Lattuada: “Non mi dimetto”. Solidarietà di An

I consiglieri del partito minimizzano e parlano di timore di strumentalizzazioni o violenze da parte di estremisti

Francesco Lattuada (foto), per tutti Checco, non sembra scomporsi eccessivamente per la tempesta abbattutasi oggi su di lui, coinvolto nell’inchiesta della Procura di varese e della Digos sui movimenti neonazisti nel Varesotto. Di certo, e lo ammette, è seccato che il suo nome sia uscito così alla svelta sui telegiornali – sia pure in modo indiretto.

La situazione è seria, per quanto l’incontro con la stampa convocato da Lattuada, presente il collega consigliere di AN ed ex deputato dell’MSI Ninetto Pellegatta, quarant’anni e passa.di esperienza politica, si sia svolto in un clima quantomai sereno, se non di generalizzata minimizzazione. Nel merito delle contestazioni, praticamente nulla: la difesa punta semmai sull’opportunità politica dell’azione di magistratura e Digos. «A casa mia sono arrivati per la perquisizione poco dopo le sette del mattino, poi con gli agenti siamo andati a Comunità Giovanile» racconta Lattuada. «A me hanno sequestrato un cd, qualche libro, qualche manifesto, poca roba. In casa mia del resto puoi trovare opere di ogni genere, dal Mein Kampf, che pure hanno molte altre persone di tutt’altro orientamento politico, come pure io ho in casa Das Kapital di Carlo Marx e vari libri di case editrici di sinistrissima, come Mala Tempora o Nuovi Mondi Media». Più che come politico di estrema destra, Lattuada cerca insomma di accreditarsi come elemento antisistema: è la strategia di gran parte della destra radicale odierna, una parte cui il consigliere comunale non ha mai negato di appartenere. «Certo, io ho sempre mostrato massima disponibilità anche verso diversi gruppi, vuoi Fiamma Tricolore, o Forza Nuova, quando mi hanno invitato a qualche festa o iniziativa. Del resto, contatti a destra come ne ho nel Varesotto non li ha nessuno» afferma sicuro. «Ed è sempre meglio essere accusati di legami con un partito proscritto piuttosto che di reati come tangenti, violenza, eccetera».

Quasi altrettanto aperto alla polica bipartisan prova ad apparire Pellegatta: «In casa mia avrebbero trovato un ritratto di Mussolini autografato da sua moglie Rachele, la storia della guerra civile di Pisanò, i più recenti libri di Pansa , ma anche qualche cimelio ex-sovietico rimediato a Mosca…» e decorato, ipse dixit, della scritta "La fine del comunismo". Pellegatta riferisce poi un gustoso episodio dovuto a un equivoco: un conoscente gli ha telefonato («ma non eri in galera?») pensando che nei guai ci fosse finito lui, ex capogruppo "storico" di Msi prima e An poi, visto che al telegiornale si parlava del capogruppo di An a Busto, ossia Lattuada.

Facezie a parte, quest’ultimo si preoccupa, temendo non tanto conseguenze giudiziarie, quanto strumentalizzazioni politiche e atti di violenza contro se stesso e contro Comunità Giovanile. «Con questi fatti si rinfocola un clima di odio politico» lamenta. «Io credo che qualche mio avversario in consiglio avrà l’onestà intellettuale di riconoscere la mia innocenza. Certo che vedermi già come Führer del Varesotto, be’, è grossa». Lattuada, che ha ricevuto telefonate di solidarietà da vari esponenti di AN, teme che ora possano scatenarsi azioni di estremisti di sinistra, specie peraltro rara da queste parti. «Potrei diventare vittima di qualche esaltato, o potrebbe diventarlo Comunità Giovanile, il cui gruppo dirigente non c’entra assolutamente con questa storia: è questo che temo ora, perchè qui si soffia sul fuoco» confessa. «Spero ora che in città si continui a confrontarsi su cose serie, aprendo un dialogo ad alto livello dopo le polemiche per la Fondazione Blini…» Dimissioni, di fronte al putiferio che si scatenerà? «No, assolutamente». E Pellegatta chiosa per i duri di orecchio: «Boia chi molla!»

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Pubblicato il 17 Settembre 2007
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