I dolori del giovane Tesoro

Un addio per lettera quello del presidente dimissionario della Pro Patria, che punta il dito contro la proprietà (suo padre Savino), il tecnico Novelli e parte della stampa

"Tanti contro, pochi Pro". È la storia di un anno tempestoso alla Pro Patria secondo Antonio Tesoro, che se ne va lasciando in eredità una lettera-fiume, uno sfogo in cui riversa la sua frustrazione verso l’ambiente e verso il suo stesso padre, Savino, patron della squadra. La riportiamo senza ulteriori commenti, omettendo solamente il nome di un collega citato.

Il primo ricordo nitido che ho della mia esperienza alla Pro Patria risale al 21 Giugno del 2009 ore 18.05. Ero con Barbara Carron ma non ascoltavo le solite frasi di circostanza che si dicono "quando uno vince e si ritrova magicamente sportivo" ma le osservavo le mani che stringevano i fili di erba strappati al terreno di gioco dello "Speroni". In quel momento l’aver perso la serie B mi sembrava una sciocchezza rispetto alla sensazione di sentirsi profanato in casa propria, mi sembrava uno stupro in piena regola. Lì, pensai: "Lo Speroni deve diventare un campo di battaglia, nessuno mai più uscirà con un filo d’erba in mano da Busto". Poco dopo mi piombarono addosso le parole di un veterano del calcio, che recitavano cosi: "Non pensare mai che il calcio sia come quello che vedi in tv e tantomeno come quello che pensa la gente". I giorni antecedenti erano cosi belli e facili che quasi sembravano finti, non avevano un gran fascino su di me. Ti toglievi gli occhiali e applaudivano, prendevi il cellulare dalla tasca e ti applaudivano, ti soffiavi il naso e applaudivano … e poi bastava guardare i polpacci di Do Prado, la sicurezza di Urbano, la grinta di Pisani, il fuoco di Zappacosta, l’estro di Toledo e la maestria di Franco Lerda per sentirti assolutamente in una botte di ferro. Dettagli, sfumature…Visto cosa è successo l’anno scorso in B, mi sento di dire che adesso avremmo avuto anche qualche possibilità di essere in A. Ma la storia la scrive chi vince e noi siamo in C2, anzi LegaPro2 per la buona pace di Macalli. Dopo quei giorni caldi e deludenti la saggezza avrebbe consigliato l’antitesi di quello che poi è stato fatto veramente, ovvero cercare un veterano della categoria come allenatore, limitare le spese, strutturare la società, salvarsi dignitosamente e costruire per pensare in grande,con cognizione di causa, non con l’istinto. Ma le aspettative erano tante, l’ambiente bollente (come testimonia il record degli abbonamenti della passata stagione), le possibilità e la voglia c’erano e abbiamo fatto il pasticciaccio, non tanto per il valore tecnico della squadra, quanto per l’aspetto motivazionale, l’integrità fisica e soprattutto la gestione di allenatori e squadra. Sicuramente non eravamo una squadra da promozione, ma ancor meno lo eravamo da retrocessione. Ci voleva un capolavoro per retrocedere e ce l’abbiamo fatta. L’impresa era ardua, non c’era rimasto nient’altro che il fardello dell’anno precedente con un ambiente poco paziente e "che dava tutto per scontato", con soli 4/5 giocatori che guardavamo anche con sospetto. Era oramai Luglio e nonostante ciò, tra mille difficoltà, Beppe Manari riuscì nel miracolo di dare un’identità ad una squadra di ragazzini che aveva il gusto di giocare a pallone, una squadra fiera e sfrontata che costruiva gioco e che voleva vincere sempre e comunque. Prendiamo a pallonate il Piacenza con Kulli, Rudi e tre ragazzini in prova, andiamo a Mantova dominiamo la partita e perdiamo per 2 errori individuali, andiamo ad Ivrea contro l’Alessandria, costruiamo 10 palle goal in 15 minuti e perdiamo ancora per due errori individuali, poi vinciamo con il Perugia e ci dovevamo confermare a Benevento. Mi ricordo che non riuscivo ad addormentarmi e alle 2.30 scesi nella sala riunione e trovai il mister che sembrava "il barbiere di Siviglia" con i pennarelli in mano che disegnava schemi e scriveva le marcature. Mi raccontò tutta la partita, come si sarebbe sviluppata secondo le sue previsioni, con i nostri movimenti ed i loro movimenti. Il giorno dopo successe virgola per virgola tutto ciò che mi aveva descritto e se non fosse che fisicamente non abbiamo retto i 90 per via degli inserimenti dei vari Pivotto, Serafini ecc ecc, che non avevano fatto il ritiro, saremmo tornati con tre punti e consapevolezza da un campo estremamente ostile. Ma l’anno scorso credo che alla