L’Olona “non è un fiume degno dell’Europa”. Per salvarlo servono 80 milioni
Entro il 2015 le acque dell'Olona dovranno essere in condizioni nettamente migliori, è l'Europa a imporlo. Su quali strade seguire e come arginare il problema forse qualcosa inizia a muoversi
L’Olona è malato grave e l’unica cura per salvarlo sono i soldi. E’ questo il messaggio che trapela dai discorsi degli esperti convocati da Legambiente attorno ad un tavolo (e davanti a 200 persone) per capire come mai, ancora oggi, il fiume che attraversa la provincia sia ancora in queste condizioni. E non è difficile intuire che causa e soluzione del problema sono i soldi, tanti soldi. 80 milioni di euro, per l’esattezza, secondo le stime del sindaco Celestino Cerana perchè «gli interventi che sono stati fatti non sono più sufficienti» ed è necessaria una nuova grande fase infrastrutturale. Serve infatti «una nuova gestione delle fogne -sostiene il presidente regionale del cigno verde, Damiano di Simine- perchè non è stato fatto nulla per anni». E se iproblemi sono enormi «anche gli investimenti devono essere enormi» perchè quello idrico è il più grave e urgente della Regione «e non è stato praticamente affrontato».
Se poi all’immobilismo delle azioni politiche si aggiunge una zona altamente urbanizzata come quella del varesotto, la situazione diventa ingestibile. «Sull’Olona, tra scarichi individuali e aziende, è come se vivessero circa 1,3 milioni di persone -spiega Stefano Clerici di Regione Lombardia- e ancora oggi 100.000 persone hanno gli scarti che scaricano direttamente nel fiume». Ma anche quelli che arrivano ai depuratori, non è che avranno un futuro molto migliore. Non è un caso che 7 dei 21 depuratori lungo tutto il corso dell’Olona -uno su tre- siano sotto procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea. E sono proprio i depuratori l’altro punto dolente del problema. «In realtà i nostri depuratori funzionano benissimo -afferma Antonio Caniello, direttore di Prealpi Servizi- solo che funzionano bene per le normative di 30 anni fa». Alcuni dei sistemi di pulizia delle acque risalgono addirittura agli anni 70 e «negli anni non sono stati aggiornati con l’evoluzione delle normative». In questo modo «noi abbiamo sistemi che funzionano bene nell’ambito di quello per cui sono stati progettati» ma che non riescono a far fronte alle nuove esigenze. Se a questo poi si aggiungono «le pratiche fraudolente di alcuni noi possiamo avere anche il miglior depuratore del mondo ma non riusciremo a pulire le acque».
Ed è proprio chi scarica -più o meno legalmente- i propri rifuiti nel fiume l’ultimo anello di questa catena disastrosa. «Oggi i reati ambientali sono reati di serie B» sostiene Davide Corbella della Procura di Busto, denunciando che tra «prescrizioni cortissime e strumenti di indagine inadeguati, si fa fatica a perseguire questi illeciti». La strada che per questo motivo stanno seguendo gli uomini della procura è un po’ diversa e cerca di «evitare il processo a fronte del pagamento di una ammenda e del ripristino del danno». Ma affinchè «la nostra azione, che è repressiva e non preventiva» vada a buon fine «è necessaria la collaborazione di tutti i cittadini» che denuncino ogni irregolarità riscontrata.
Nonostante le buone intenzione, il problema resta e i tempi stringono. Secondo quanto previsto dalle normative europee, entro il 2015, infatti, la qualità della acque del fiume Olona dovrà diventare pari a quella del Ticino (anche se Regione Lombardia ha chiesto una proroga fino al 2027, ndr) e per raggiungere l’obiettivo servono molti soldi. Da dove prenderli? Se si considera, come ricorda Damiano Di Simine «che la tariffa italiana per l’acqua è 6 volte più bassa della media europea» la strada sembra inevitabilmente tracciata.
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