“Siamo operai, non robot”: i dipendenti Agesp e i controlli a distanza

In commissione l'azienda nega l'accusa del sindacato USB: "usano il GPS per controllare e sanzionare i lavoratori, lo vieta lo Statuto dei lavoratori". Confronto civile degenerato alla fine

In una stessa serata ben due punti di una seduta di commissione si chiudono su toni non accettabili: è motivo di riflessione. Si è finito urlando anche quando si era parlato, fin lì civilmente, della protesta di un nutrito gruppo di dipendenti di Agesp SpA (nettezza urbana) contro l’azienda, per l’uso che questa a loro parere avrebbe fatto della tecnologia GPS per controllarli a distanza durante la raccolta rifiuti e sanzionarli.
Il punto era stato proposto dal consigliere Antonello Corrado che chiedeva conto di modalità e scopi dell’iniziativa. Per l’azienda, intenzionata a spingere sul piano costi-efficienza anche stante la messa a gara del servizio di raccolta rifiuti, la presidente Giuseppina Basalari ha negato ogni addebito: mai usato il GPS per "spiare" i lavoratori. Solo per ottimizzare il servizio, ovviando alle disparità di carichi di lavoro segnalate dagli stessi dipendenti, ed aiutare a ritrovare mezzi costosi in caso di furti. Idem per le telecamere al deposito di via Canale. E in ogni caso l’uso di questi strumenti sarebbe diffuso ovunque: «anche lo stesso telefonino è un controllo».
I lavoratori iscritti al sindacato di base USB non la pensano così: erano presenti in una ventina a Palazzo Gilardoni con tanto di striscione. «Siamo operai, non robot; e non siamo dei fannulloni» la loro posizione. Altri dipendenti, per timore di ritorsioni, non si esporrebbero.

È un fatto che l’ispettorato provinciale del lavoro abbia bloccato l’uso dei GPS sui mezzi, utile ma anche piuttosto costoso (51mila euro per i primi due anni). L’azienda, che ha dovuto comunque pagare una multa da 365 euro, attende ora un possibile sblocco, mentre per le telecamere ha ricevuto alla fine il via libera. A irritare USB, come faceva presente il rappresentante dei lavoratori Andrea Ferrario, il fatto che il sindacato, presente nella RSU aziendale, non fosse stato convocato ad un incontro del novembre scorso, presenti i soli sindacati confederali (ma si veda la precisazione di Agesp al riguardo, ndr), conclusosi con un mancato accordo sull’uso di questi dispositivi. Accordo che lo Statuto dei Lavoratori, o legge 300/70, rende viceversa indispensabile per attivare i controlli a distanza; quelli che da fine novembre a giugno, l’azienda ha usato di fatto tramite il GPS installato nei mezzi. Un uso «unilaterale», e visto che sanzioni sono arrivate ad alcuni dipendenti, «pensiamo siano riconducibili all’uso di questi mezzi». Violando, è la tesi di USB, un divieto ribadito anche in un recente provvedimento del Garante della privacy che ricorda il divieto di controlli a distanza dentro o fuori le sedi di lavoro. Il parere dei commissari era che il GPS in sè sia utile come tecnologia; la richiesta dei lavoratori presenti era di consentirne l’uso nelle sole ore in cui non si lavora, in versione esclusivamente antifurto. E per quanto per l’azienda il GPS costituisca «uno strumento oggettivo» di valutazione, ciò non garantisce che chi ne osserva i dati sia sempre giudice imparziale. Il GPS «va tarato col cervello» dicevano dal’azienda, scatenando con un ultimo improvvido commento la rissa verbale conclusiva: l’intervento non autorizzato di un esponente di USB sconosciuto ad Agesp e ai commissari, che sbraitava tra l’altro come al terzo provvedimento disciplinare scatti il licenziamento. E su questa lite finale calava il sipario su una vicenda che non finisce qui, ma andrà facilmente a fare giurisprudenza.

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Pubblicato il 14 Ottobre 2010
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