Mense scolastiche, un centro cottura anche per Busto
I pasti consumati nelle mense scolastiche vengono preparati molte ore prima di consumarli. Cosa succederebbe con un centro cottura in città?
700mila. E’ la quantità di pasti che ogni anno viene servita nelle mense scolastiche della città. Di questi, poco più di un terzo sono prodotti direttamente nelle cucine degli istituti (sopratutto negli asili) mentre oltre 2800 pasti ogni giorno percorrono chilometri di asfalto prima di arrivare sulle tavole delle scuole. La maggioranza di questi viene cucinata ad una ventina di chilometri da Busto, a Saronno. Da molto tempo si ipotizza quindi un centro cottura (una grande cucina per preparare almeno 4mila pasti al giorno) direttamente in città e di questo si è parlato giovedì sera nel convegno organizzato da “Dialogando insieme” nella sala Tramogge dei Molini Marzoli.
Sebbene l’assessore alla scuola Claudio Fantinati abbia con orgoglio rivendicato i successi della sua amministrazione come «l’introduzione di prodotti bio e DOP, l’uso dell’acqua in brocca, progetti di recupero delle eccedenze in alcune scuole con il Banco Alimentare e progetti di educazione alimentare», la costruzione di un centro di cottura sarebbe «la ciliegina sulla torta di un sistema che già funziona bene». Questo centro rimane però ancora sulla carta. Una bozza di progetto, ideata da Emanuele de Simone, prevede una struttura in grado di produrre fino a 5500 pasti al giorno con la possibilità «di un ampliamento futuro e la costruzione di un self service». E realizzare un centro cottura «avrà indubbi vantaggi sia logistici che sul controllo qualità» secondo Marco Tosi, tecnologo alimentare consulente da 15 anni del comune. Infatti, i primi pasti prodotti «vengono completati tra le 9 e le 10» e con un centro in città «questi orari verranno migliorati». Tuttavia, un centro cottura ha un costo rilevante.
Solo di attrezzature si stima almeno mezzo milione di euro a cui poi andranno aggiunti le spese di costruzione della struttura. Le possibilità di finanziamento spiegate da Quintino Magarò, direttore della cooperativa “Primavera” che si occupa di ristorazione, sono diverse e vanno dal «project financing che non prevede oneri per il comune» in cambio dell’appalto garantito per un certo periodo di tempo fino alla «joint venture tra istituzioni pubbliche e privati» sfruttando magari «anche i finanziamenti per l’Expo» passando per «la rivalutazione di zone industriali dismesse». Costruendo un nuovo centro cottura si garantirebbero in città «fino a 200 persone occupate» ma sarebbe inevitabile anche un «leggero aumento delle quote pasto».
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