dea gli avessero cavato proprio gli occhi piuttosto che bendarla. Nel frattempo i sapientoni e gli esperti del "senno del poi" oltre a definirlo quasi "il Vanna Marchi degli allenatori" chiedevano l’ergastolo per Manari, mentre i più mansueti proponevano di seppellirlo vivo sotto la panchina dello Speroni, anche un modo alternativo per dare il via ai fatidici lavori di rinnovamento dello stadio. Tutto ciò conditi da vergognosi e vomitevoli attacchi alla persona, stesso trattamento che ho subito io poco dopo. Fatti da chi poi? Da chi a settembre ci definiva "una squadra che non può nascondersi e deve vincere il campionato" o di chi definiva Ripa "un giocatore che non può reggere la categoria". Mi ricordo che Beppe Manari parlava sempre di calcio con me, sarà stato perché forse non aveva tre master e non veniva da famiglia povera di sani principi morali o semplicemente perché aveva sempre un perché a ciò che faceva? Strano perché lo faceva anche Lerda e lui aveva il master e adesso allena il Torino. Dopo il trambusto arriva Vincenzo Cosco, subito empatia, subito ricompattamento e anche risultati accettabili, nonostante la sua idea di gioco non fosse quella che sognavo per la mia squadra. Un mister ed un uomo vero.
Ma oramai subito dopo Manari vengo completamente delegittimato dal malconsigliato Patron (suo padre Savino ndr) e dopo i primi 2 mesi di lotta si arriva alla frattura totale, il giorno della festa di Natale al ProPatriaClub. Volevo dimettermi subito dopo Natale, Cosco e Di Fusco mi pregarono di non farlo e così da Dicembre a Giugno non ho inciso più niente. Nelle interviste cantavo il "ballo del qua qua" e nella vita cercavo di tenere buona la squadra per tentare di salvare capre e cavoli mentre un insieme di elefanti ballavano il cha cha cha nella cristalleria chiamata Pro Patria, un team manager che però doveva mantenere il distacco formale da presidente. Un casino insomma. E nel frattempo gastrite, caffè e sigarette in aumento. La cosa fondamentale nel calcio è l’equilibrio. Se non è insito in te occorre perlomeno la pazienza, perché l’esperienza non si può comprare al calciomercato, Pazienza magari sì ma è difficile che scenda in C2.
Freddure a parte, se prendete la parte sinistra della classifica di serie A, trovate i Pozzo, gli Zamparini, i Cellino, i Preziosi, i Moratti presidenti e proprietari che prima di trovare l’equilibrio giusto ne hanno sbagliate di stagioni e buttato di soldi, fin quando il calcio è diventato veramente una loro azienda, hanno capito le regole e i meccanismi e stanno facendo grandi cose. Penso sia quasi inevitabile che una persona che costruisca qualcosa di grande nella vita, in termini economici e di potere, abbia dentro di sé una megalomania innata, un’arroganza e una presunzione illimitata. Con questi ingredienti nel calcio puoi ottenere solo una cosa: Fallimento sicuro in termini economici e di risultati. Perché il meccanismo è perverso, non solo gli altri ad aver bisogno di te, ma tu ad aver bisogno di loro che sono organizzatissimi in una casta da cui non sfuggi. La decisione che puoi prendere è solamente una: Fare Calcio o non farlo, altrimenti devi scendere a patti. Troppo bello e facile dire: "non bisogna avere nulla a che fare con i procuratori", è come se uno che si apre una qualsiasi attività non voglia avere nulla a che fare con i fornitori. Eresie dei nati saputi. Gente che si nasconde nel piattume della propria zona confort, che vede sempre le stesse cose, che parla sempre con la stessa gente, che dice sempre le stesse cose, barricandosi dietro la parola "esperienza", dietro i 60 anni….come direbbe Sgarbi; "60 anni di tempo perduto" nient’altro, senza nè "ai" ne "bai". Fondamentali sono la correttezza e le pubbliche relazioni; se ti comporti bene e instauri un rapporto di stima e rispetto reciproco stai facendo bene il tuo lavoro, nient’altro…ti ritornerà utile quando magari il procuratore della situazione ha il giovane forte che serve a te come a tanti altri, ma per questi motivi e solo per questi motivi lo da a te. E’vero, ci sono un sacco di perdigiorno, faccendieri e ladri tra i procuratori ma ce ne sono altri che invece sono di uno spessore raro. Difficilmente nella vita mi è capitato di incontrare una persona seria, coerente e competente come Tullio Tinti, oppure un gentleman come Sauro Catellani, una persona corretta come Maurizio De Rosa, Paolillo o Riccardo Calleri. Come loro anche altri.
