La caserma Mara “rotella” di una grande esercitazione: Steadfast Juno

Il corpo di reazione rapida, che da gennaio guiderà la NATO Response Force, componente di terra nella realistica simulazione di un intervento nel Corno d'Africa, con tanto di finti disastri... e finto telegiornale

Siamo nel Corno d’Africa, ma ci sono tre gradi sotto zero. È arrivata la glaciazione? No: è Steadfast Juno, l’esercitazione congiunta NATO che in questi giorni ha "saggiato", tra gli altri, anche le capacità del comando di Corpo d’armata di reazione rapida (NRDC-IT) di base alla caserma Mara di Solbiate Olona e già impegnato in varie "turnazioni" anche in Afghanistan. Una esercitazione "virtuale" e tutta "online", il cui "cervello" principale, era a Stavanger, in Norvegia; un prerequisito essenziale in vista dell’acquisizione della "prontezza operativa" per la guida, dal 1° gennaio e per sei mesi, della NATO Response Force, la forza di pronto impiego dell’Alleanza, di cui il corpo internazionale a guida italiana di base a Solbiate costituirà la componente di terra.
Si è voluto un banco di prova il più possibile realistico, con una simulazione incentrata su un’immaginaria "Cerasia" – il Corno d’Africa, appunto, luogo strategico fra i più "caldi" degli ultimi anni, e che ospita quello stretto di Bab el Mandeb passaggio obbligato delle petroliere di mezzo mondo e di tutta Europa. Immaginari, anche se in parte ricalcati su quelli reali, i confini delle quattro "nazioni" coinvolte. Ognuna con i suoi interessi e le sue realtà locali, tutto fittizio, ma basato su concrete realtà di quelle parti. Gli scenari prevedono, concentrati in una sola settimana, epidemia di colera, terremoto, il sequestro di una nave da parte dei pirati, problemi con guerriglie antigovernative (e governi "legittimi" da supportare e, peggio ancora, coordinare tra loro), agenzie internazionali da proteggere e sostenere, civili in difficoltà, e via elencando piacevolezze politico-militari. Il compito principale è proteggere l’afflusso di aiuti.
Tutto "falso", per ora, s’intende. Come fittizio è addirittura il telegiornale (foto) "costruito" ad arte sui fatti "gestiti" nell’esercitazione da due veri giornalisti americani, "contractor" presso la NATO, che dalla base di Stavanger hanno fatto da consulenti per le importantissime attività di comunicazione esterna e informazione; con tanto di valutazione sulle conferenze stampa quotidiane che venivano simulate dai militari addetti a questi compiti, subbissati di domande, a volte anche da "stampa ostile". Una lezione, quella del controllo dei flussi informativi, che gli americani hanno appreso sulla loro pelle in Vietnam, quando l’offensiva del Tet e la sua copertura giornalistica piegarono la volontà della nazione di proseguire la lotta contro il Nord comunista e i guerriglieri Vietcong; e hanno applicato magistralmente nella Guerra del Golfo, la prima grande guerra mediatica. Ora i tempi sono più difficili: per la "Guerra al terrore" condotta militarmente, sempre più ragione di vita per la stessa NATO, il consenso è mediocre. Bisogna mostrarsi reattivi sul campo, decisi ma anche in grado di rispettare norme di civiltà "occidentali", ed evitare accuratamente passi falsi e danni d’immagine.

Galleria fotografica

Esercitazione “virtuale” alla caserma Mara 4 di 21

Non è facile gestire operazioni simili: e dal 5 dicembre ad oggi la caserma Mara è diventata una specie di alveare: la stampa locale e non ha potuto oggi curiosare nei sancta sanctorum della difesa integrata atlantica, versione italiana. Per NRDC-IT questo è il terzo grande test degli ultimi mesi, dopo Eagle Meteor a giugno (a Lecce) e Noble Light ad ottobre (Tra Bellinzago Novarese e Candelo-Massazza). Se nei precedenti esercizi ci si concentrava di più sulle fasi dette "kinetic" (di combattimento), in Steadfast Juno l’obiettivo è più di coordinamento interforze, con le comunicazioni tra componenti terrestri – a Solbiate – , navali – da Northolt, Inghilterra – , aeree – Smirne, Turchia – e di forze speciali – sempre in Turchia. Si è avuto modo di assistere al lavoro delle sala controllo ("gateway informativo") che questi dati "virtuali", ma realistici, riceveva a getto continuo, con la spiegazione del colonnello Francesco Cosimato e del pari grado americano Wilson sui tipi di risposta a vari scenari possibili – assalti a pattuglie, o a convogli civili, estrazione di civili da situazioni a rischio, eccetera. Idem per la sala stampa, organizzata con un open space "di fortuna" in una delle strutture ma dotata dei più moderni mezzi di comunicazione. Ufficiali italiani, turchi, spagnoli e olandesi andavano e venivano, cercando di farsi un’idea precisa della "situazione sul campo" e, soprattuto, di come comunicarla. Gli ufficiali stranieri qui sono prima di tutto gli anglosassoni, ma c’è anche la collaborazione con un "battle group" sloveno, e uno ungherese. Il 70% del personale reca comunque un piccolo tricolore sulla divisa.
Tra gli alti ufficiali non mancavano il capo di stato maggiore del corpo d’armata di reazione rapida, generale di divisione Leonardo di Marco; il vicecomandante, il generale britannico Tom Beckett (per gli inglesi parlare del tempo è un must: «sono appena tornato dalla Norvegia, ma fa più freddo qui da voi»); e naturalmente il comandante, generale di corpo d’armata Gianmarco Chiarini (foto). «È stata un’esercitazione lunga e complessa» spiegava «ci ha messo davvero alla prova, in condizioni realistiche. Sono appena rientrato dalla simulazione di un colloquio con i comandanti dei quattro eserciti "nazionali" dello scenario, da mettere a un tavolo e convincere a siglare un accordo di massima. Fino al giorno prima si sparavano, nello scenario dato. I colleghi hanno intepretato la parte con assoluto realismo senza concedere nulla. In questi casi, bisogna tenere l’obiettivo fisso su due-tre cose di base su cui strappare l’accordo», alternando concessioni e faccia feroce. Legittimo chiedersi: ma tutto questo, alla fine, a cosa serve? «Bisogna mostrare la capacità di reagire rapidamente e in modo efficace a crisi improvvise», laddove la politica, cioè i governi dell’Alleanza, lo richieda. Le esercitazioni servono appunto a ottimizzare il coordinamento tra forze disparate per lingua e ambiti operativi (anche se nella NATO l’inglese è la lingua del comando) per non giungere impreparati nel momento del bisogno. Più realistiche sono, più includono imprevisti e "gatte da pelare" politiche e militari, meglio è. Quanto alle difficoltà da "real life", incontrate, è presto detto: malanni di stagione. Benchè intorno alla Mara si potessero vedere militari (in missione suicida?) correre in pantaloncini, col gelo di questi giorni, prevedibilmente, si sono impennati raffreddori e febbri.

Redazione VareseNews
redazione@varesenews.it

Noi della redazione di VareseNews crediamo che una buona informazione contribuisca a migliorare la vita di tutti. Ogni giorno lavoriamo cercando di stimolare curiosità e spirito critico.

Pubblicato il 15 Dicembre 2010
Leggi i commenti

Galleria fotografica

Esercitazione “virtuale” alla caserma Mara 4 di 21

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.