Traffico di rifiuti e turbative d’asta all’Accam: 19 arresti

Indagati per turbativa d'asta anche il Sindaco di Gallarate Nicola Mucci e il presidente di Amsc e segretario provinciale di Forza Italia Nino Caianiello

Traffico illecito di rifiuti, turbativa d’asta, truffe e falsificazioni in grande stile: questo lo scenario messo allo scoperto dai Carabinieri e dalla Procura della Repubblica di Busto Arsizio in un anno di indagini serrate e meticolose. I risultati: sette arresti in carcere, dodici arresti domiciliari e ventuno indagati a piede libero, oltre a 7 decreti di sequestro preventivo delle sedi di altrettante aziende che smaltivano illecitamente rifiuti. Due i sequestri probatori, relativi all’inceneritore Accam di Borsano di Busto Arsizio e alla sede e alle discariche della Sari Group s.r.l. ad Albonese (PV) e Cascina Setuzzi di Mariano Comense (CO); in tutto 46 le perquisizioni effettuate, tanto nelle abitazioni degli indagati quanto nelle sedi delle società coinvolte. 100 milioni di euro il valore degli impianti sequestrati; si calcola in 10 milioni di euro l’anno il giro d’affari dell’organizzazione. Si conclude così’ l’"operazione Grisù", che ha visto impegnati i Carabinieri del Gruppo Tutela dell’Ambiente di Treviso, responsabile per l’Alta Italia e comandato dal tenente colonnello Michele Sarno, e quelli del Nucleo Operativo Ecologico di Milano, agli ordini del maggiore Stefano Bosi. L’inchiesta è ora affidata al pm Cristiana Roveda.

Le indagini si sono svolte in tre regioni (Lombardia, Veneto e Piemonte), coinvolgendo le province di Como, Lodi, Milano, Pavia, Verona, Cremona, Torino, Bergamo, Brescia. Fra gli arresti domiciliari spicca il nome del direttore tecnico dell’impianto Accam, Giosafatte Mondelli. A fare rumore è anche il coinvolgimento in qualità di indagati per turbativa d’asta del Sindaco di Gallarate Nicola Mucci e del segretario provinciale di Forza Italia (e presidente di Amsc, la municipalizzata gallaratese) Nino Caianiello, peraltro appena raggiunto da un altro avviso di garanzia per tutt’altra vicenda. La turbativa d’asta, per un valore di 6 milioni di euro, mirava a "pilotare" la gara d’appalto indetta da Accam per la gestione del termovalorizzatore, dei rifiuti di combustione da esso prodotti e di quelli stoccati nel piazzale. Poichè, a dispetto degli sforzi di chi voleva predeterminare l’esito della gara, arrivando di fatto ad impedire ad alcune aziende di prendervi parte, l’appalto fu vinto dall’impresa "sbagliata", seguirono pesanti pressioni sui dirigenti di Accam (che è in pratica parte lesa nella vicenda) per non dar luogo all’assegnazione dell’incarico alla società vincitrice della gara, con il risultato che ancora oggi l’azienda non ha ricevuto l’incarico.

L’inchiesta ha seguito vari differenti "filoni" relative a diverse forme di smaltimento illecito di rifiuti. Partita inzialmente dall’accertamento dell’"allegra conduzione" dell’impianto Accam, essa ha scoperchiato progressivamente un autentico verminaio, identificando una cordata di imprenditori disonesti disposti a tutto pur di risparmiare sui costi di smaltimento, frodando il fisco e mettendo a rischio la salute pubblica. Secondo gli inquirenti presso l’inceneritore Accam si bruciavano, con la complicità della società di gestione dell’impianto, rifiuti che per tipologia non potevano esservi distrutti, oppure con codici di identificazione impropri, sempre per beneficiare di costi inferiori a quelli dello smaltimento regolare. In particolare, presso Accam si bruciavano prodotti alimentari scaduti sotto la falsa specie di "imballaggi misti", con un risparmio dalle 435 vecchie lire/kg previste per lo smaltimento regolare degli alimenti alle 160 lire/kg di quello degli imballaggi. Almeno 10.000 le tonellate di alimentari smaltiti in questo modo, secondo gli inquirenti, "e si sta ancora cercando documentazione cartacea nelle sedi di azienda poste sotto sequestro". Sempre in riferimento ai flussi di rifiuti conferiti ad Accam, si è scoperto che uno dei principali indagati, forte di un regolare contratto con il Co.Re.Pla., consorzio preposto allo smaltimento della plastica, ha tentato di smaltire a Borsano, frammisti alla plastica, anche altri materiali di provenienza industriale che la sua ditta raccoglieva.

Dal complesso degli accertamenti sulle aziende coinvolte emergeva l’entità dell’organizzazione, che per guadagnare ingenti somme impiegava metodi truffaldini quali "giro bolla", falsificazione sistematica di formulari di trasporto, illecite miscelazioni e mancati trattamenti di rifiuti. Inoltre, con la compiacenza dei responsabili degli impianti di smaltimento coinvolti, ingenti quantitativi di terre da spazzamento provenienti anche dall’Amsa di Milano – e contenenti elevate quantità di metalli pesanti – sono state conferite "tali e quali" agli impianti, ma anche, quel che è peggio, miscelate al compost prodotto per fini agricoli (e qui potrebbe celarsi il vero danno ambientale prodotto). Infine, un’ultima truffa veniva perpetrata con la colborazione della società Puli-Eco di Ospedaletto Lodigiano (LO), chge smaltiva rifiuti in Emilia anzichè, come appariva nei documenti, in Lombardia, con grande risparmio sui costi di smaltimento (di cinque volte inferiori a sud del Po).
 

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Pubblicato il 28 Giugno 2005
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