“Di noi la gente ha paura, ma si sbaglia”

Natale, 52 anni, è una sorta di "portavoce" dei senza fissa dimora della stazione, ieri invitati a cena presso la sede della Croce Rossa

Vita da clochard. Vita dura, precaria per eccellenza. Vita in cui si cade per stanchezza, o che si sceglie per disperazione, per bisogno di libertà a scapito di tutto il resto. In stazione una ventina circa di persone, quasi tutti italiani. Altri, in maggioranza stranieri, spesso clandestini, si accampano in altri luoghi, meno in vista, e ben più difficilmente si fidano dell’aiuto del volontariato.
Fra i dieci presenti alla cena di martedì sera presso la sede della Croce Rossa a Busto Arsizio c’era una sorta di "portavoce" dei senza fissa dimora seguiti dai volontari, che ci racconta una piccola parte della sua storia, la storia di tanti. Natale, 52 anni, è nato a Tropea, ma ha sempre vissuto in Lombardia, dove i suoi sono emigrati quando lui aveva appena tre mesi. Difatti il suo accento sa molto più di milanese che di calabrese. «Questa vita in un certo senso l’ho sempre fatta, ma nella forma presente, da dieci anni. Perchè? Per scelta. Una mattina mi sono alzato, ero stanco di vivere così, di pagare una bolletta dietro l’altra. Mi sono buttato». E ha conosciuto una dimensione dell’esistenza preclusa a chi rimane nei ranghi. «Ho conosciuto tanta gente di tutti i tipi. Ho avuto tanti amici. Ho conosciuto cosa vuol dire patire la fame. In questo periodo, c’è un amico che mi ospita». Una giornata tipo? Ruota intorno alle sigenze base. Ci si alza, si cerca di rimediare un pasto, di tirare su quattro spiccioli – «senza rubare», s’intende. «Dormire in stazione è dura» ci dice Natale, «la gente ha paura, ci vede così, si spaventa, vede certe facce, certe capigliature, dietro cui spesso ci sono le persone più buone di questo mondo. Ora ai nostri ranghi affluisce genete nuova, tantio stranieri anche. Con questa crisi, le cose vanno peggiorando. Noi siamo lì, sopravviviamo, ci aiutiamo a vicenda, non rompiamo le scatole a nessuno. Ci si difende l’un l’altro, certo poi c’è chi come si sa difendere, altri non sanno neppure da dove cominciare. C’è fra di noi chi è impresentabile perchè sempre sbronzo, o si fa tutto addosso, ma guai a chi ce lo tocca. Siamo anche qualcosa di più di una famiglia, con intorno la gente che passa, guarda, giudica». Chi vive in strada è esposto al giudizio «e per colpa di alcuni ci andiamo di mezzo tutti, una pecora nera rende nero tutto il gregge». Alla vita del clochard sono spesso associati dei comportamenti "devianti". Che poi sono tragica realtà in tante case, ma qui diventano evidenti. L’alcolismo ad esempio. «Tanti bevono. Bevi la mattina, per scaldarti, per toglierti il freddo. Poi perchè non puoi più farne a meno, e sei caduto nella dipendenza. E c’è chi si sveglia tremando già. Ho visto uomini intelligenti e istruiti istupiditi dall’alcool, che già a metà mattinata sragionano».
Natale aveva un mestiere, una volta: meccanico specializzato. «Lavoravo sulle auto sportive» racconta con orgoglio. «Oggi, a cercare un lavoro, è dura. È sempre un "le faremo sapere"». Ha ancora i familiari, fra cui la madre, con cui conserva contatti e rapporti affettuosi, «ma non voglio pesare loro». La sua famiglia di fatto sono i suoi pari, e i volontari che li assistono. «Un grande grazie a tutti» dice ancora.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 29 Dicembre 2010
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