Gian Pietro Rossi ci riprova, cinquant’anni dopo

Gli Indipendenti di Centro potrebbero candidare l'83enne ex sindaco, già per diciassette anni al timone del Comune. Ipotesi di alleanza con i finiani, si attende l'Udc

Cinquant’anni dopo, Gian Pietro Rossi ci riprova. Forse. Quello che fu il sindaco più giovane, a 33 anni non ancora compiuti, nel 1961, potrebbe ora diventare il candidato sindaco più vecchio, con gli 83 che avrà al momento del voto. Mercoledì sera gli Indipendenti di Centro decideranno su un passaggio delicato che andrebbe a cozzare, peraltro, contro lo scenario fin qui era ipotizzato di un ex sindaco "padre nobile" del gruppo e di una candidatura espressione di ambiente relativamente estranei alla vita politica della città negli ultimi anni, nel segno del rinnovamento. Ma si sa, la politica cambia di giorno in giorno, ed è, soprattutto, l’arte del possibile.
«Ovviamente i miei amici devono confrontarsi, decidere se sia conveniente o no una mia discesa in campo: il mio progetto era diverso» ammette Rossi. «Anch’io molto tempo fa ero un giovane nuovo alla politica, conosco i vantaggi che può dare portare avanti soggetti nuovi». Le carte in tavola cambiano: perchè? «Abbiamo avviato il nostro percorso nel 2007, ma nel frattempo la situazione è molto cambiata: manca la progettualità, manca la capacità di capire i nostri tempi. Entra in campo anche l’esperienza a questo punto». E quella non gli manca. Gian Pietro Rossi è stato sindaco di Busto Arsizio dal 1961 al 1970, dal 1975 al 1976, dal 1985 al 1988 e dal 1990 al 1993. L’ultima volta finì molto male, per cause extra-politiche (la tempesta giudiziaria della Tangentopoli bustocca): alla fine l’ex sindaco, però, ne uscì pienamente riabilitato. Dal 2005 è tornato a fare politica: e tra amici vecchi e nuovi ha costruito il suo gruppo. Ora però, candidarsi di persona è un altro paio di maniche: «Sono combattuto» confessa Rossi, «ci sono molte pressioni» a favore di una sua candidatura, che diventa una precondizione di possibili appoggi, qualcuno ha evidentemente il sentore che il suo nome sulla scheda sia un asso nella manica. Sul fronte terzo polo, infatti, la situazione è ancora fluida, Roma è ancora in fermento. Con Fli è avviato un buon rapporto: «Mi è stato presentato un commercialista, Libertini, di cui conosco bene il padre, come referente cittadino. Ho avuto una buona impressione, è gente seria. Aspettiamo ancora l’Udc», che deve ancora esprimersi formalmente.
Si lavora insomma attorno ad una ipotesi di lavoro, oltre che con Unione Italiana (il movimento che fa capo all’imprenditore Gianfranco Librandi, candidatosi nella corsa a sindaco di Milano), con Fli, ed eventualmente l’Udc se non si legherà nuovamente alla destra. «Bisogna dare una scossa, vorremmo un programma che aiuti Busto a tornare quella d’un tempo, lavoratrice e solidale». Il volontariato c’è ed è forte: il lavoro, al momento, soffre. Rossi è convinto che un ruolo centrale vada ridato all’istituzione Comune. «Il Comune c’è e può fare». Ma come, con le finanze ingessate? «Il sindaco Farioli vanta di non aver fatto mutui, ma secondo me non c’è motivo di vantarsi. In questa situazione, i mutui vanno fatti» osa dire Rossi. «Non si deve avere il braccino corto, ma saper investire, dare da lavorare». A partire dall’edilizia; d’altro canto, Rossi denuncia anche «lo sperpero del territorio, che si può fermare solo con una politica nuova. Oggi i Comuni vivono di oneri di urbanizzazione, così si vende il territorio, bene non rinnovabile, per pagare gli stipendi». E ribadisce la sua ostilità al modello che ha condotto Agesp Servizi a configurarsi come "Comune bis": «Ormai palazzo Gilardoni fa solo l’ufficiale pagatore, piani e appalti li fa Agesp. Fossi consigliere, mi dimetterei domani». Ma si prepara a tornare ad esserlo. «"Loro" sono forti, un’alleanza di ferro. Ma se solo una buona opposizione facesse la sua parte, la città comincerebbe a svegliarsi».

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Pubblicato il 04 Febbraio 2011
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