Casa Onesimo, l’accoglienza dopo il carcere

La struttura di via Lega Lombarda, gestita dall'associazone Volgiter, ha accolto in agosto una ventina di stranieri rimessi in libertà con l'indulto, e quasi tutti già rimpatriati

Hector ha regalato a Casa Onesimo e alla Vol.Gi.Ter  (Volontariato, Giustizia e Territorio) una piccola miniatura di un violino scolpita in legno mentre languiva in cella, ma soprattutto ha affrescato la parete frontale della struttura di via Lega Lombarda con l’immagine di sant’Onesimo (foto).
Hector, argentino, è uno degli ex detenuti liberati dal carcere di Busto Arsizio per effetto del recente indulto votato dal Parlamento. Una ventina di essi, tutti stranieri (su un totale di 93 detenuti liberati, di cui 44 stranieri), sono passati per Casa Onesimo, la struttura di via Lega Lombarda gestita dall’associazione Vol.Gi.Ter, che si occupa proprio di aiutare il reinserimento dei detenuti nel momento più difficile, quello dell’uscita dal carcere.

Onesimo era uno schiavo fuggito dal suo padrone e divenuto seguace di San Paolo quando questi era in carcere a Roma. Paolo a sua volta riaffidò Onesimo al padrone, un cristiano di nome Filemone, pregandolo di accoglierlo da fratello in Cristo, e non più da schiavo: e così fu, narrano le cronache. Da questo episodio prende nome la casa per l’accoglienza agli ex detenuti, aperta nel 2005 grazie ad un contributo della Regione.

Una vera multinazionale quella ospitata presso Casa Onesimo, con una netta prevalenza di latinoamericani: vi erano anche un brasiliano, due guatemaltechi, un altro venezuelano, un boliviano… Solo Hector è rimasto: partirà il giorno 25. Tutti gli altri sono già tornati a casa, verso un futuro incerto, dopo una lunga permanenza in carcere. 

L’indulto poteva creare seri problemi, ma è stato affrontato bene grazie alla collaborazione Comune-Vol.Gi.Ter. Essa avrà un ruolo centrale anche nella relazione che, su richiesta del presidente della Commissione consiliare servizi sociali Enrico Salomi, sarà esposta ai commissari entro la prima metà di settembre.
«Posso anticipare» spiega Salomi «che gli effetti dell’indulto non sembrano essere stati di grande impatto, grazie anche alla sinergia fra il Comune ed il volontariato.
Certo il momento non era forse quello più adatto per un’amnistia, in pieno agosto, con il personale dei Comuni ridotto per le ferie e gli aeroporti già intasati – ma alla Vol.Gi.Ter si sono dati da fare subito, va detto, e c’è chi ha rinunciato a settimane di vacanza per restare a dare una mano».  

Non è stato semplice raccogliere in tempi ristretti i fondi necessari per i biglietti aerei destinati al rimpatrio – obbligato – degli ex detenuti: ma con la generosità di alcuni donatori, e una cena di finanziamento, si è fatto anche questo. Liberati fra l’1 ed il 3 agosto, gli ospiti di Casa Onesimo sono partiti fra il 10 ed il 18. Alcuni avevano da parte qualche soldino raggranellato lavorando dietro le sbarre, ed hanno potuto pagarsi il biglietto di ritorno; uno, un giovanissimo venezuelano, ha ricevuto un po’ di denaro dai familiari. Gli italiani, invece, potevano in genere contare sulle famiglie d’origine, e nessuno di quelli liberati di recente ha avuto bisogno dell’aiuto dell’associazione.

Non tutti gli ex detenuti sono stati espulsi: un kossovaro aveva la famiglia in Germania, dove è tornato in pullman, mentre un ex boscaiolo lituano, cittadino comunitario, e quindi non passibile di espulsione, se ne è tornato comunque in patria. Comune agli ex detenuti passati per Casa Onesimo era invece l’accusa che li ha portati in cella: erano corrieri della droga, liberati solo in quanto avevano introdotto quantitativi non ingenti. Tutti erano finiti direttamente da Malpensa in carcere; l’italiano la gran parte di loro l’ha imparato in prigione, e tutto ciò che hanno visto dell’Italia sono state le quattro mura di una cella sovraffollata. Un paio di loro, nigeriani, si sono volatilizzati prima del rimpatrio. «Vi sono situazioni particolari in questi casi, a volte i corrieri che non sono riusciti ad effettuare la consegna rischiano la vendetta dei trafficanti, convintisi che abbiano fatto sparire lo stupefacente per propri fini» spiega senza troppe perifrasi l’assessore ai servizi sociali Luigi Chierichetti. «Ho avuto modo di parlare con uno dei due ragazzi nigeriani poi fuggiti, e mi diceva che lui in Nigeria non poteva assolutamente tornare: era molto spaventato, e forse temeva una cosa del genere».

«Alla fine è la miseria quotidiana che ha spinto questi uomini a tentare il colpaccio come corrieri della droga» argomenta Marco Pozzi, presidente di Vol.Gi.Ter: «c’è anche chi in patria aveva lasciato moglie, sei figli e una madre malata». Il “colpaccio” in media è costato ad ognuno di loro due anni e mezzo di galera, pena che finora ha mostrato un effetto dissuasivo nullo, vista la quantità di “colleghi” che vengono regolarmente “pescati” alla Malpensa da doganieri e Guardia di Finanza, nonostante i trucchi più diabolicamente astuti per nascondere la droga. A dispetto dei continui arresti e degli imponenti sequestri di stupefacenti – soprattutto cocaina – i trafficanti insistono, segno che la tratta resta lucrosa e che per ogni corriere che cade nella fitta rete dei controlli, altri riescono a passare.

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Pubblicato il 22 Agosto 2006
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