La stagione volse al termine, dopo mille altre scelte discutibili e personaggi discutibili, con una dolorosissima retrocessione, che avrebbe potuto porre la parola fine sulla nostra esperienza nel calcio o avrebbe potuto ridare slancio alla grande, perché una retrocessione gli errori te li fa capire eccome, non puoi fare finta di niente. Poi si può reagire con orgoglio e volontà, o con delusione e remissione. Mi presi tutte le responsabilità, TUTTE! Tutti l’avevano detto, tutti l’avrebbero fatto, tutti spariti nel loro alone di mediocrità. Regalia dice sempre:"La vittoria ha tanti padri, la sconfitta è orfana". Quella della Pro un genitore lo aveva. Io, solo IO. Si doveva decidere che fare …Inutile dire che naturalmente io e la proprietà non eravamo assolutamente d’accordo. Il Patron voleva portare la squadra al sindaco e chiudere ogni tipo di esperienza con il calcio, nauseato dai meccanismi e dalla realtà, io invece chiedevo una possibilità di riscatto, avevo il fuoco dentro, l’amore incondizionato per La Pro e in più ritenevo di aver capito tanto dall’ultimo anno. Dopo altre tre settimane di vuoto e di rapporti tesi, in cui cercai di far capire alla proprietà che il portare dal sindaco non avrebbe risolto niente e che piuttosto bisognava cercare dei "compratori" affidabili e quanto sarebbe potuto essere sconveniente dopo tutta la sovraesposizione mediatica dovuto alla questioni di Livorno, Torino e Bologna (che è stato ad un passo da acquistare sul serio) al livello di immagine lasciarne in panne la "nostra" Pro Patria o forse mi illudevo ed era solo la "Mia" Pro Patria. Decidiamo di far le cose per bene, annunciare per tempo la sua volontà di lasciare il mondo del calcio e dare tempo alle istituzioni di trovare un acquirente al nostro posto. In tutto ciò era chiaro e conclamato che avrei gestito tutto io alla mia maniera e con i miei uomini, con l’onere della comunicazione e della spiegazione dei perché a carico mio; Invece succede l’opposto le prime dichiarazioni sono le sue che rilancia alla grande affermando di voler fare una grande Pro Patria, che mi avrebbe messo a disposizione tutto l’occorrente, che non sarebbe entrato in nessuna maniera nel merito e che mi avrebbe fatto scegliere gli uomini per il mio progetto. Un altro macigno di responsabilità. Mi rimbocco le maniche, sopporto la diffidenza e la mancanza di fiducia dell’ambiente, contatto Carlo Regalia. Gli chiedo la disponibilità, espongo le mie idee e gli dico che appena sarà chiarita al meglio la nebulosa societaria lo avrei ricontattato… mai avrei voluto coinvolgere un personaggio del genere in una situazione come quella dell’anno precedente dove ne lui ne nessun altro professionista serio avrebbe potuto accettare delle condizioni tali.
