«Alessandra si è ammalata d’amianto, ma nessuna cifra vale la sua vita»

Accade a Sacconago: una donna muore per un mesotelioma a 74 anni, accanto alla casa in cui viveva da quarant'anni un tetto in Eternit. Il marito: "Non ho astio per nessuno, ma voglio giustizia"

Cinquantuno anni di vita coniugale felice e fruttuosa, poi la malattia lenta e crudele che si porta via lei. Sembrerebbe una storia come tante, che scivola via senza fare notizia, ma non lo è. C’è un terzo protagonista in questa storia: il tetto d’amianto di una fabbrica a pochi metri dalle finestre di casa, che ora il Comune sta pensando di demolire.
Accade a Sacconago, in via Sciesa, una zona tranquilla di villette e campicelli, dove oggi fervono lavori di ristrutturazione. Alla fine del 2004 la signora Alessandra Zat (foto) si ammala improvvisamente: le trovano del liquido nei polmoni. Seguono le prime cure, la ricerca di una causa per il malanno, fino alla scoperta terribile: mesotelioma, un tumore che la moderna ricerca ha associato strettamente all’amianto, a quella fibra tanto usata in edilizia fino a vent’anni fa, che si sfalda e si insinua nell’organismo, negli alveoli dei polmoni, e silenziosamente li irrita, li infiamma, fino ad esplodere in tumore. Dopo sedici mesi di cure, inclusa quella Di Bella, lo scorso aprile la signora Alessandra si spegne a 74 anni mentre tutto intorno sbocciano i fiori che costituivano la sua grande passione, e che ora sulla tomba non mancano mai, sempre freschissimi, portati dai due figli Marco ed Antonella.
Ora il marito, Eliseo Caccia, chiede, prima che un risarcimento in denaro ("nessuna cifra vale la vita di mia moglie"), giustizia. È la Procura ad occuparsi del caso, nella persona del pm Massimo Baraldo, anche se sarà difficile che vengano riconsociute responsabilità specifiche. La casa dei coniugi Caccia fu infatti costruita nel 1965 accanto alla ditta, esistente fin dagli anni Venti; fu solo vari anni dopo che si iniziò ad intuire la correlazione fra amianto e tumori. Il tetto della fabbrica è da molti decenni in Eternit, un materiale tristemente noto per la sua capacità di creare vedove e vedovi in quantità per l’appunto industriale: chiedere conferma a Casale Monferrato, dove aveva sede la fabbrica che lo produceva.

"Da qui è passato l’ufficiale giudiziario, è passata l’Asl, ben tre volte, chiamata qui dai Carabinieri, ma finora non so nulla, non ho avuto alcun tipo di riconoscimento e risarcimento" racconta Eliseo, uno che nel rione conosce quasi tutti. "Si è anche avanzata l’idea che la malattia sia dovuta ai pochi anni di lavoro in calzificio che mia moglie ha fatto da giovane, prima di sposarmi, ma no, qui è stato l’amianto (nella foto il tetto), quella polvere nera che ci trovavamo sui balconi, sulla mansarda". Eliseo Caccia, educato nella cattolicissima Sacconago d’un tempo dove quasi tutti avevano un parente prete, non ha astio verso nessuno: "Mi è stato insegnato a non odiare, e anzi a fare del bene al prossimo – ricordo ancora quando invitavo a pranzo la domenica i miei operai della ditta Crosta (non quella accanto alla casa, ndr), dove ho lavorato una vita come caporeparto: gente che veniva dal Sud e non aveva niente e nessuno. Terroni, li chiamavano, ma erano e sono come noi: grandi lavoratori. E come non ho astio per nessuno, così non ho risentimento neppure per i proprietari della ditta qui accanto (oggi in liquidazione, ndr); voglio solo che a nessun altro accada più questo".

Quello di Alessandra Zat è un caso singolare a Sacconago. "Pensare che alla Quadrelli, in piazza San Donato (recentemente demolita, ndr) hanno lavorato in centinaia con l’amianto, ci si facevano i tessuti, eppure niente. Mia moglie aveva una salute di ferro" continua Eliseo Caccia. "Mai visto un dottore fino alla malattia. Poi, l’attenzione con cui l’hanno curata è stato commovente. I medici che hanno scoperto il tumore piangevano con me. Abbiamo tentato di tutto, l’abbiamo affidata anche ai migliori oncologi di Milano, ma non si poteva operare. Per mesi, iniezioni quotidiane di un medicinale, a 157 euro al giorno di costo… Tutti dobbiamo morire, ma c’è modo e modo: mia moglie è morta che pesava trenta chili, e ne aveva persi altrettanti".

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Pubblicato il 25 Ottobre 2006
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