Caserma di via Bellini nel mirino di Striscia la Notizia

L'imprenditore Scagliola manda Vittorio Brumotti a denunciare l'assurdo dello stabile inutilizzato da anni e punta il dito contro il Comune. Il vicesindaco Reguzzoni: "Cosa c'entriamo noi?"

Striscia la Notizia "colpisce" ancora mandando in avanscoperta a Busto Arsizio il suo ciclo-acrobata, Vittorio Brumotti. E a Busto l’incompiuta eccellente è l’ormai "sedicente" caserma dei carabinieri di via Bellini, pronta da anni e mai consegnata per un gigantesco pastrocchio all’italiana che vede ormai l’amministrazione ai ferri corti con il costruttore Scagliola. È stato proprio l’imprenditore a ricorrere al tg satirico di Canale 5 nel tentativo di sbloccare la situazione: dopo questo, non è escluso che si finisca a carte bollate. La caserma era stata realizzata a spese del privato, l’impegno era di consegnarla poi ai carabinieri che invece, a sei anni dal completamento, sono ancora negli inadeguati spazi di piazza XXV aprile. E da Palazzo Gilardoni la musica è la stessa di sempre: un edificio privato, realizzato con soldi di privati.
L’estate scorsa si era profilata una possibile soluzione tramite permuta, con il Comune che avrebbe acquisito lo stabile mentre la Provincia avrebbe ceduto al costruttore la caserma attuale di piazza XXV Aprile, con eventuale cambio di destinazione d’uso, e ulteriori aree e relative cubature cedute dal Comune a conguaglio del valore dell’immobile. Ma dal Comune ancora non c’è alcuna azione formale in tal senso e Scagliola ha esaurito la pazienza.

La vicenda è tormentosa e complicata. Parte addirittura nel 1997, amministrazione leghista Tosi, con una delibera del Comune, intenzionato a dotarsi di una caserma nuova per l’Arma, purchè a costo zero per le sue casse. Al bando risponde la società Edilteco, affiancata per servizi e progettazione da Firex, di cui è amministratore delegato lo Scagliola. «Sono vent’anni che faccio caserme per l’Arma, ne abbiamo costruite settanta» dice l’imprenditore, e mai si era verificato un simile problema. Fatti tutti i passaggi del caso, il progetto era stato valutato dall’Agenzia del Territorio, a Varese come a Milano e a Roma, per un valore di 650 milioni di lire di affitto annuo: era il 1999. Verso il Natale del 2000 si firma in Prefettura l’atto di impegno a locare, racconta Scagliola, non prima di averrinunciato come Firex in favore della Edilteco, la ditta costruttrice. Recuperato a Roma il documento inerente tale rinuncia, si firmava.  All’inizio del 2001 Scagliola a richiesta, faceva pervenire in Comune a Busto la copia autentica dell’atto. Il Comune poi ha ceduto il terreno per 400 milioni più IVA e si è avviata la demolizione del capannone preesistente. Nell’agosto di quell’anno un primo altolà dalla Prefettura: una circolare ministeriale del mese di aprile, riconoscendo una carenza di fondi, sospendeva le iniziative che prevedevano aggravi di spesa per il ministero. Così viene comunicato a Edilteco. «Ma il prefetto non aveva letto tutto il testo, che io avevo fin da aprile» dice Scagliola. «C’era scritto che le caserme già avviate dovevano essere ultimate». Scagliola riferisce di essersi sincerato che così fosse anche andando al ministero di persona e ricontattando la Prefettura: poi i lavori riprendono, «senza che nessuno dica più nulla». Nel 2005 sono conclusi, ma visto che dal Ministero degli interni non si muove nulla, a novembre Scagliola vi si reca e riceve una doccia gelata: «un nuovo funzionario, mi dice: non c’è niente, quella caserma non è mai stata autorizzata». L’imprenditore riferisce di essersi poi recato in Comune a Busto e di avervi  recuperato l’atto di impegno a locare, che per lui fa fede: ribadisce di avere tutti i documenti del caso, e che carta canta. I tempi si allungano a dismisura, i governi cambiano, si arriva a quest’anno con la proposta della permuta e il relativo protocollo d’intesa che coinvolge Comune, Provincia e Prefettura. «Il 10 dicembre arriva una comunicazione a Edilteco che ancora il Comune non aveva fatto nulla. Ad oggi la società ha speso in questa operazione oltre dieci miliardi di vecchie lire, e ogni anno spende 22-23mila euro di guardiania della struttura vuota. Io le cose le ho fatte tutte alla luce del sole, se ritengono altrimenti, mi denuncino, sono anni che lo dico. Perchè il ministero non prende in consegna la struttura quando l’impegno a locare c’è?».

Scagliola ne ha per tutti gli enti coinvolti, eccetto l’Arma dei Carabinieri, punta il dito contro il Comune, ritenendo di essere stato finito in mezzo a lotte di partito («se qualcuno ha panni sporchi, se li lavi a casa sua»). Non è tenero nemmeno con il vicesindaco Giampiero Reguzzoni e le repliche di questi riportate oggi sulla stampa, annunciando d’aver mandato mandato ai suoi legali di rispondere, se del caso pubblicamente. La faccenda insomma si complica. Ma da Palazzo Gilardoni Reguzzoni fa muro. «Cosa c’entra il Comune?» dice. «Questo è un privato come gli altri, non può pensare di tutelare i suoi interessi a eventuale discapito dell’amministrazione. L’intervento è avvenuto dietro un presunto concordato col Ministero: la responsabilità del Comune è finita con la cessione del terreno. Sono accordi non andati a buon fine, è il rischio d’impresa: se qualcuno costruisce e non vende, mica possiamo comprargli noi gli appartamenti, per dire. Se ancora interloquiamo, è solo per un tentativo di operare secondo principi di buona amministrazione (vedi, far avere finalmente la benedetta caserma ai carabinieri ndr), e parlo da pubblico ufficiale. Quanto alla permuta, essa va supportata dagli atti dovuti nei tempi dovuti: deve figurare nel piano delle alienazioni allegato al bilancio. Gli atteggiamenti di questo signore verso la pubblica amministrazione non mi sembrano del tutto corretti e richiedono una profonda riflessione. Carta canta, dice? Carta canta anche per noi».

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Pubblicato il 03 Febbraio 2011
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