Come allenatore avevo scelto Antonio Toma, segnatevi questo nome, uno scienziato del pallone. L’avevo incontrato una volta a Bergamo e due volte a Bari. Un personaggio naif, dall’aspetto sembra un deejay techno, una persona che aveva i soldi sparsi per la casa e gli schemi offensivi in cassaforte. 4-2-4, come esterni ideali per il suo gioco mi aveva citato Lavezzi e Rooney. Un folle genio, mi ricordo che mi spiegò lo schema di un goal di Barretto con i pezzi di pane che fungevano da esterni, le alici marinate che erano il difensore centrale, e il bicchiere di vino che era la torre d’area di rigore. Presi informazioni da direttori sportivi di serie A e B che lo conoscevano e da giocatori di A che lo avevano avuto. Tutti me lo descrivevano come un genio preparatissimo, qualche direttore mi confessò che era il suo sogno nel cassetto un giorno lanciarlo ai livelli consoni al suo valore. Purtroppo però non aveva il patentino e per qualche punto non è riuscito ad entrare al corso, quindi è andato a Casarano in D a vincere il campionato e ottenere il punteggio. A quel punto feci contattare Scienza da Lamazza, ma prese tempo perché preferiva una destinazione in categoria superiore, pensai e incontrai Gautieri che però non aveva un pedigree abbastanza corposo per essere stabile in una squadra dopo una retrocessione e incontrai Novelli che sembrava un compromesso giusto a livello di comunicazione e con un nome che fungesse da tutela al nuovo corso. Reincontrai Regalia gli spiegai che volevo scegliere Novelli e che avevo le garanzie necessarie per iniziare questo nuovo corso. Ci siamo messi d’accordo, lui aveva un impegno fino ai primi di luglio e convenimmo che avremmo dato l’annuncio al suo ritorno. La base di partenza della squadra rispetto alla categoria era molto importante e soprattutto prospettica. Cristiano, Pacilli, Sarno, Polverini, Ripa, Anania, Lombardi, Bruccini, quindi visto che i punti fermi c’erano dovevamo rimpolpare la rosa prendendo 2 difensori centrali 4 terzini giovani, i centrocampisti giovani e alla cessione di Melara un esterno di valore. Decidiamo di comune accordo con Regalia visto che il direttore aveva bisogno di conoscere la categoria, organizzare il suo staff di osservatori e che il più della squadra era stato ereditato dall’anno precedente di affidarci alle indicazioni del mister per completare la rosa. Lui mi consegnò due liste: una comprendeva addirittura Santon, Balotelli, Ariaudo e Candreva, quindi immagino fosse vecchia, l’altra un manipolo di giovani interessanti. Nei miei programmi Regalia quest’anno avrebbe dovuto avere la gestione del quotidiano di tutto il settore tecnico quindi occuparsi degli equilibri tra squadra/allenatore, allenatore/società, società/squadra e in più avrebbe dovuto strutturare la rete di osservatori per garantirci la continuità tecnica e la programmazione per i prossimi anni. Novelli sembrava un allenatore buono per aprire un ciclo. A completare il cerchio delle figure importanti il Dr.Iodice che per competenza, preparazione, serietà e professionalità è un segretario generale di Serie A, categoria in cui tra l’altro ha lavorato parecchi anni. Infatti per dimostrare la fiducia riposta nei miei uomini, a Busto quest’anno venivo una volta a settimana.
Se dovessi definire Novelli, dovrei coniare un nuovo termine in quanto non esiste vocabolo esistente che possa rappresentare ciò che penso di lui. Si presentò da me parlandomi di aziendalismo, patrimonializzazione, valorizzazione, difesa ad oltranza della società, tanti discorsi belli sui procuratori, fantomatica impresa di squadre che raggiungono i play off con 400.000 euro di budget, società che guadagnano soldi grazie ai giovani, la Beretti, "Io a Foggia dove non ci pagavano da 6 mesi ho sempre difeso la società, l’allenatore si deve difendere la società". Contratto biennale. Ha ragione Novelli quando dice che non parlai specificatamente di giovani, ma mi sembrava superfluo per due semplici motivi: 1) Era lui che si definiva un allenatore bravo a lavorare prevalentemente con i giovani e il suo progetto consisteva in quello. 2) La regola dei tre 89 è uscita un mese dopo la sua assunzione e non casualmente i primi acquisti furono Marchetti, Benedetti e Justino. A prescindere da questo lui sembrava indiscutibilmente la scelta migliore che potessi fare dopo il vespaio dell’anno precedente. Sulla carta un serio lavoratore con radicati principi morali, rigido e imparziale …proprio quello che serviva alla Pro Patria. Io non so se lui sia veramente cosi o meno, ne tantomeno voglio fare illazioni. Sicuramenti non gradì l’intervista post partita con la Gallaratese e chiamai il nostro amico comune, ovvero quello che ci aveva messo in contatto, perchè mi parve di capire che non ritenesse consona la squadra all’obiettivo prefissato e perchè mi pareva che stesse facendo tutt’altro che proteggere la società. Mediazione, mi chiese scusa e andammo avanti. Dopo qualche tempo mi è sembrato ancora che non approvasse e non avesse abbastanza empatia per quelle che erano le difficoltà di mercato e societarie e in quella sede ribadii lo stesso invito: "Non complichiamoci la vita, se non ti trovi bene e pensi che ti venga chiesto qualcosa di superiore a quello che pensi si possa fare, mettiamoci d’accordo e amici come prima". Sapevo che questo sarebbe potuto essere un problema nel proseguo del campionato e volevo risolverlo a bocce ferme; il tutto onde evitare squilibri comunicazionali e disastri che avvengono quando il campionato è in corso, che lui potesse accanirsi in caso di vittorie e io in caso di sconfitte.
