Il presidente di Legambiente: “Basta ipocrisie, inquina di più un barbecue”

Andrea Barcucci espone le sue considerazioni sulla vicenda del revamping accusando chi "sfrutta l’incertezza e l’indeterminatezza delle decisioni mancate cavalcando il sentimento popolare”. Una accusa a tutto campo, anche verso la sua stessa organizzazione

Per Andrea Barcucci, presidente del circolo di Busto Arsizio di Legambiente, la vicenda della manutenzione straordinaria dell’inceneritore Accam di Borsano (l’ormai arcinoto rewamping) sta scivolando verso una banalizzazione ad uso e consumo di coloro che «a causa dei ritardi e delle lungaggini dei decisori, sfruttano l’incertezza e l’indeterminatezza delle decisioni mancate cavalcando il sentimento popolare a propria soddisfazione, probabilmente con calcolo e secondo convenienza». Barcucci ci tiene a precisare che esprime un’opinione personale sulla vicenda, è infatti nota la sua posizione che non è per la chiusura dell’impianto di incenerimento rifiuti bustocco, a differenza di altri ambientalisti del Cigno Verde che invece ne vorrebbero la chiusura.

Questa è la storia dell’inceneritore Accam, in sé un consorzio pubblico che unisce 27 comuni dell’Altomilanese, a cavallo tra le province di Milano e di Varese. Sono 440mila gli  abitanti che usano l’inceneritore per smaltire quel terzo minimo di raccolta indifferenziata dei rifiuti urbani e di quelli assimilati agli urbani. «Sono 400 grammi a testa di spazzatura quotidiana, una quantità che è possibile ridurre ma di poco. Solo in lungo tempo potremo arrivare a dimezzare questa quantità residua, attraverso notevoli investimenti e attraverso le nuove leggi». Barcucci basa il suo giudizio anche sulla relazione che  Legambiente Lombardia ha recentemente pubblicato, la prima in Italia sugli inceneritori lombardi che definisce alcol che incendia le tesi demolitrici di Accam. «Conosciamo cosa fa la politica italiana, specialmente in termini di mancanza di etica e di dignità: vale tutto pur di conquistare voti. Infatti i due principali partiti che demoliscono Accam raccontano entrambi due grandi bugie. Uno scrive che costa circa 50 milioni di euro; l’altro che la UE impone di chiudere discariche ed inceneritori entro il 2020. Mi viene spontaneo chiedermi: come si può costruire un futuro migliore se non si vive un presente sincero e trasparente? Il cosiddetto revamping , usuale abuso linguistico esterofilo, costerebbe 42 mln. al lordo dell’IVA, cioè 35 mln netti». Tale sarebbe l’importo dell’appalto in partenza, ma il costo finale sarebbe anche più basso grazie alla modalità di assegnazione degli appalti scelta da Accam, ovvero quella del dialogo competitivo. Secondo Barcucci «che l’Unione Europea abbia chiesto di chiudere discariche ed inceneritori ai rifiuti dopo il 2020 è una colossale mistificazione. Il Parlamento Europeo ha solo provato ad inserire una generica proposta in questa direzione ma, per ovvie ragioni realistiche, non è neanche entrata nel Settimo Piano Ambientale Europeo, il testo ufficiale vigente. Comunque anche tale Piano non ha valore di legge ma di indirizzo, per le future direttive che la UE approverà. Quindi siamo molto lontani dal vero e dal giusto».

Secondo il presidente bustocco di Legambiente, anche in diversità da altri circoli che secondo lui sarebbero «estranei alla conoscenza specifica di Accam», l’inceneritore sia un’importante risorsa ambientale locale: «Vi spiego perché altri circoli, compreso il Regionale, hanno lasciato Accam al suo destino. Perché temono cali di iscritti e di contributi; io invece credo che il medico pietoso finisce per far proliferare l’infezione, fino alle conseguenze peggiori. In generale, la paura per tutti gli inceneritori è mal riposta; essi spaventano quando invece un semplice barbecue da giardino produce molto più inquinamento a persona. Spaventano perché viene detto che non si deve bruciare niente ma poi tutti hanno automobile e caldaia, fanno viaggi in aereo e usano acciai e leghe metalliche, a cominciare dalle arcaiche attività agricole». Quindi secondo l’ambientalista sarebbe fuori discussione rinunciare a incenerire parte dei rifiuti prodotti in questa nostra società contemporanea «anche perchè la polemica contro Accam viene alimentata per istinti edonistici ed egoistici, come primeggiare nel distruggere il bene comune Accam senza avere certezze per il futuro». Per Barcucci il salto nel buio sarebbe chiedere di spegnere Accam, per portare i rifiuti in altri inceneritori, tralasciando di calcolare quanto inquinamento sarà prodotto nei lunghi trasferimenti via camion, moltiplicati per molte migliaia di viaggi annui: «I rottamatori di Accam invocano modelli di recupero dei rifiuti in maniera troppo edulcorata, ignorando che la Raccolta Differenziata (le nostre sono attorno al 60%, un dato molto positivo nel panorama nazionale) non genera solo nuovi materiali ma genera ugualmente un quarto circa di materia da incenerire, data l’infima qualità dei residui. Sostengono, i rottamatori, che Accam costa troppo ma non sanno che costerà ancora, per oltre dieci anni, pagare i mutui dell’attuale inceneritore». La coalizione anti-Accam è anche forte del canone che il Comune di Busto Arsizio introita per l’affitto del terreno su cui l’inceneritore svetta. «Sono 750mila euro annui, cioè tanto denaro devoluto alla giunta comunale, espressione assoluta di arbitrio politico e questo genera invidie e ripicche, io credo, mentre questi denari invece dovrebbero essere spesi nel risanamento ambientale della zona, a cominciare dal teleriscaldamento del calore generato da Accam, oggi sprecato». Chiudere Accam significherebbe anche «approvare i comportamenti politici sin qui avuti in provincia di Varese e di Milano: far fuori un concorrente virtuoso alle grandi aziende private, come A2A» mantenere Accam in vita «significa aprirsi al territorio abitato da più di un milione di abitanti, per servirlo con competenza e professionalità, senza lucro e amministrato direttamente, tramite sindaci di opposti schieramenti, uniti nell’impresa per il bene comune».

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Pubblicato il 23 Febbraio 2014
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