La protesta alla facoltà di Scienze: «La ricerca è affidata ai privati»

Studenti, ricercatori e professori in assemblea nella sede dei Molini Marzoli per ribadire il loro no al Ddl Gelmini sull'università. Il professor Fasano: «Dei 50 mila euro che servono per un progetto, solo 2.500 dall'università»

Il professore associato Mauro Fasano (foto a sin.) snocciola i numeri sconfortanti con i quali è costretto a fare i conti ogni giorno nel dipartimento di Biologia strutturale di Busto Arsizio: «Un progetto annuale del dipartimento costa circa 50 mila euro e l’università ce ne assegna 2.500, non ci bastano nemmeno per le pulizie – racconta a margine dell’assemblea indetta in occasione dello sciopero di oggi – il resto dei soldi devo procurarli io tramite privati: associazioni di pazienti, fondazioni, se va bene Telethon». Per farla funzionare l’università spende 30 mila euro all’anno e i professori devono ricorrere anche all’autotassazione lasciando all’università il 5% dei finanziamenti che faticosamente riescono a raccogliere per poter portare avanti le proprie sperimentazioni.  Si parla di ricerche che riguardano le neuroscienze e l’oncologia, materie che hanno a che fare con la vita e la morte delle persone e lo stesso professor Fasano racconta del loro ultimo lavoro sulla scoperta dei marcatori del Parkinson. Ma a Fasano preme sottolineare uno dei problemi principali che il Ddl Gelmini procurerà a chi fa ricerca: «I fondi che ciascuno di noi si procura servono per assumere a contratto i lavoratori della conoscenza, e che questo non sarà più possibile se il DdL verrà approvato. Infatti verrà posto un limite al numero di precari che attualmente mandano avanti la ricerca – spiega il professore – questa disqualificazione della ricerca porterà inevitabilmente ad una conseguente disqualificazione della formazione superiore. Non siamo insegnanti. Siamo ricercatori e produciamo conoscenza, e per una frazione del nostro tempo la trasmettiamo ai nostri allievi.»

Ma oggi, 17 novembre giornata internazionale per il diritto allo studio, l’università è virtualmente ferma per scioperare contro il Ddl Gelmini (nonostante lo scipoero i professori hanno deciso di tenere lo stesso le lezioni): «Abbiamo organizzato questa assemblea per spiegare alla gente che ci vede protestare in tutta Italia il perchè di tutto questa agitazione – ha detto Fasano – per ribaltare le bugie che ogni giorno il ministro va dicendo raccontando che sono stati messi 800 milioni di euro per l’università mentre è evidente che in realtà ne sono stati tolti almeno 500 di milioni. Da adesso in poi ricercatori e professori associati faranno solo ed unicamente lo stretto necessario smettendo di fare volontariato gratuito e vediamo come sta in piedi questa università». 

Lia Forti, ricercatrice all’Insubria, ha parlato di «una riforma che dice di voler colpire i baroni e invece li rafforza permettendo l’ingresso di professori in pensione nei cda delle università come esterni». Falso, secondo i ricercatori, che la riforma aiuti a stabilizzare i precari: «Calcoliamo l’entrata in ruolo dei precari in un lasso di tempo che va dagli 11 ai 15 anni». Sul diritto allo studio attaccano sia i professori che gli studenti che criticano l’introduzione del prestito d’onore al posto delle borse di studio: «Come si pensa di garantire il diritto all’accesso se adesso i soldi devono essere anche restituiti – spiegano – chi non può restituire non chiederà mai un prestito d’onore. Finiremo come negli Stati Uniti dove i neo-laureati devono accettare qualsiasi impiego per poter restituire i soldi rimanendo bloccati in posizioni che non sono adeguate al loro livello di conoscenze». Paola Pietrillo (foto a destra), rappresentante degli studenti, rimarca anche che questi tagli si faranno sentire a partire dall’anno prossimo sulle rette universitarie: «In qualche modo gli atenei devono pur trovare le risorse per andare avanti di fronte a questi tagli lineari – spiega – e dove prenderanno i soldi se non aumentando le tasse universitarie?».

«Sostanzialmente – conclude il professore ordinario Riccardo Fesce – vogliamo far capire che questa protesta è contro chi vuole abbassare il livello culturale generale del Paese. A tutto vantaggio delle strutture private». Qualcuno in sala ricorda che sono stati riassegnati alle università private 245 milioni di euro, dopo che il rettore della Cattolica ha protestato.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 17 Novembre 2010
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