Don Ciotti: “I beni confiscati devono essere restituiti ai cittadini”
Il fondatore di Libera prende a modello le cooperative che gestiscono le terre confiscate ai mafiosi: "Troppe aziende muoiono". Scarso anche il riutilizzo dei beni immobili con qualche lodevole eccezione
Sono 12.670 i beni sequestrati e confiscati in Italia al 5 novembre 2012 dei quali 1.149 in Lombardia, 83 nella provincia di Varese. Nel 2011 i beni confiscati erano 11.954, dei quali 10.438 beni immobili e 1.516 aziende. Questi i numeri incredibili del lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine nel contrasto alle attività economiche gestite dalle organizzazioni mafiose, uno sforzo enorme che tuttavia rischia di essere vanificato a causa della difficoltà dello Stato a riassegnare e a riutilizzare a fini sociali questi beni. Ancor più difficile risulta non far morire le imprese che vengono sottrate ai clan. A questo proposito solo due giorni fa Don Ciotti, presidente di Libera, aveva lanciato l’allarme dalle colonne del quotidiano Repubblica
Don Luigi, cosa non ha funzionato? «I numeri parlano molto chiaro: sono soltanto pochissime imprese quelle che resistono e tutte le altre prima o poi muoiono. Questa è una situazione che grida vendetta»
Una situazione causata dal mancato funzionamento di strumenti che esistono e che sono stati anche applauditi a livello internazionale ma che poi, nella sostanza, non funzionano. Dal sito dell’Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati e Confiscati emerge che degli 11 mila beni confiscati quelli in gestione sono 3786, quelli destinati consegnati sono 5861, quelli destinati non consegnati 886 e quelli usciti dalla gestione 474. Dei destinati e consegnati, tuttavia, sono pochissimi quelli che hanno trovato i fondi per poter essere riutilizzati. Per questo don Ciotti chiede che si segua il modello delle cooperative che sono nate sui terreni confiscati con bando pubblico e con il coinvolgimento dei giovani del territorio. In questi casi è sempre stato riconsegnato il maltolto, i beni sottratti alle mafie sono stati restituiti all’uso sociale e alla collettività grazie alle reti economiche che si sono messe in gioco
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