Smembrano la società per non pagare le tasse, sequestrata la Chiaravalli

L'azienda multinazionale metalmeccanica doveva all'erario 27 milioni di euro ma i proprietari hanno pensato di svuotarla di tutto il suo valore creando 4 nuove società gestite da prestanome. Gdf e Procura di Busto

Dietro la facciata dell’azienda multinazionale in crisi e costretta a smembrarsi in altre società non c’era un piano industriale di rilancio ma si nascondeva la poca voglia di pagare le tasse, circa 7 milioni di euro evasi, accertati dal nucleo tributario della Guardia di Finanza di Varese che aveva controllato i conti nel 2008 e nel 2009 emettendo sanzioni per 20 milioni di euro. In tutto, dunque, erano ben 27 i milioni di euro che la Chiaravalli spa (azienda metalmeccanica che produce ingranaggi, ndr) doveva all’erario, soldi che però aveva deciso di non tirare fuori svuotando di fatto la società di tutti i suoi beni per trasferirli ad altre quattro società, intestate a prestanome. In questo modo il fisco, che avrebbe dovuto riscuotere quei 27 milioni di euro anche pignorando i beni, si è trovato davanti solo una scatola vuota con due amministratori “teste di legno” che non avevano un euro in tasca. Il procuratore della repubblica di Busto Arsizio Francesco Dettori e il comandante provinciale della Guardia di Finanza Antonio Morelli hanno definito il reato in questione “sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte”.

A spiegare nei particolari la frode fiscale è stato il sostituto procuratore titolare del fascicolo Nadia Calcaterra che si è avvalsa della collaborazione dell’ufficiale di Polizia Giudiziaria delle Fiamme Gialle Giovanni Antico, vero esperto in materia: «In buona sostanza i due fratelli Chiaravalli hanno utilizzato una metodologia poco usata per evadere il pagamento della somma dovuta – spiega ne corso della conferenza stampa – utilizzando un’operazione formalmente legale per non ottemperare ad un loro dovere svuotando la società iniziale. In questo modo sapevano che il fisco non avrebbe potuto mai pretendere il pagamento della cifra perchè non c’erano più beni da aggredire». Nel giro di pochi mesi, ha poi spiegato il maggiore Giuseppe Fugacci del nucleo tributario di Varese, è stato ceduto il ramo commerciale, poi quello delle partecipazioni, in seguito quello dei materiali e infine quello produttivo. Interessante notare come non risulti nessun pagamento da parte di queste nuove società nei confronti di quella che le ha vendute.

Il tutto è stato spiegato da parte dei propietari, come un’operazione necessaria per affrontare la grave crisi economica. I titolari di queste nuove 4 società, in realtà, erano prestanome dietro i quali si nascondevano i due fratelli. Per questo la procura ha disposto il sequestro di 14 automezzi, delle quote sociali in 2 società, delle disponibilità bancarie e di impianti e macchinari per un valore complessivo che sfiora i 90 milioni di euro. Al momento risultano denunciate 7 persone (i due fratelli, la madre e 4 teste di legno). L’attività imprenditoriale è stata affidata ad un custode giudiziario e la produzione non è stata fermata garantendo il lavoro alle 200 persone impiegate. Ancora da accertare, infine, l’evasione fiscale contestata ai due fratelli in quanto persone fisiche: la commissione tributaria sta accertando verbali per ulteriori 24 milioni euro.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 17 Febbraio 2012
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