Garibaldi scrive: «Caro Bixio, attacchi Laveno stanotte…»

Fra gli inestimabili documenti storici in possesso di Mario Colombo anche tre lettere del generale sulla liberazione del Varesotto dall'Austria nel 1859

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Lettere autografe di Garibaldi 4 di 11

A un secolo e mezzo di distanza l’inchiostro è appena appena un po’ sbiadito, la grafia corsiva regolare e leggibile senza particolari difficoltà. Il linguaggio è ancora chiarissimo, elegante, secco. Il tono, inconfondibile, è di uno abituato a comandare, ma attento ai suoi uomini. Fra le mani di Mario Colombo, rappresentante dell’Anpi di Gorla Minore, frusciano le antiche carte di tre lettere autografe di Giuseppe Garibaldi che testimoniano un momento (poco pubblicizzato, di questi tempi) della sua vita avventurosa, e precisamente la liberazione del Varesotto dagli austriaci nella primavera del 1859. L’ex partigiano dell’Anpi di Gorla ottenne i preziosi documenti, racconta a Varesenews, quando viveva in Egitto, negli anni Cinquanta, alle dipendenze del locale ministero dell’industria: facevano parte di una collezione privata appartenuta all’ultimo re, Faruk, deposto nel 1952 dalla rivoluzione nazionalista di Nasser. «In quel periodo» ricorda Colombo «Nasser cacciò gli stranieri che fino a quel momento avevano vissuto in Egitto, fra cui moltissimi italiani. Si vendeva di tutto a costi stracciati, i palazzi degli stranieri spesso erano stati saccheggiati, e gli egiziani per lo più non avevano idea del valore di certi oggetti e documenti. C’è chi è diventato milionario riportando in Italia ogni sorta di preziosi e cimeli acquistati per quattro soldi». Colombo riferisce di essersi procurato, oltre agli autografi di Garibaldi, anche documenti di valore storico eccezionale come una lettera di Oliver Cromwell datata 1645, un biglietto di pugno di Napoleone Bonaparte scritto dopo la battaglia di Waterloo e giudicato a suo tempo autentico e una lettera del duca di Wellington ad un generale francese sempre scritta in quei giorni (la cui immagine è allegata alla galleria fotografica). Documenti che meriterebbero una seria indagine filologica.

Tornando a quelli che ci riguardano più da vicino, le "lettere varesotte" di Garibaldi risalgono al maggio 1859. Mentre più a sud i franco-piemontesi lottavano ancora faticosamente per estricarsi dalla risaie lomelline e vercellesi, il generale e i suoi Cacciatori delle Alpi si erano slanciati generosamente in avanti per disturbare lo schieramento austriaco. La prima lettera, scritta da Borgomanero, dava mandato di compiere preparativi di attraversamento del Ticino all’altezza di Varallo Pombia e Somma Lombardo, quando poi in realtà il fiume sarebbe stato passato a Sesto Calende, in una classica manovra di diversione. Contando sull’appoggio della popolazione, che percepiva il dominio austriaco, pur efficiente e lodevole, come un giogo straniero imposto dall’alto, Garibaldi e i suoi liberarono rapidamente Varese. Ben presto però si trovarono di fronte da un lato le truppe del generale Urban insediate a Como, dall’altro la fortezza lacustre di Laveno ancora presidiata dal nemico. È proprio lì che, dopo un paio di tentativi prematuri andati a monte, Garibaldi distaccò il pugnace Nino Bixio. Preoccupato di non farsi sorprendere, Garibaldi in quei giorni si teneva a metà strada, nella zona dei laghi.

Da Besozzo e da Gavirate sono infatti datate le due successive brevi lettere a Bixio, entrambe del 24 maggio 1859.  Nei testi, che riportiamo in galleria fotografica, il generale dapprima raccomandava a Bixio di non esporsi troppo e semmai di tenersi pronto a soccorrerlo a Varese se gli austriaci avessero contrattaccato in forze. In seguito, avuta risposta, un Garibaldi più tranquillo rispetto alla minaccia austriaca esortava il suo sottoposto ad attaccare Laveno direttamente, facendosi raccontare di tutto e di più sulla fortezza dagli abitanti del posto che avevano contribuirlo a costruirla. Tre giorni dopo, il 27 maggio 1859, nella battaglia di San Fermo, i Cacciatori delle Alpi si sarebbero aperti a viva forza la strada per la conquista di Como. Altri tre giorni dopo, il 30, un assalto garibaldino a Laveno condotto dal Landi via terra e dal Bixio sul lago avrebbe incontrato uno scacco sanguinoso, tanto da permettere ad Urban, cacciato da Como, di rioccupare Varese: e Garibaldi, temendo rappresaglie sui civili, sceglierà di attendere prudentemente fino alla vittoria franco-piemontese di Magenta (4 giugno), dopo la quale gli austriaci si ritireranno dalla Lombardia.

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Pubblicato il 12 Luglio 2007
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