Farioli: “Caro Bobo, più rispetto per Busto”

Al sindaco non è piaciuta la frase pronunciata da Maroni: "Non sono invidioso di uno di Busto Arsizio". In una lettera spiega le sue ragioni

Al sindaco Farioli, come forse ad altri cittadini di Busto Arsizio, non è piaciuta molto la frase pronunciata da Roberto Maroni nella serata di mercoledì sera al Teatro Apollonio: "Non sono invidioso di uno di Busto Arsizio". E in una lettera al "Caro Bobo", spiega le sue ragioni di sindaco e di cittadino di Busto. 

Caro Bobo,
mi rivolgo a te al di fuori di ogni formalismo, a cui peraltro ti so insofferente quanto me, e con la franchezza giustificata da anni di conoscenza, stima e, consentimi, condivisione di battaglie a tutela della legalità, del territorio e del suo armonico e ordinato sviluppo. La tua affermazione circa l’impossibilità ad invidiare uno che è di Busto Arsizio, come ho avuto modo già di comunicarti personalmente, sta ingenerando equivoci e alimentando falò polemici di cui tutti, compreso, ne sono certo, tu stesso, facciamo volentieri a meno.
Questo mio bonario richiamo vuol porre fine agli inutili falò che, ponendosi tempestivamente e provvidenzialmente tra il falò di Sant’ Antonio Abate e le Gioeubie di fine inverno, vorrei invece si trasformassero in benauguranti auspici di una nuova primavera.
Ti conosco troppo bene per non interpretare quello di mercoledì sera come un infortunio lessicale che ha finito col far premio sui tuoi reali convincimenti e che non ha voluto certamente offendere una città, come quella che ho l’onore di rappresentare e servire, e una comunità, come quella bustocca, che tanta storia, tanti principi, tanti valori conserva e rappresenta e tante persone per bene conta tra i suoi nati, residenti ed operanti.
Sono talmente allergico alle dispute interne ai movimenti da guardare con distacco anche quelle del Popolo della Libertà di cui mi onoro di essere fondatore e militante; figuriamoci se c’è in me l’intenzione di ingerirmi in legittime ed appassionate dispute interne alla Lega.
Mi permetto solo di dirti che condivido appieno da azzurro, liberale, riformista e federalista convinto, che sarebbe per tutti, soprattutto per i lombardi, un grave male se non prevalesse la passione democratica e non facesse premio il confronto sulle idee e sulle riforme rispetto alla professione e alla tentazione dei vizi capitali, di cui l’invidia, ahimè!, è oggi il principale dei protagonisti. E’ mia modesta opinione che occorra proprio ripartire dal confronto democratico e popolare e da un rinnovato slancio riformatore per cui credo ancora indispensabile un’alleanza tra movimenti onesti, liberali, federalisti e riformatori.
Ma questa è un’altra storia, o, se vogliamo, l’auspicio del cittadino Farioli. Conoscendoti, so che anche tu condividi con me la necessità che si debba partire dai principi e valori dei nostri cittadini e delle nostre comunità, dalle loro operose specificità, per ridare fiducia alla politica, alla democrazia, ai partiti o movimenti che ne sono ancora oggi l’insostituibile strumento.
In questo, occorre una particolare attenzione ai campanili, come simbolo di radicamento e di principi e valori, ma bisogna rifuggire dai campanilismi e dagli egoismi, prodromo invece dei vizi capitali di cui sopra e di sicure sconfitte nella competizione globale.
E’ per me doveroso difendere una città, non casualmente oggi la più popolosa della provincia e quella a più alto tasso di impresa dell’intera Lombardia, ma non per paragonarla con sussiego o colpevole supponenza ad altre. Difenderne infatti la storia e i valori significa portare il giusto rispetto alle sue donne e ai suoi uomini, alle sue famiglie, alle sue associazioni e alle sue imprese. Significa riaffermare una verità storica e portare il giusto e dovuto rispetto a Enrico dell’Acqua, Angioletto Castiglioni, Battista Roggia, Bruno Tosi, Michele Crespi, e, ultimo ma non ultimo, Marco Sartori. Tutte persone che hanno rappresentato prototipi del meglio di una città e che, sono certo, godono della tua stima; alcuni hanno goduto anche del tuo deciso sostegno e aiuto nella consapevolezza che costituiscono esempi per il nostro agire quotidiano professionale e politico. Tutte persone che nel loro agire hanno sempre rappresentato la capacità di guardare al di là delle proprie appartenenze e dei propri confini, nel nome di quella operosità, onestà intellettuale e morale, capacità di guardare oltre le nuvole mantenendo i piedi per terra, mantenendosi fedeli ai valori di libertà, democrazia e bene comune.
Sono profondamente convinto che nelle tue parole non ci fosse e non ci sia nessuna volontà di negare questi fattori comuni. Sono certo ancor di più che tu condivida con me la convinzione che inutili polemiche, antipatiche litigiosità, pretestuose querelles, potrebbero soltanto alimentare, anche inconsapevolmente, quel sentimento di disgusto, di antipolitica, di sfiducia, qualche volta di rabbia, che costituisce oggi, per ogni vero appassionato delle nostre comunità e del nostro Paese, il rischio più subdolo. Servirebbero soltanto a impedire che persone perbene, appassionate, vere e focose, e quindi inevitabilmente portate a volte dalla foga all’eccesso e all’infortunio verbale, siano esse nate a Busto Arsizio, a Sacconago, a Varese, a Lozza o a Cassano Magnago, possano ancora coltivare la sincera speranza di poter contribuire alle quelle riforme di cui il Nord, l’Italia e l’Europa necessitano come del pane. Oggi più che mai. Non consentiamo invece che colpevoli comportamenti, pur indotti e giustificati dalla passione, finiscano col costituire alibi per chi, senza passare dalle urne e cercando l’imprimatur nei salotti della finanza internazionale o nell’irresponsabile azione di qualche potentato della Baviera, pur benedetto da titoli universitari, governi contro il volere e gli interessi del nostro popolo. Un popolo che vuol continuare a essere fiducioso nel futuro e non annientato dalla paura del domani. A Busto Arsizio, come a Lozza e a Varese.
Con la stima e l’affetto di sempre

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Pubblicato il 20 Gennaio 2012
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