In chiesa per parlare di Islam

"O si europeizza l'Islam, o si tenterà di islamizzare l'Europa" sentenzia il professor Gabriele Crespi della Cattolica di Milano, in uno degli ultimi appuntamenti della Missione Cittadina 2006

Quello fra il complesso e variegato mondo dell’Islam e la civiltà europea è un incontro ricco di difficoltà e incomprensioni. Anche la Missione Cittadina 2006 non poteva tacere di un tema così rilevante nel mondo d’oggi, ed ha affidato una serata di riflessioni e approfondimento al professor Gabriele Crespi dell’Università Cattolica di Milano, docente di filologia araba ed esperto conoscitore del mondo islamico. A seguirlo, un pubblico numeroso, circa 150 persone di tutte le età, accomodate nella navata della chiesa di Sant’Edoardo – una lectio magistralis, quella del professore, dal pulpito, più che dalla cattedra.

Crespi ha tenuto subito a sgombrare il campo dai dubbi definendo i limiti delle relazioni reciproche. Le differenze stridenti tra Islam e mondo occidentale sono state messe in luce in modo chiaro e netto nella prima parte della conferenza: su tutte, la mancata separazione tra religione e Stato, oppure l’assoluta e fatalistica sottomissione a Dio, propria del musulmano, confrontata con la dottrina del libero arbitrio propria del cristianesimo. E ancora l’antica e tenace concezione di rigetto verso i non musulmani, la distinzione fra Dar al-Islam (il mondo musulmano) e Dar al-Harb ("la casa della guerra", le terre "pagane" da conquistare alla fede), cui ultimamente i teologi hanno aggiunto il concetto di Dar al-Shahada ("casa della testimonianza", ossia dell’essere musulmani in una società che a maggioranza non lo è).

Proprio l’incontro-scontro nato con l’immigrazione islamica in Europa – 15 milioni di musulmani in Europa occidentale, più altri 6 insediati da secoli in quella orientale, per tacere dei 70 milioni di turchi che bussano alla porta della UE – ha prodotto cambiamenti rapidi e imprevedibili. "La prima generazione di immigrati musulmani in Europa seguiva un Islam tradizionale, privato e familiare" spiega Crespi. "La seconda spesso e volentieri era laica, poco o nulla osservante. La terza ha scelto di reislamizzarsi, in modo radicale, e non nell’ottica nazionalistica di padri e nonni, ma in quella universale del jihadismo". Sì, perchè secondo Crespi – e vari altri osservatori – il fenomeno che ha portato alla recrudescenza terroristica culminata nell’11 settembre ha le sue radici in Europa e nella globalizzazione: dallo sradicamento dell’immigrato è nata la ricerca delle certezze che l’integralismo poteva dare. E questo integralismo, questa volontà di lotta armata contro gli "infedeli" occidentali e chi li serve, di annientare chiunque si opponga alla creazione di un’unica grande Umma, la comunità religiosa islamica, su tutta la Terra, viene ora "riesportata" nei Paesi d’origine. Paesi che molti dei giovani estremisti non hanno mai conosciuto, essendo nati e cresciuti all’estero; educati per lo più all’occidentale, in crisi d’identità, hanno poi rigettato quel modello.

Come dialogare con l’Islam? Tema difficile. non c’è un "Papa" che possa esprimersi a nome della comunità, anche i mufti e gli imam lo fanno a titolo essenzialmente personale. Quanto ai musulmani immigrati, al loro interno è in atto una revisione profonda del rapporto fra fede e società, che tenderebbe ad una maggiore integrazione con l’ambiente sociale europeo. Varie figure dell’Islam europeo stanno operando nel senso di liberalizzarlo, per così dire, suscitando la furia degli integralisti. Gli ulema ("saggi") hanno convenuto che il musulmano deve rispettare le leggi dei paesi in cui vive, anche se "infedeli"; e che vi ha pieno diritto di cittadinanza e di praticare la sua fede. "O si forma un Islam europeo, o prenderà forma la pretesa di islamizzare l’Europa" sentenzia. Per Crespi serve dunque una riforma dell’Islam, "religione sempre giovane grazie alle infinite possibilità di interpretazione del Corano, adattabile ad ogni latitudine e ogni contesto".

Le domande conclusive del pubblico esprimevano su tutti il sentimento di incertezza e paura, il desiderio di concoscere cosa ci riserva il futuro. Se bin Laden e soci (e chi in Occidente campa benissimo su queste paure) volevano diffondere zizzania e angoscia, allora hanno già vinto. Ma l’intervento più intelligente e provocatorio poneva questioni ancora più sottilmente inquietanti: "Coma mai qui, stasera, non c’è un solo musulmano, quando si parla di Islam? Non è che anche noi stiamo andando verso un nostro integralismo, con certe prese di posizione?"

 

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Pubblicato il 21 Ottobre 2006
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