Cinque anni per estorsione, Caianiello condannato

L'ex-coordinatore provinciale del Pdl ed ex-uomo di punta di Amsc è stato condannato per aver intimidito, secondo i giudici del tribunale bustocco, il costruttore Emilio Paggiaro suo grande accusatore. Cinque anni anche all'architetto Miano

Gioacchino Caianiello è stato condannato dal collegio giudicante del Tribunale di Busto Arsizio (formato dal presidente Toni Adet Novik, Alessandra Simion e Piera Bossi) a 5 anni di reclusione per il reato di estorsione ai danni del costruttore edile Emilio Paggiaro. Insieme a lui la stessa condanna è stata inflitta all’architetto gallaratese Piermichele Miano, professionista che secondo l’accusa era stato imposto per la progettazione all’imprenditore dallo stesso Caianiello. I due sono stati ritenuti colpevoli di aver chiesto tangenti per 250 mila euro al Paggiaro tra il 2003 e il 2004 in cambio della possibilità di costruire nell’area ex-Maino di Gallarate l’edificio attualmente occupato dal supermercato Esselunga. Si è conclusa dopo meno di tre anni il primo grado della vicenda giudiziaria che ha coinvolto l’ex-coordinatore provinciale del Pdl ed ex-presidente di Amsc. Si tratta della seconda condanna del tribunale bustocco nei confronti del politico gallaratese dopo quella inflitta nel giugno dello scorso anno ad un anno e 4 mesi per peculato.

La sentenza è arrivata al termine di una giornata lunghissima, iniziata alle 9.30 con le dichiarazioni spontanee dello stesso Caianiello il quale, per la prima volta, ha ritenuto di dover spiegare come ha conosciuto Paggiaro «nel lontano ’92 quando ero assessore» per poi perderlo di vista per13 anni fino al 2005 «quando mi chiese di incontrarmi nel 2005 chiedendomi di fare da paciere tra la sua famiglia, che lo aveva estromesso da tutte le attività di famiglia, mi chiese addirittura di bloccare la licenza edilizia per l’ex-Maino prospettandomi anche una dazione in danaro ma io negai il consenso».

Subito dopo è stato il turno della requisitoria del pubblico ministero Francesca Parola che aveva chiesto una condanna a 6 anni per concussione per entrambi gli imputati. Secondo la tesi dell’accusa, infatti, Caianiello era da considerarsi un pubblico ufficiale in quanto aveva un incarico all’interno dell’azienda di proprietà del comune di Gallarate, l’Amsc appunto. I giudici, invece, hanno mantenuto l’impianto accusatorio che sosteneva le dazioni di danaro da parte del costruttore edile (da lui stesso ammesse e per le quali si è dato il via all’indagine nel 2005) a Caianiello tramite le richieste dell’architetto Miano. Il collegio ha, però, tramutato il reato in estorsione in quanto non ha considerato l’ex-presidente di Amsc un pubblico ufficiale ma un cittadino che ha usato il suo grande potere politico, che avrebbe potuto influenzare la giunta comunale, per estorcere danaro alla vittima.

La requisitoria del pubblico ministero si è basata, naturalmente, sulle accuse fatte dallo stesso Paggiaro in un altro procedimento che lo ha visto protagonista a Verbania. Nel 2004, infatti, l’imprenditore aveva denunciato di aver dovuto pagare mazzette per poter operare in quella zona ma aggiunse anche di aver pagato a Gallarate per riuscire a costruire il supermercato dell’area ex-Maino. Una volta chiamato a confermarle dalla Procura di Busto Arsizio Paggiaro non si tirò indietro e spiegò anche come. Due le tranche, la prima da 150 mila euro e la seconda da 100 mila. La Parola ha anche fatto riferimento all’agendina dell’ex-moglie di Paggiaro, Anna Maria Iametti, e a due annotazioni in particolare che riportavano quelle cifre: «Paggiaro è credibile perchè pur non ricordandosi le date della consegna dei soldi – spiega la pm – dice che venivano dati in prossimità dell’avanzamento della sua pratica nei vari passaggi in giunta e, in effetti, le date sull’agendina dell’ex-moglie combaciano con l’avanzamento dei suoi permessi».

La pubblica accusa cita anche le diverse testimonianze a favore del Paggiaro, sentite in aula durante le vare udienze, compresa quella del capitano D’Amato che allora era a capo della compagnia dei Carabinieri di Gallarate e ospite di almeno una cena al ristorante con Paggiaro. Nonostante a Verbania il reato, poi conclusosi con la prescrizione, venne trasformato in corruzione (e Paggiaro venne riconosciuto come corruttore), i giudici lo hanno ritenuto credibile. Subito dopo l’accusa ha parlato la parte civile rappresentata dall’avvocato Romano che ha chiesto 250 mila euro di risarcimento danni dei quali solo la metà sono stati accordati dal collegio. A seguire hanno parlato i difensori dei due imputati che, dopo la sentenza, non hanno voluto rilasciare dichiarazioni se non che ricorreranno in appello dopo aver letto le motivazioni della sentenza. Soddisfatto, invece, Paggiaro che dichiara: «Giustizia è fatta, finalmente, dopo nove anni».

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Pubblicato il 28 Febbraio 2012
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