Ospedale unico Busto-Gallarate, il PD all’attacco

Democratici contro Pdl e Lega per la gestione della vicenda. Il consigliere regionale Alfieri: "Non è all'ordine del giorno del Pirellone". E attacca l'assessore Bresciani sullo "sdoganamento della lottizzazione"

Ospedale unico tra Busto Arsizio e Gallarate: boutade elettorale o prospettiva reale? Era il tema portante di un incontro organizzato a Busto dal Partito Democratico, con la presenza, per l’occasione, di Alessandro Alfieri, consigliere regionale e componente della commissione sanità. Che si occupa della parte più importante, di gran lunga, del bilancio della Regione: un settore che "muove" qualcosa come 17 miliardi l’anno.
Gli esponenti locali del PD attaccavano il centrodestra bustocco sulla gestione della partita "ospedale unico". Così Walter Picco Bellazzi: «unico scopo sembra quello di liberare due vaste aree all’interno degli abitati per poi farne chissà che cosa. Accetteremmo solo con la certezza che diventassero due parchi. L’assurdo, poi, è che oggi si pensi di demolire MalpensaFiere per farci il nuovo polo ospedaliero congiunto…». «La favola di Busto e Gallarate»: così Erica D’Adda, segretario del PD bustese. «Un cavallo di battaglia del centrodestra finito nel dimenticatoio. Busto già nelle fasi preliminari del PGT indica l’area di MalpensaFiere, mentre i vicini hanno altre idee; la prima ha "inseguito" Gallarate per mesi solo per essere presa in giro. Da Lega e PdL, fin qui, solo grandi bufale». L’esempio contrario citato è quello, pure di centrodestra, di Legnano, che l’ospedale nuovo invece se l’è fatto. Nel dibattito interverrà anche il candidato sindaco del centrosinistra a Gallarate, ingegner Edoardo Guenzani. La sua idea è quella di polo unico "virtuale", senza andare a costruirne fisicamente uno. All’ospedale di Busto riconosce migliore accessibilità rispetto al Sant’Antonio Abate. «In questo momento l’ospedale unico al confine è uno spreco che non ci possiamo permettere; bisogna inoltre ragionare nell’ottica della conurbazione». Da concentrare fisicamente, per lui, sarebbero i reparti d’eccellenza, a Busto.

Alessandro Alfieri, che ha lanciato un gruppo di lavoro a livello provinciale su welfare e sanità, ritiene che due realtà di peso come Busto e Gallarate giustificherebbero l’idea di un nuovo polo comune agli occhi della Regione, «ma la cosa non è all’ordine del giorno, anche se secondo me un domani si porrà. La provincia di Varese non è fra le priorità, oggi». Al di là del caso locale il consigliere regionale identifica alcune aree d’intervento nella sua analisi del piano socio-sanitario della Regione e della realtà sanitaria lombarda. Che sarà pure d’eccellenza, ma i suoi bravi problemi li ha. Ad esempio, quello della continuità socio-assistenziale: chi esce dell’ospedale viene spesso direttamente "scaricato" sull’unico vero "welfare" italiano, la famiglia. Manca coordinamento fra ospedale, medici di famiglia, Asl, manca la rete di supporto che segua le cronicità. C’è il problema delle sedi e dei soldi, e non è da poco. Le piccole comunità reagiscono male al taglio degli ospedali minori; che sarebbero viceversa utili per un servizio integrato che contempli «la media intensità di cura», come da piano regionale. I soldi latitano: «sotto Prodi si erano stanziati oltre 700 milioni di euro per l’edilizia sanitaria in Lombardia, ne sono stati usati 271, il resto è stato blindato da Tremonti. Anche per l’ospedale di Busto sono saltati circa sei milioni e mezzo in interventi sulle strutture e per i pannelli fotovoltaici».
In generale il problema è decidere fra copertura del territorio o, come si tende oggi, pochi grandi centri con reparti d’eccellenza, tecnologicamente all’avanguardia, affiancati da strutture minori più snelle per le emergenze, la cronicità e la riabilitazione. «La razionalizzazione dei posti letto è in atto, l’obiettivo è 4 ogni 1000 abitanti, in Lombardia siamo a 4,2. In provincia di Varese però c’è disomogeneità: molto bene il sud provincia, problemi al nord dove i piccoli presidi – Angera, Cittiglio, Luino, Cuasso al Monte – sono in difficoltà e Varese è travolta dalle urgenze e lavora in apnea».
C’è poi la partita del personale. Con il blocco di assunzioni e turnover, il personale ospedaliero medico e soprattutto infermieristico già è sottodimensionato, se poi invecchia senza trovare rimpiazzi, in prospettiva le cose si fanno preoccupanti. Per tacere poi delle nomine politicizzate a tutti i livelli, non solo delle figure di contatto fra amministrazione regionale e sanità, come i direttori delle aziende ospedaliere o delle Asl, ma a catena giù fino a primari e caposala. Una prassi ammessa apertis verbis dallo stesso assessore regionale Bresciani, «in un’incresciosa intervista, ammettendo che le nomine vengono fatte in base ai voti delle varie forze politiche» lamentava il consigliere del PD. «Lo sdoganamento della lottizzazione» ammonisce Alfieri «è un segnale devastante alla gente e a chi lavora nel settore. C’è chi, identificato col centrosinistra, si trova la carriera completamente bloccata». In altre regioni, cambiano i partiti, non la sostanza. La realtà lombarda è quella «di un sistema di potere pervasivo, legato ad ambienti vicini al governatore, che controlla ormai tutta la sanità regionale» riassume Alfieri. Un sistema esteso alla stessa creazione delle strutture, dove tutto ormai, dice, è legato a Infrastrutture Lombarde, «una sorta di nuova IRI lombarda» che porta avanti opere di ogni tipo, sanitarie o appunto infrastrutturali. Sulle nomine in sanità, Alfieri non discute il rapporto fiduciario fra la regione e certe figure dirigenziali, ma «i meccanismi di individuazione» delle persone idonee a ricoprire i ruoli chiave. Per questo il PD proporrà un comitato di esterni, una struttura «autorevole ed esterna al Pirellone» con persone tratte da stimati centri di studi addentro alle problematiche amministrative e di settore.

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Pubblicato il 14 Dicembre 2010
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