Cercavo semplicemente un equilibrio superiore umano non dipendente dal risultato, anche perchè magari egoisticamente ero convinto che questa squadra avrebbe vinto molto quest’anno e io oramai ero additato come l’Attila della sconfitte e mai come il Re Artù delle vittorie…quindi si perdeva era colpa mia, si vinceva ma che bravi Regalia e Novelli…destino come si suol dire. Amore superiore me ne sbattevo anche di questo. Con questo non voglio dire che Novelli sia un allenatore scarso o una persona poca seria, anzi tutt’altro, solamente umanamente è una persona poco affine a me. Mi auguro di cuore porti questa squadra il più in alto possibile e se si dimostrerà un vincente, vorrà dire che da lontano di riflesso lo sarò stato anche io. Avrei potuto esonerarlo domenica pomeriggio, era nei miei pieni poteri, per onestà intellettuale non l’ho fatto nonostante probabilmente per le dichiarazioni da "facile sensazionalismo" meritava. Avrei fatto il bene del mio orgoglio, non quello della Pro. E non l’ho fatto.
Comunque per finire questa storiella, a Luglio indosso la maschera da ragazzo fortunato, il sorriso in poliestere made in taiwan, armato di valium e valeriana, ricreo tutto, ottengo un miracoloso ritorno a livello di numeri e consensi, 100 persone alla presentazione di 5 baldi giovani, squadra fiera che vince e convince in coppa Italia e campionato, costi tagliati del 45% rispetto alla passata stagione nonostante il rifiuto a trasferirsi di alcuni giocatori con contratti molto importanti, prospettive serie. Vado via una settimana e ritorna dalle ferie la proprietà e al mio ritorno trovo un caso "Pacilli", un caso "Lombardi", la squadra che ha perso il sorriso e ti guarda in cagnesco, L’allenatore che fa tutto che stabilisce cene, pranzi, ritiri, divise, regole, giovani ecc ecc, Regalia con le dimissioni in bocca e la domenica la prestazione di Savona. Saltato nuovamente tutto ed io non ho più voce per cantare "Il ballo del qua qua". Io già venerdì avevo comunicato alla squadra, al mister e al direttore l’intenzione di dimettermi per cercare di sbloccare le situazione, per non creare più alibi, chiedendo una prova di carattere e orgoglio. Questo è avvenuto, per la prima e l’unica volta dal giorno della mia presidenza ho visto la squadra che avrei voluto. Per questo sono corso in campo ad abbracciare Sarno, Polverini, Ripa, Cristiano e tutti gli altri. Sono sulla buona strada, ce la faranno.
