La visione liberista: «Privatizzazione dell’acqua? Sì, grazie!»

"Controcorrente" il pensiero "libertario": «è solo grazie al mercato che in certi Paesi si sono potute creare infrastrutture idriche»

Riceviamo e pubblichiamo

 

Il Centro Cattolico Liberale “Alexis
de Tocqueville
” (www.cattolici-liberali.com)
è contrario a qualsiasi forma di ripubblicizzazione della
gestione dei servizi idrici
poichè, come dimostrato
dall’esperienza storica e dai più seri ed indipendenti studi
scientifici, l’acqua è un bene indispensabile e, per tale
ragione, è necessario che la sua gestione e allocazione sia
sottoposta ad una disciplina maggiormente rigorosa ed efficiente
della pianificazione burocratica qual’è lo spontaneo
funzionamento del mercato
con la sua naturale capacità di
incoraggiare la conservazione e l’innovazione.

Al contrario, occorre dare nuovo
impulso alla privatizzazione dei servizi pubblici locali
attraverso
una seria politica di liberalizzazioni e l’affermazione di più
incisivi meccanismi concorrenziali e di mercato, unici strumenti
questi capaci di affermare la centralità del cittadino-utente
e di accrescere il benessere complessivo dei sistemi locali.

Iniziative come quelle promosse dal
Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua e, in sede locale, dal PRC
di Busto Arsizio, non possono essere condivise poiché si
basano sull’erroneo presupposto secondo cui all’origine delle
crisi idriche mondiali ci sarebbero le privatizzazioni e la libera
iniziativa economica nel settore delle acque.

Una simile posizione trae origine da
due errori di fondo. Da un lato, non si tengono miminamente in conto
gli aspetti economici del problema in nome della presunta ed
ingiustificata “diversità” delle risorse idriche che,
secondo i sostenitori di tale tesi, non permetterebbe di ragionare in
termini di prezzi, domanda, offerta ecc…; dall’altro, si dà
per scontato che il problema sia la scarsità della risorsa e
non, come invece è nella realtà, il trasporto,
l’allocazione e, quindi, come nel nostro Paese, l’inefficienza di
una rete infrastrutturale tecnologicamente obsoleta e pessimamente
gestita.

Le crisi idriche sono piuttosto
fenomeni catastrofici che derivano dall’impossibilità di
trasmettere ai consumatori segnali relativi alla scarsità
della risorsa mediante la leva dei prezzi e da forme di gestione
burocratiche inefficienti
che impediscono, in tutto il mondo, di
trarre vantaggio dalle risorse potenziamente disponibili.

L’esperienza
ha mostrato, specie in alcuni Paesi in via di sviluppo (dove solo
grazie agli investimenti privati in infrastrutture, l’80% della
popolazione ha accesso ad un migliore fonte d’acqua, contro il 73%
di quegli abitanti dei Paesi in via di sviluppo che hanno invece
scelto la via dell’invastimento pubblico), l’infondatezza delle
tesi di chi, pur individuando correttamente nell’acqua un bene
essenziale per l’umanità, immagina che il modo migliore per
garantirne una distribuzione efficiente sia lasciarla nelle mani
dello Stato.

La ripubblicizzazione della gestione
del servizio idrico, oltre a rappresentare un dannoso ritorno al
passato
, avrebbe l’effetto di accentuare il problema idrico
piuttosto che risolverlo. Non si capisce
infatti perché bisognerebbe negare proprio ad una risorsa così
importante come l’acqua, di potere beneficiare di quelle forme di
innovazione ed economie di scala tipiche del settore privato e, cosa
ancor più importante, della maggior giustizia del mercato e
della proprietà
.

Come
scrive Segerfeld
(in Crisi dell’acqua? La soluzione è
il mercato
, «Enclave – Rivista libertaria» n. 28,
giugno 2005), “il movimento che si oppone alla privatizzazione
sostiene che l’acqua è un diritto di tutti gli uomini e che
solo i governi possono garantire. Il problema è che non
riescono a farlo. Ed è chiaro che il settore pubblico ha
fallito.
Non c’è da sorprendersi se le aziende private
grazie all’ingegno, alla tecnologica, all’abilità, agli
incentivi e al capitale sono meglio attrezzate per fornire acqua alle
persone. Poco importa delle dichiarazioni ufficiali sul diritto degli
uomini all’acqua; essi non bevono la carta sottoscritta dai
politici, ma acqua. C’è una soluzione a questa crisi: le
aziende ed il mercato, che operano nel settore, se viene permesso a
loro di farlo. Così da salvare milioni di vite”.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 13 Marzo 2007
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