Berlusconi guarda alla Cina

Il capo del governo, intervenuto telefonicamente alla prima festa provinciale del Pdl a Busto Arsizio, magnifica i successi del Paese di cui ha oggi incontrato il primo ministro Wen Jiabao; rilancia su nucleare, processo breve e intercettazioni. "No al governo tecnico: andiamo avanti sui cinque punti annunciati"

Silvio Berlusconi guarda avanti. Anzi: a oriente, verso la Cina. È stato infatti il Paese di Mezzo uno dei temi del suo atteso intervento ad aprire la Festa provinciale del Popolo della Libertà alla Colonia Elioterapica di Busto Arsizio. Un intervento via telefono, in attesa che si produca l’evento di una sua apparizione di persona, un impegno che è stato annunciato dai vertici locali del partito e che sarà affidato ai buoni uffici del consigliere regionale Giorgio Puricelli, già tramite dell’odierna "telepresenza".

Salutando il pubblico della festa sulle ultime note di "Meno male che Silvio c’è", il presidente del consiglio, al tleefono con Puricelli, ha iniziato raccontando la sua giornata ricca di impegni istituzionali. A partire dal Consiglio dei Ministri riunito stamane; per continuare con la visita di Stato del primo ministro cinese Wen Jiabao, oggi a Roma con una folta delegazione. «Abbiamo siglato importanti accordi con quel Paese» ha detto Berlusconi, soffermandosi sui numeri enormi del locale mercato del lavoro: «ogni annio, pensate, 23 milioni di persone si aggiungono alla manodopera, di cui 8 escono dall’università. La loro economia cresce a ritmi rapidi, sono la seconda economia del mondo per ora, ma presto supereranno anche gli Stati Uniti d’America. Dobbiamo quindi impostare relazioni che non ci mettano solo nella posizione di subire i loro prodotti e la loro concorrenza, ma di considerare il loro immenso mercato interno per gli investimenti. Lì poi c’è una forza lavoro immensa, a bassissimo costo, molto disciplinata e ben preparata». Compiti di «diplomazia commerciale», la politica internazionale assorbe, dice il Cavaliere, la maggior parte del suo tempo; ma non demorde su quella interna. Al suo partito chiede il "porta a porta" dell’informazione governativa, per far sapere agli italiani quel che il governo di concreto ha fatto e fa, di persona, «non attraverso i falsi di giornali e tv».
Sulla legge elettorale: «Vogliono tornare indietro, alla frammentazione, ai gioverni da meno di un anno in media, a un’Italia ingovernabile, quella dei diciassette partiti in Parlamento dei primi anni Novanta. Non credo convegna un governo tecnico: dobbiamo andare avanti con pazienza. Abbiamo una maggioranza solida alla Camera e in Senato, il governo procederà sui cinque punti che ho annunciato: federalismo fiscale, la riforma della giustizia, sicurezza e immigrazione, il piano per il Sud, per finire con la riforma tributaria». Questo lo "sprint" annunciato, con cinque successive riunioni del Consiglio del Ministri dedicate a ognuno di questi punti e a far passare i relativi provvedimenti.

Il capo del governo, elencando i meriti che attribusce al suo esecutivo, ha vantato anche i risultati nella lotta alla criminalità : «ventisette su trenta dei più pericolosi latitanti sono in carcere, arrestati 6500 presunti affiliati a organizzazioni mafiose»., ma anche sull’immigrazione clandestina, «l’abbiamo fermata, solo 3500 sbarchi contro oltre 30.000 in anni passati»; e ancora le riforme dis cuola e pubblica amministrazione.
Tutto, aggiungeva Berlusconi, condizionato da quelle che chiama «eredità del passato»: un debito pubblico pauroso, «un miliardo e ottocento milioni», «infrastrutture lasciate indietro di trent’anni» rispetto al resto d’Europa, i costi energetici più alti del continente: «in Francia con il nucleare si procurano l’85% della loro energia, noi grazie alla sinistra ambientalista dobbiamo pagare e importare»; la giustizia civile lentissima. Su quest’ultimo campo, processo breve e provvedimenti sulle intercettazioni sono in agenda, «perchè un Paese in cui non c’è l’inviolabilità delle comunicazioni personali non è civile». Insomma, un’attività frenetica: e Berlusconi al "suo" popolo fa sapere di essere «talmente stanco, dopo giornate come queste, che a volte mi addormento a letto ancora in giacca».
L’occasione si chiudeva sul «Vieni presidente! Vieni a Busto!» delle fan pidielline.

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Pubblicato il 07 Ottobre 2010
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