Me ne sono stato calmo e tranquillo questi tre giorni, poi, prima di chiudere questa lettera, ho letto un articolo di XY (nome omesso ndr) e ho pensato irrimediabilmente che alla vergogna non c’è limite. Leggo che è stata comprata la squadra di calcio per dare a me una prospettiva di vita e mi chiedo come mai, visto che a quanto pare causavo più danni di uno tsunami ad un mese dalla retrocessione voleva comprare il Bologna, il Torino e qualsiasi altra squadra gli proponevano? Se n’è accorto l’ultima settimana dalla fine del campionato che non ero capace? Io invece penso che se la proprietà avesse ascoltato me e avesse aspettato a pagare tutto prima della finale dei play off adesso saremmo in B, se non fosse esistita proprio l’anno scorso ci saremmo salvati a febbraio e se quest’anno fosse tornato una settimana dopo dalle vacanze e avesse pagato gli stipendi avremmo vinto anche a Savona. Comunque è il caso di mettere fine a questa tragicomica farsa, si possono comprare per 4 danari chi diceva di essere il mio braccio destro, chi gridava di essere il mio piede sinistro, ma lo stile e l’eleganza ancora no e tantomeno c’è tesoretto che regga per acquistare il mio rispetto. Consiglio vivamente di regalare immediatamente la Pro Patria a qualche persona abbiente ed equilibrata per garantire una continuità a questa straordinaria maglia biancoblù. All’aspirante Dalai Lama del calcio bustocco (il giornalista di cui sopra ndr) invece consiglio di tornare a lavorare (…) e di lasciar scrivere di Pro Patria a chi a differenza sua è un giornalista professionista a tutti gli effetti e se proprio non riuscisse a farne a meno e volesse continuare a scrivere potrebbe fare la cronaca delle partite di calcetto che siamo soliti fare il giovedi con Manari e l’avvocato Calloni, cosi potrà continuare ad accanirsi sia con me che con Manari e continuare a sentirsi personaggio. Penso che a breve sarà chiamato dalla Clerici "allo show dei record", non ne esistono tanti di pseudo giornalisti che in due anni non ne azzeccano e non ne capiscono neanche una.
Ribadisco a voce alta che le mie dimissioni non dipendono assolutamente nè dallo screzio con Novelli, nè tantomeno da due lamenti di due ominidi in tribuna, se non fosse altro che poi uno dei due è sempre la stessa signora monovocabolo che grida "Vergogna" dal secondo giorno della mia presidenza, quindi più che un problema mio presumo sia un problema per suo marito. Semplicemente è stata un ulteriore conferma che Busto non merita i miei sacrifici. La PRO SI, invece. Per me Busto e la Pro Patria sono state due cose da sempre molto distinte. Sono sicuro anche che il mio gesto sarà un forte segnale che la squadra recepirà recuperando unione, compattezza e risultati.
Chiudo salutando le persone che sono state parte del mio quotidiano e mi lasceranno un gran bel ricordo. Leo, Maurizio e tutti i ragazzi della curva che useranno anche termini quali "coglioni" al posto di coraggio ma hanno sempre avuto un animo costruttivo, un messaggio positivo e un amore incondizionato nei confronti di questa maglia. Loro c’erano, ci sono e sempre ci saranno. Sono sempre stato fiero della nostra curva. Marilena Lualdi perché è una persona che ha amore e che quindi riesce a riconoscerlo. Silvio Peron per l’onestà intellettuale e per aver saputo fare la cosa giusta quando era il momento di farla. Andrea Pisani perché è lui il capitano ideale della Pro Patria. Brazzelli Lualdi, Aliverti, Linari, Ramella, Inguscio, Crespi e tutti i giovani giornalisti per il loro sgusciante e polemico entusiasmo. Il Pro Patria Club e il suo nuovo presidente Roberto Centenaro in cui mi ci rivedo un sacco per la sua voglia di fare e il suo entusiasmo. Tutti gli altri club organizzati Franco Bertalli per averci fatto sempre sentire a casa nonostante fossimo in hotel. Beppe Manari perché probabilmente il mio sogno è nato con lui in panchina ed è morto quando l’ha abbandonata. Vincenzo Cosco che spero rientrerà al più presto nel suo habitat naturale, ovvero la panchina. Lerda e Gaudenzi per aver regalato un sogno il primo ed il secondo per aver fatto il possibile Simone Spadafora e Raffaele Di Fusco, perché il calcio alle volte oltre alle amarezze ti regala anche degli amici veri. Danilo Pagni, e tutti i ds con i quali mi sono intrattenuto per ore magari a parlare di un terzino sinistro. Alessandro Fabozzi e tutti quelli che come lui hanno contributo sempre in maniera totalmente gratuita a cercare di migliorare l’organizzazione della Pro. Bruno e Merlino e tutto lo staff che mai viene citato. Ringrazio anche mia madre per essere riuscita a dare amore quando io lo avevo terminato. Auguro alla squadra, allo staff tecnico e dirigenziale di raggiungere gli obiettivi fissati per quest’anno. Auguro a chi mi succederà di fare il meglio per la Pro. Lascio con fierezza e tranquillità, sicuro che un giorno mancherò più io a Busto, di quanto Busto mancherà a me. Pro a parte naturalmente.

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Pubblicato il 02 Ottobre 2010
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