Ecomuseo della Valle Olona, in centinaia alla presentazione del progetto

L'interesse di enti locali e gruppi c'è: l'istituzione culturale dovrà però nascere da uno sforzo comune "dal basso" e rispondere a requisiti precisi per essere riconosciuta dalla Regione ed accedere ai finanziamenti

Un folto pubblico ha partecipato venerdì sera in aula Bussolati alla Liuc alla serata di presentazione del progetto dell’Ecomuseo della Valle Olona, promossa da ProLoco Castellanza e Piccolo Mondo Antico. Fitta la presenza non solo di autorità di ogni livello – sindaci e assessori da tutta la Valle, tre consiglieri regionali: Luciana Ruffinelli, Stefano Tosi e Cesare Bossetti – ma anche di persone non "di rango" istituzionale, venute ad approfondire il tema.
Alla serata, moderata da uno storico conoscitore della Valle come il giornalista della Prealpina Pietro Roncari e aperta al contributo e al dibattito del pubblico, partecipavano figure a titolo diverso coinvolte in questa nuova avventura per la creazione di un soggetto culturale che tramandi e valorizzi le esperienze, i saperi, le memorie, i paesaggi di un territorio. Introduceva i lavori il sindaco di Castellanza Fabrizio Farisoglio, facendo gli onori di casa; erano presenti Cristina Bergo (ricercatrice del Politecnico di Milano), Luciana Ruffinelli, l’assessore provinciale a marketing e identità culturale Francesca Brianza, Luca Basso Peressut, ordinario di museografia del Politecnico milanese, Alberto Garlandini, direttore generale per cultura e giovani presso la Regione Lombardia, e Alberto Mazzoleni, coordinatore delle rete regionale degli ecomusei.

Ma cosa sono gli ecomusei esattamente? Non certo un singolo edificio con dei reperti, come un museo "normale": ma prima di tutto, una forma di identità territoriale e storica, che sorge dalle comunità locali e trova il supporto, anche economico, delle istituzioni, in questo caso della Regione. Legge alla mano, "un’istituzione culturale, costituita da enti locali, in forma singola o associata, o da associazioni, fondazioni o altre istituzioni di carattere privato senza scopo di lucro, che assicura, su un determinato territorio e con la partecipazione della popolazione, le funzioni di ricerca, conservazione, valorizzazione di un insieme di beni culturali, rappresentativi di un ambiente e dei modi di vita che lì si sono succeduti e ne accompagnano lo sviluppo".
Ed era Ruffinelli a spiegare come l’iniziativa, che sta portando avanti con interesse da qualche mese, sorga sulla base della legislazione, che con la legge regionale 13/2007 dà riconoscimento ufficiale agli ecomusei, realtà in qualche caso già esistenti allora – in Lombardia la rete dei 28 ecomusei riconosciuti copre il 13% del territorio e l’8% della popolazione – su esempi europei (l’idea è nata in Francia una ventina di anni fa), in altri da costruire. È il caso della Valle Olona: la sfida è mettersi insieme, proporre, progettare, sulla base di un territorio che ha molto in comune e parecchio da offrire sul piano della storia, dell’arte, delle tradizioni (inclusa la stessa industria d’un tempo, ormai fattasi archeologia) e anche del paesaggio, nonostante la secolare aggressione dell’inquinamento e dell’urbanesimo. Un unicum geografico e sociale che a Ruffinelli era sembrato «ideale» per proporre un ecomuseo. «Il nostro compito era far capire cosa fosse l’ecomuseo: qui però la Regione ultima il suo ruolo e tace»: la palla passa alle comunità locali, da qui devono sorgere le condizioni per il lancio come ente effettivo. Solo in tal modo, e una volta ottenuto formale riconoscimento dalla Regione, si potrà accedere ai finanziamenti, a copertura del 50% delle spese dell’ente, che per ora il Pirellone stabilisce annualmente in ragione di 700mila euro per le attività e 900mila per le strutture, sedi eccetera.
Sempre per la Regione il dirigente Garlandini spiegava come dietro alla legge che riconosce gli ecomusei vi sia il lavoro dell’Unesco negli anni Duemila, con convenzioni come quella sulla diversità culturale del 2005 ad aprire la strada e dare sanzione ai temi identitari-territoriali, non in chiave di gretta chiusura ed esclusione, ma al contrario di apertura al mondo. L’ecomuseo, ricordava, potrà dirsi tale solo quando avrà soddisfatto non meno di quindici differenti requisiti, uno dei quali riguarda proprio il ruolo degli enti locali, così visibilmente presenti alla Liuc venerdì sera. Ma più in generale l’obiettivo era di attrarre tutti i soggetti, pubblici e non, potenzialmente interessati a svolgere un ruolo nella costruzione di questa nuova realtà. Ed è un obiettivo che appare già a buon punto, anche se la strada sarà lunga.

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Pubblicato il 22 Maggio 2010
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