Non ci fu estorsione, assoluzione per Zu Pippo

Pippo Drago resta in carcere per altre decine di casi di estorsione e usura ma è stato dichiarato non colpevole perchè il fatto non sussiste per il singolo caso dell'imprenditore Cozzi. Con lui assolto anche Emanuele Fisci

Assoluzione perchè il fatto non sussiste per Pippo Drago ed Emanuele Fisci, i due imputati al processo per estorsione ai danni di Giuseppe Cozzi che si è svolto davanti al collegio del tribunale di Busto Arsizio. Il primo è considerato, una vecchia conoscenza della mala bustocca, a capo di una banda di usurai che ha seminato il terrore tra decine di imprenditori del Basso Varesotto e del Novarese che, finiti nella rete dei prestiti a strozzo, si sono ritrovati a dover pagare cifre esorbitanti in un clima intimidatorio tipico delle organizzazioni criminali di stampo mafioso. Il caso singolo di Giuseppe Cozzi relativo al procedimento avviato a Varese nel 2010 dalla stessa Zappatini, però, è finito con l’assoluzione per l’accusa di estorsione e con il non doversi procedere per mancanza della querela di parte per quanto riguarda le lesioni che la vittima avrebbe subito. Per quanto riguarda l’indagine della Procura di Novara e dei Carabinieri di Arona, unificato a Busto insieme a quello di Varese, gli imputati tra i quali lo stesso Drago punterebbero al patteggiamento.

Per Drago il pubblico ministero Raffaella Zappatini aveva chiesto 5 anni e 6 mesi mentre perFisci, accusato di concorso morale in estorsione, una pena detentiva di 4 anni. Secondo l’accusa, infatti, la deposizione in aula del Cozzi, apparsa poco lucida e al limite della reticenza era da considerarsi condizionata dalla paura dopo che il suo vicino di casa, a pochi giorni dall’udienza del 29 marzo scorso, aveva trovato una lettera contenente un bossolo di arma da fuoco nella sua cassetta della posta. Secondo il pm quel bossolo era un chiaro atto intimidatorio nei confronti del Cozzi che, non avendo apposto il proprio cognome sulla sua cassetta della posta, era stato avvertito in maniera indiretta. Il magistrato ricostruisce nella sua requisitoria anche la vicenda del bar di via Sicilia, a Busto Arsizio, quartier generale di Drago e ritrovo abituale di molti dei personaggi a lui collegati aggiungendo anche un’intercettazione ambientale in carcere nella quale Drago spiega alla moglie di avergli dato un "papagnotto" ma di non avergli spaccato i denti come il Cozzi aveva raccontato. Per Fisci la pm ha ritagliato il ruolo del guardaspalle di Drago, presente al bar il giorno dell’intimidazione e addetto al controllo a distanza della "lezione" impartita dal capo al riottoso creditore.

Le difese, rappresentate da Barbara Bruno per la posizione di Drago e da Davide Toscani per il Fisci, hanno puntato sulle numerose incertezze della vittima quando è stato ascoltato in aula. Secondo la Bruno non vi è prova, nè nelle intercettazioni e nemmeno nelle parole dello stesso Cozzi, dell’estorsione. Secondo l’avvocatessa il teste non sarebbe risultato credibile nelle sue parole e ha portato a sostegno della sua tesi altre intercettazioni nelle quali i toni apparivano distesi e per nulla condizionati da minacce o altro. Davide Toscani ha ripercorso le parole del Cozzi in aula in merito al ruolo del Fisci; il legale ha evidenziato tutte le volte che la vittima ha ribadito, anche alle domande definite più suggestive del pm, il fatto che Fisci si fosse tenuto a distanza da entrambi durante l’episodio del colpo di giornale in faccia. Dopo mezz’ora di camera di consiglio il collegio presieduto dal gudice Adet Toni Novik, da Piera Bossi e da Maria Greca Zoncu ha pronunciato la sentenza di assoluzione.

 

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Pubblicato il 09 Ottobre 2012
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