Gioielli venduti come “rottami”, Compro oro nei guai per evasione
Un espediente contabile scoperto dalla guardia di finanza avrebbe permesso all'azienda di nascondere una grossa fetta dell'Iva. L'imprenditore nel mirino anche per altre violazioni
Un’evasione da 300mila euro e violazione delle norme antiriciclaggio e di pubblica sicurezza. È l’esito delle verifiche della guardia di finanza in un "compra-oro" diu Busto Arsizio.
Il tutto sarebbe avvenuto grazie ad un “espediente contabile” che i finanzieri considerano sempre più diffuso nel commercio dell’oro usato: per non addebitare l’iva al momento della rivendita dei gioielli e preziosi usati, si cedono i beni acquistati dichiarandoli come rottami d’oro, cioè come beni inservibili che, perdendo la loro “funzione di ornamento”, sono destinati esclusivamente alla fusione.
Attraverso questo “espediente”, la ditta verificata e la società acquirente avrebbero beneficiato di un regime Iva particolarmente favorevole, anziché applicare il regime ordinariamente previsto decisamente più oneroso per entrambi.
Il particolare sistema è stato scoperto dalle fiamme gialle di Busto Arsizio mediante accurati riscontri documentali e materiali sulla quantità e qualità dei beni; i militari avrebbero dimostrato come l’oro ritirato fosse rappresentato esclusivamente da gioielli e preziosi, nella stragrande maggioranza dei casi privi di difetti tali da renderli inservibili e farli considerare meri rottami.
I finanzieri, inoltre, al momento dell’accesso, hanno eseguito il riscontro fisico delle giacenze dell’oro e successivamente, confrontandole con quelle contabili, hanno verificato una quantità effettiva inferiore di oltre 10 Kg rispetto a quello che formalmente risulta in negozio, contestando quindi cessioni, in evasione d’imposta, quantificate a prezzi correnti in oltre 236.000,00 Euro.
È stata anche riscontrata l’omessa annotazione di diversi acquisti nel registro in violazione delle norme di pubblica sicurezza che ne regolano la tenuta.
Il controllo, infine, ha messo in luce che 81 soggetti, sulla scorta di quanto rilevato dal registro tenuto dall’imprenditore e dell’analisi eseguita su tutte le operazioni, alcune frazionate per eludere gli obblighi di legge, risulterebbero destinatari di somme contanti superiori al limite stabilito dalla normativa antiriciclaggio, per un totale complessivo di oltre 200.000 euro. In tal caso, l’imprenditore risponderebbe in solido con gli acquirenti della sanzione amministrativa, da che va dall’1 al 40% dell’importo trasferito, con un minimo di € 3.000 per ogni singola violazione.
Al termine dell’attività ispettiva, le fiamme gialle hanno potuto così accertare che l’insieme delle condotte dell’imprenditore, per il periodo sottoposto al controllo, determinerebbero un’evasione iva superiore ai 300.000,00 Euro, una base imponibile sottratta al fisco per circa 450.000 euro e numerose violazioni alla norme antiriciclaggio sull’uso del contante e di pubblica sicurezza.
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