Bestie di satana: «spiragli» sul caso Frigerio

Il punto della situazione sull'inchiesta monzese con il Procuratore Pizzi. Più testimoni confermano i contatti con il satanismo e personaggi poi riemersi nel processo bustese

La vicenda delle Bestie di satana ha visto nelle ultime settimane una rinnovata fiammata d’interesse da parte dei media, soprattutto televisivi. A causarla i pubblici appelli attraverso telegiornali e trasmissioni di Flaviana Cassetta, madre di Doriano Molla, il giovane di Cavaria con Premezzo trovato impiccato nel 2000, e quelli di Anna Lia Ferraresi, madre di Christian Frigerio scomparso nel nulla nel 1996. Entrambi i giovani concoscevano e frequentavano membri del gruppo che poi sarebbe stata noto con il nome di Bestie di satana; vari amici e conoscenti di Molla sono finiti male, vittime di suicidi "strani", uno dei quali, quello di Andrea Bontade, è stato portato in tribunale e riconosciuto come indotto da un mix di droghe e martellamento psicologico.
A questi spunti si è aggiunta negli ultimi giorni la clamorosa testimonianza di un "pentito" che, senza farsi riconoscere, ha confermato a Studio Aperto la tesi secondo cui Frigerio fu liquidato.
"Il suo errore era quello di curiosare dove non doveva, per questo ha pagato" diceva il testimone, riferendo che una volta Christian gli raccontò di come una persona fosse stata "brutalmente squartata dai vecchi (i ragazzi più grandi del gruppo ndr) su ordine degli adulti". La setta poi sarebbe andata per conto proprio, formando "una diaspora di quella che era il gruppo principale, la setta di Brugherio". Il testimone asseriva anche di aver assistito personalmente all’assassinio di una prostituta: "è stata immolata davanti a noi tutti".  Il "pentito" ha quindi confermato che chi voleva lasciare la setta veniva minacciato di morte mostrandogli un proiettile: "o ci pensi tu con questa o ci pensiamo noi a farti fuori".

È su questo scenario da incubo, fatto di voci incontrollabili e riscontri difficili se non impossibili, che si sta muovendo ancora, raccogliendo i cocci con paziente ostinazione, il procuratore di Monza Antonio Pizzi, che quando guidava la Procura di Busto Arsizio istruì il processo ai principali componenti del gruppo. «Ultimamente i media stanno mettendo insieme aspetti differenti in un unico calderone» commenta Pizzi, contattato per una breve intervista. «Io sto seguendo il caso Frigerio e gli scenari collegati. A Busto Arsizio sono invece rimasti gli stralci dell’inchiesta principale sulle Bestie di satana: quei delitti su cui non avevamo elementi sufficientemente solidi per procedere, come i casi di Andrea Ballarin, e ancora Scaramuzzino, Colombo, Longoni». Nomi cui vanno aggiunti Doriano Molla e i suoi amici, quattro oltre al già citato Andrea Bontade.

Se da Busto non ci sono al momento novità su quei casi irrisolti, a Monza Pizzi riferisce che «ci sono effettivamente degli spiragli» su cui è possibile lavorare. Il procuratore ha avuto modo di raccogliere una dozzina di testimonianze: «procediamo sugli spunti che queste persone – parenti,amici, conoscenti di Frigerio – ci hanno fornito. Vediamo dove ci portano» dice senza sbilanciarsi, «è difficile a più di dieci anni di distanza ricostruire un quadro preciso di quanto avvenuto». I contatti di Frigerio con la setta paiono accertati: quello che manca è qualcuno che sappia, parli con i magistrati, vuoti il sacco e mostri qualcosa di concreto, come fece Andrea Volpe, sia pure dopo lunghi tentennamenti. «Volpe ci ha detto davvero tutto quello che sapeva» dichiara Pizzi; anche grattando il fondo del barile delle sue confessioni sarebbe difficile ottenere qualcosa sul caso di Brugherio. Quanto infine alle voci su prostitute uccise dalla setta nella zona circostante la cittadina dell’hinterland milanese, come nella dichiarazione dell’anonimo "pentito" in tv, già acquisita agli atti, a confermare questa tesi è più di uno dei testimoni sentiti da Pizzi, ma mancano riscontri. Il procuratore di Monza affetta dunque grande prudenza, ma non demorde. L’ambiente è quello: manca però un supertestimone, qualcuno che compia, di nuovo, un passo falso di proporzioni tali da indurlo a parlare. Perchè chi è già in carcere, anche se avesse qualcosa da dire, di certo non lo farà.

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Pubblicato il 05 Novembre 2007
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