Dopo 64 anni, il ritorno in patria del soldato Giovanni Ferrario
Si è svolta a Borsano la cerimonia di commemorazione. Le spoglie riposano finalmente nella tomba di famiglia
È tornato nella sua città d’origine, Busto Arsizio, dopo 64 anni: le spoglie del combattente della Seconda Guerra Mondiale Giovanni Ferrario sono infatti state tumulate oggi nella tomba di famiglia al cimitero di Borsano.
La cerimonia in onore di Ferrario si è svolta questa mattina, sabato 12 novembre, giorno tra l’altro dell’anniversario della strage di Nassiriya. A dargli “finalmente” l’ultimo saluto molti concittadini borsanesi, rappresentanti delle associazioni bustocche fra cui gli ex-combattenti, le famiglie dei dispersi, l’Anpi, l’Avis e la Croce Rossa, oltre alle istituzioni con il sindaco Luigi Rosa ed esponenti della Giunta e del Consiglio Comunale.
In prima fila a commemorare Ferrario, il figlio Sergio. È stato proprio grazie al suo interessamento che oggi si è potuta svolgere prima una messa officiata da don Enrico, poi la visita alla cripta per rendere onore ai caduti di tutte le guerre e infine l’ultima tappa al cimitero di Borsano.
Giovanni Ferrario, nato il 13 agosto 1914, era stato per l’ultima volta a Busto nel 1941 quando, già impegnato come combattente, era tornato a casa in licenza per abbracciare per la prima volta il figlio appena nato. Tornato al fronte, è stato fatto prigioniero e rinchiuso in un campo di prigionia in Germania, a Ludwigshafen, fino al giorno della morte, il 21 luglio 1944. I suoi resti erano quindi stati sepolti nel cimitero militare italiano a Francoforte. Dopo anni di ricerca e dopo la lettera che il sindaco Rosa ha inviato nel giugno di quest’ anno al ministero della Difesa, il figlio Sergio, grazie anche all’interessamento di ufficiali della Bundeswehr tedesca, è riuscito trovare la tomba del padre che non ha mai conosciuto e ad ottenere il consenso per il rimpatrio.
«Sono certo – ha spiegato Don Enrico – che dopo aver visto il proprio figlio, Giovanni sia tornato al fronte con un senso di ribellione e odio nei confronti della guerra. Dal sacrificio di persone come lui dobbiamo imparare che la pace è un bene essenziale per la nostra vita e che possiamo costruirla solo con l’amore, l’aiuto e il perdono».
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