dichiarato che sì, si effettuavano cernite dei rifiuti in arrivo, ma non miscelazioni di rifiuti diciamo così "buoni" con rifiuti" cattivi", ossia tossici. Al massimo, concedeva, si procedeva a redistribuzioni dei carichi sui camion per mere ragioni di portata. Insomma, sulle accuse principali Salvatore Accarino nega: concede che possano esservi state irregolarità minori, tanto più che il rifiuto già in origine non gli sarebbe arrivato del tutto "pulito". Il che consentiva, ha ammesso, di rivenderlo, guadagnandoci però ben poco, sostiene.
Un semplice lavoratore: così si descriveva l’accusato, messo di fronte alle pesanti contestazioni. Gente che si alzava di buon ora per essere sul posto di lavoro: alle 6, per avviare le attività ben prima che arrivassero i tecnici cui erano affidati i controlli. Lo dicono anche le intercettazioni. C’è poi il filone economico: visto che i soldi sarebbero il movente dei reati contestati, in ultima analisi è il più rilevante. Ufficialmente Salvatore Accarino risulta un dipendente della società che controlla, dotato di modestissimi mezzi e redditi. Nei fatti controllava, e lo ha ammesso, tutto un giro di attività: condizione contraddittoria secondo gli inquirenti. Oltre a possedere una bella villa in Tunisia, Paese con cui non ci sono accordi per le rogatorie. E dietro le società intestate a prestanomi localmente, ne spunterebbero anche all’estero, altro aspetto che andrà chiarito. Oltretutto è in una posizione ambigua, giudiziariamente, per le pregresse vicende dell’operazione Eldorado che lo videro condannato in primo grado a ben sei anni. Per il fallimento della Lombarda sas era stato dichiarato fallito, dapprima, ma il successivo ricorso dell’avvocato Alberto Talamone, che lo difende, è stato poi accolto dalla corte di appello e la questione è al presente in attesa di pronuncia della Cassazione. Tecnicamente, Salvatore Accarino non risulta quindi fallito, mentre lo era fino a qualche tempo fa: elemento che va considerato a rigurdo della condizione patrimoniale. Oltre alle conseguenze della condanna subita che gli impedivano di dirigere aziende in prima persona.

Se Salvatore Accarino ha cercato di minimizzare, suo figlio Francesco è comparso davanti ai magistrati in uno stato di comprensibile nervosismo, a causa della carcerazione subita. «Lo dicevo a papà di smetterla» diceva: ma anche lui è accusato in base alle intercettazioni telefoniche. A differenza del padre, il giovane Accarino ha ammesso a denti stretti la miscelazione dei rifiuti. Secondo quanto riferisce l’avvocato Talamone, non vi sarebbe sostanziale contraddizione con quanto ammesso dal padre nel senso che queste miscelazioni si sarebbero fatte non in base a una volontaria e premeditata azione ma per la fretta. Profili di irregolarità indubbiamente vi sono, concede il legale, ma bisogna porre attenzione a non lanciare giudizi affrettati «tanto più che in particolre l’Accarino padre subisce una valutazione negativa a causa delle sue vicende giudiziarie pregresse». Se il pm ha un quadro abbastanza chiaro da permetterle di mettere alle strette gli arrestati su punti specifici, il legale (che difende al momento sia il padre che il figlio, ma dovrà decidere entro una settimana quale seguire) dovrà approfondire i vari filoni dell’inchiesta per poter portare elementi a discarico degli assistiti e contrastare un quadro accusatorio che appare piuttosto solido.
Nei prossimi giorni saranno via via sentite tutte le persone coinvolte: domani toccherà a due segretarie, gli interrogatori proseguiranno poi lunedì.

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Pubblicato il 21 Gennaio 2010
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