”Non siamo tutti mostri”. I detenuti raccontano la realtà “dentro”

In sette realizzano "Mezzo Busto", il giornale del carcere. "Vogliamo comunicare e far conoscere la nostra vita qui"

Questa è una storia che parla di realtà sconosciute e falsità troppo diffuse. Una storia che ha come protagonisti sette uomini, dai 25 ai 40 anni, che lavorano insieme. Ma anche vivono, mangiano, studiano, dormono, passano il tempo libero sempre uno a contatto con l’altro. Per ascoltarla siamo andati nel carcere di Busto Arsizio, nella biblioteca dove su un ripiano campeggia una targa color oro. Sopra c’è scritto: “Premio carcere e comunicazione Guido Vergani 2007. Primo classificato:Mezzo Busto – Carcere di Busto “.
Per riuscire ad incontrare i redattori di questa testata giornalistica c’è voluto un mese, questione di permessi. Dopo i controlli all’ingresso entriamo nell’edificio in cui si trovano i detenuti “comuni”. Fuori il carcere è grigio, dentro le pareti e le porte delle celle sono blu. Il corridoio che ospita le sale per le varie attività invece no, è tutto colorato. Le pareti qui sono interamente coperte da un lunghissimo murales, opera di un ex detenuto. Sono circa un ventina, forse di più, le stanze che si affacciano sul corridoio: vere e proprie aule di scuola per i corsi ad esempio di italiano e dell’Ipc. In fondo ci sono la palestra e la biblioteca.

Sono sette in tutto i membri della redazione. La composizione – tre italiani e quattro stranieri – è in linea con quella del carcere, in cui il 60 per cento dei detenuti non è italiano. Oggi erano solo in sei: sono arrivati un pò alla volta a causa degli altri impegni di lavoro. Seduti intorno a un tavolo, con a fianco il responsabile del progetto Sergio Preite e una “storica” volontaria Carla Bottelli, ci raccontano come è nato il loro giornale. Soprattutto ci spiegano cosa vogliono raccontare a “chi sta fuori” attraverso le loro parole. «Anche se possiamo avere idee diverse – chiarisce il “portavoce” Marco Longhi (nella foto, al centro, fra Preite e Bottelli) originario del modenese – un punto comune c’è. Vogliamo usare questo giornale per far conoscere la realtà dentro al carcere. Fuori arrivano troppe falsità». Il messaggio, chiaro e diretto, è ai mass media. Sono loro infatti, giornali e televisioni, l’argomento dell’articolo di apertura del primo numero di Mezzo Busto: “Credere o non credere ai mass media?”. «I telegiornali fanno troppe generalizzazioni sia sulle carceri che sui detenuti. Insomma, chi una volta fuori torna a delinquere fa notizia, chi ha pagato i suoi errori e riesce a rifarsi una vita non interessa». La verità invece è un’ altra, molto più semplice, molto più reale. «Non siamo tutti mostri, non siamo tutti “spiriti stolti”».
Se quindi i mass media non aiutano e spesso danneggiano, la parola adesso hanno deciso di prendersela loro e raccontare anche con dei disegni (realizzati da un membro della redazione) la vita quotidiana nel carcere. Si scopre leggendo che “una giornata tipo” non è fatta solo di "cella e tv", ma di scuola, lavoro, pranzi insieme. Ancora che la detenzione può essere un’occasione per “rivedere gli errori, analizzare le proprie esperienze e attingere nuova forza”. Inaspettatamente leggiamo che “dentro” ci si può e ci si deve preoccupare della propria salute e che c’è chi ha trovato un “gruppo di persone intelligenti che capisce e apprezza l’importanza di essere mentalmente e fisicamente sano”.

Ed è semplicemente questo che Marco e i suoi compagni vorrebbero leggere sui giornali e sentire in televisione. «Cosa può fare un detenuto in prigione, le sue esperienze. Ma anche quello che succede una volta fuori a chi, scontata la pena, segue la retta via. La gente non sa che qui c’è chi studia, che si fondano cooperative di lavoro. È di questo che vogliamo sentir parlare, di queste persone».

Per informazioni: mezzo_busto@libero.it

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Pubblicato il 11 Febbraio 2008
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