«Ci ha lasciati una grande persona, un bustocco vero»

La città saluta Bruno Tosi, imprenditore, attivo nel sociale. Gran folla alla chiesa del rione Frati per il funerale, con un alto elogio anche nel ricordo di monsignor Livetti

Se n’è andato un grande bustocco. Nell’anno in cui si celebra il centenario della scomparsa di Enrico Dell’Acqua, ci ha lasciati Bruno Tosi, figura insigne dell’industria e del sociale bustesi. Ed è dunque giusta la frase con cui lo ha salutato un altro bustocco doc come monsignor Claudio Livetti, il prevosto emerito della città, nell’omelia tenuta di fronte a una platea strabocchevole, per quasi metà in piedi nell’affollatissima chiesa del Sacro Cuore (Frati). Un funerale esemplare, verrebbe da dire, quello di Tosi: l’abbraccio di una comunità a una persona che ha compiuto il suo viaggio, «in pienezza», come si è detto dal pulpito, lasciando questa valle di lacrime alla matura età di ottantasette anni. Il giudizio è stato unanime: una vita ben spesa, tra lavoro e solidarietà. Parlano anche i commenti giunti a Varesenews, nella loro semplicità. Il rito officiato con monsignor Livetti da padre Giovanni Rinaldi, guardiano della Casa francescana e parroco del Sacro Cuore, è diventato così molto più del semplice funerale di una persona. Un evento, un momento di ritrovo della Busto che conta e non solo, della comunità nel suo complesso, attorno ai familiari di una persona che ha saputo ben interpretare valori tipici della nostra città. Lavoro, dedizione, solidarietà umana: i lati migliori di quella "bustocchità" che il monsignore ricordava tra le chiavi di lettura della vita di Bruno Tosi. Busto Arsizio patisce a volte la retorica, la nostalgia, un certo autocompiacimento fastidioso, ma questo dell’estremo saluto a Tosi è stato momento alto, importante e necessario. Con lui se ne va uno dei protagonisti di quella che agli occhi di tutti è stata l’epoca migliore, più propulsiva e dinamica che la città abbia vissuto. E senza figure come la sua, conosciuta da tantissimi, Busto si sente un po’ smarrita.

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In prima fila, devotamente, campeggiava la fascia tricolore del sindaco Gigi Farioli. Intorno, assessori, industriali in rappresentanza di Univa e in particolare del settore tessile, di cui Tosi era colonna, a capo di un’azienda storica; e ancora l’associazionismo, con le lacrime nel saluto di Piero Magistrelli per Anffas, la commozione di Franco Mazzucchelli che recitava la preghiera dei Lions, e le divise della Croce Rossa di cui Tosi è stato presidente.
«Come si sale in vetta per guardare dall’alto, così il panorama della vita di una persona va visto dalla propsettiva della morte» ricordava sobrio monsignor Livetti. «Guardate che partecipazione, anche da fuori città. Salutiamo una persona grande, che non ha mai voluto essere personaggio. Un vero bustocco». La lettura del Vangelo era da Matteo, laddove Gesù spiega ai discepoli come per guadagnare la vita eterna si debba nutrire l’affamato, vestire l’ignudo, dare da bere all’assetato, curare l’ammalato, visitare il carcerato. Un passo mirato, perchè «tutti noi abbiamo ricordi bellissimi del signor Bruno Tosi. Nel 1999 fu fatto cittadino benemerito, gli feci i complimenti ma diceva: ma no monsignore, in fondo non faccio nulla di speciale, metto solo qualche firma». Le firme invece contano, ricordava il monsignore: a partire da quella sul registro matrimoniale, per creare una famiglia, con la sua Carla scomparsa anni or sono, con le sei figlie, di cui una, Patrizia, purtroppo morta prematuramente qualche anno fa. Le firme per il lavoro, la ditta, i soci, la rapprsentanza di categoria; le firme per l’associazionismo, la Croce Rossa, le raccolte di fondi per cause benefiche. Segni di responsabilità, una firma su una città che ora lo saluta con rispetto. «Bustocchità è questo: non aspirare a piedistalli, ma semplicità. Rispondere di sì quando ti bussano alla porta».

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Pubblicato il 11 Dicembre 2010
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