Pro Patria, tre stagioni nel delirio

Tre anni consecutivi conclusi immancabilmente nel modo più umiliante e negativo possibile, sempre all'ultimissimo momento. Una tifoseria demoralizzata e pronta a contestazioni fuori dalle righe. Diagnosi di un dramma sportivo

Non c’è due senza tre: aveva ragione il proverbio, e con esso i menagrami di ogni sorta. E così è finita come tutti sospettavano ormai da settimane, se non da mesi. I più pessimisti (o accorti?) avevano intuito fin da luglio che la stagione sarebbe stata molto difficile, che si sarebbe dovuto lottare per salvarsi. Non si sapeva che non ce la si sarebbe fatta. E così, la stagione della Pro Patria è finita all’ultimissimo respiro, e per il terzo anno consecutivo, sempre e costantemente nel modo peggiore immaginabile. 

Facciamo qualche passo indietro: due anni fa, retrocessione in zona Cesarini, in casa, in uno stadio assurdamente monopolizzato dalla tifoseria ospite; dopo il fortunoso ripescaggio, la stagione delle grandi illusioni e del calcio champagne, il fallimento, l’arresto dell’ex patron, la rinascita, e la B (la serie B!) mancata in modo scandaloso, perdendo in casa con la promozione già in pugno.
Quest’anno, per lo meno, non si è dissacrato il terreno dello Speroni, andando fino a Crema per farsi irridere dai locali, che avevano inaugurato la regular season proprio andando ad espugnare il campo dei sedicenti tigrotti: quando si dice il destino. Non lo sapevano, ma di fatto la salvezza i ragazzi di Manari (poi di Cosco, Di Fusco, Gaudenzi…) se l’erano giocati alla prima partita dell’anno. Essere eliminati con due pareggi, dopo essere andati due volte in vantaggio, poi, è dura da mandare giù. Sentir poi parlare di "scelta" da parte dell’avversario, poi, non ha prezzo. Una squadra ridotta come un Cristo alla colonna. "Battuta" (senza aver perso sul campo) e irrisa.
Ancora più dura da mandare giù è una stagione che ha visto quattro allenatori in panchina… e quattro pellegrini in campo, a detta anche della tifoseria più di bocca buona. Tutto con una proprietà cui mancherà l’esperienza, ma non i mezzi. Di colpo, dalla squadra più bella mai vista dagli anni Quaranta a quella più brutta mai vista, punto. Al punto che anche le flebilissime, anzi nulle speranze di ulteriori ripescaggi sulle disgrazie altrui vengono viste con terrore dagli stessi tifosi: piuttosto che fare figure ancora una volta, meglio la serie inferiore.

Non c’è bisogno di essere tifosi sfegatati, di quelli che tutte le domeniche sono lì allo Speroni, di quelli che sono andati a soffrire a Benevento e a Pagani, per essere più che abbattuti. Qualcuno si è abbassato a urinare nelle auto dei giocatori, un gesto che va molto al di là del disprezzo e che condanniamo. Anche chi la Pro Patria la vede un paio di volte l’anno, chi ha un minimo di affetto per il gioco dei ventidue ragazzi dietro un pallone e per la maglietta a strisce biancoblu che porta il nome di Busto in giro per l’Italia, non può non soffrire di una situazione così umiliante.
Gli ultimi tre anni, finiti come sono finiti, non solo stati solo un concentrato di errori maldestri e speranze deluse: sfidano la razionalità e inducono alla superstizione. Alle coincidenze non crediamo: alle macumbe sì, dopo averle viste all’opera sul campo. Urgono protezioni altolocate. Quindi, il primo consiglio è un bel ritiro in santuario. Lourdes, Loreto, San Giovanni Rotondo: fate voi.
Si torna in Seconda divisione, la vecchia C2 da cui la Pro Patria l’ultima volta ci mise un ventennio per riemergere – e ci era risalita dagli inferi delle serie dilettantistiche solo grazie al titolo sportivo della Gallaratese con cui si era fusa negli anni Novanta. Un’annata finalmente tranquilla a tutela delle coronarie dei tifosi è quanto servirebbe. Non si pretende il ritorno immediato alla serie superiore: se la società non dà una sterzata radicale, sarà benvenuto un campionato di media classifica, mentre si ricostruisce la squadra quasi da zero. “Siamo stati la barzelletta della prima divisione, speriamo di non diventarlo anche della seconda” il commento di un tifoso su Bustocco.it. Dice tutto.

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Pubblicato il 02 Giugno 2010
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