Donne e politica. La lunga marcia verso la parità

Se ne è parlato al Museo del Tessile con Dialogando: fra le relatrici le presidentesse del consiglio provinciale Martelossi e della commissione regionale pari opportunità Caggiano

Donne e politica. Se ne è parlato lunedì sera in un incontro pubblico al Museo del Tessile di Busto Arsizio organizzato da Dialogando, associazione presieduta dal consigliere provinciale di Forza Italia Franco Binaghi. L’argomento, in tempo di elezioni, era quantomai interessante. Peccato dunque per il pubblico scarso, di fronte al quale sono intervenute la presidentessa del consiglio provinciale Anna Maria Martelossi, la presidentessa della commisisone pari opportunità della Regione Lombardia, Rosanna Caggiano, l’avvocato Laura Bordonaro, presidentessa del Circolo della Libertà "Città di Busto Arsizio" e Patrizia Tomassini, assessore a servizi educativi e pari opportunità del Comune di Varese. A chiudere è intervenuto anche l’assessore regionale a reti e servizi di pubblica utilità, Massimo Buscemi. Avrebbe dovuto partecipare anche Maria Stella Gelmini, coordinatrice regionale degli azzurri di Berlusconi, ma gli impegni di una campagna elettorale imprevista al momento in cui era stata programmata la serata l’hanno trattenuta.

Numeri impietosi, una storia umiliante anche per noi uomini, a rileggerla oggi: questa la situazione della presenza femminile non solo e non tanto nelle istituzioni, ma un po’ in tutta la società pubblica, incluso il mondo del lavoro, dove l’accesso alle professioni e alle posizioni che contano è ancora condizionato dal famoso "tetto di cristallo" che per le donne italiane è di cemento armato. Con responsabilità indubbiamente maschili, a causa di una millenaria cultura della donna come custode della casa familiare e basta, in pratica una serva domestica. Non meraviglia che si richiami la necessità di "azioni positive", che negli Stati Uniti si chiamano affirmative action e cercano in particolare di migliorare la posizione dei neri, i discendenti di chi fu schiavo. Ci si rifletta.

Le donne devono sostenersi fra di loro, rimarcava Martelossi, le loro capacità sono pari a quelle degli uomini e spesso superiori per intuito, buonsenso, mitezza e capacità di risolvere situazioni spinose. Pertanto, sosteneva la presidentessa del consiglio provinciale, bando alle rivalità e avanti sulla linea tracciata dalle donne politiche di ieri e oggi. Le citazioni andavano da Nilde Iotti, impeccabile presidentessa della Camera per anni, giù giù fino a Stefania Prestigiacomo, Daniela Santanché, Letizia Moratti. Segnali di presenza in una società che vede ancora solo il 5% di donne nei CdA, e gran parte di esse solo in quanto eredi o parenti… in Norvegia una controversa legge ha appena obbligato a portare tale quota al 50%, pena lo scioglimento dei CdA stessi.

"Pasionaria" la Caggiano (noblesse oblige, dato il ruolo), che rimarcava il ruolo decisivo dell’Unione Europea nel "costringere" gli Stati memebri a migliorare gradualmente la condizione e posizione femminile. L’Italia è indietro, molto indietro ci ricorda Caggiano, il trattato di Lisbona del 2000 fissava per il 2010 un tasso di occupazione del 60% per le donne in tutta Europa, livello ufficialmente raggiunto in Lombardia nel 2007, ma l’Italia intera di sicuro non ci arriverà in tempo.
Quote rosa? Nossignori, è un termine che non piace, altri le stanno implementando (si vedano le primarie del Partito Democratico); la ricetta proposta da Caggiano sono le norme antidiscriminatorie, con una limitazione al 66% della rappresentanza di ciascun sesso («nel Nord Europa ormai serve a proteggere gli uomini…» spiegava compiaciuta). Per Caggiano la meritocrazia, poi, «viene nominata solo quando riguarda le donne, ma deve valere anche e soprattutto per gli uomini». E le donne "arrivate" «devono imparare a non togliere la scala alle altre».

Drammatico, a pensarci, il resoconto di Laura Bordonaro di quanto tardive siano state in Italia le conquiste della donna: l’Iran (che pure non è l’esempio peggiore al mondo, checchè se ne creda) è molto più vicino di quanto pensiamo. Il voto politico fu concesso alle donne solo nel 1945-1946, tra molti dubbi da destra e sinistra, dapprima "dimenticandosi" del diritto di voto passivo, cioè di candidarsi; solo vent’anni dopo le donne poterono accedere alle professioni e al pubblico impiego, divenendo ad esempio magistrati, e solo negli anni Settanta si chiuse il cerchio regolamentando diritto di famiglia, divorzio e aborto, dopo secoli in cui le donne erano state trattate di fatto da minus habens, pur essendo la vera colonna portante della società. Per Patrizia Tomassini, unico assessore donna al Comune di Varese, «non bisogna nè antagonizzare nè imitare gli uomini»: e non è poca realizzazione, dopo i tempi del femminismo prima e del rampantismo poi. Ci sono ancora troppi preconcetti e stereotipi, lamentava Tomassini, e ogni "azione positiva" è vista come un’indebita richiesta di privilegi.

Un Buscemi quasi imbarazzato di fronte a una platea modesta, ma largamente femminile, chiudeva dicendosi anch’egli contrario a parlare di quote rosa e osservando che la posizione femminile è in netto miglioramento nelle professioni e in politica. Il vero problema da affrontare è conciliare vita familiare e lavorativa, togliere l’assillo dei problemi quotidiani, come l’affido dei figli. E forse, emerge dal suo intervento, correggere qualche problema culturale, per cui la famiglia appare un sacrificio, invece che una scelta sana e naturale. In cui l’uomo può collaborare, ma non certo sostituire in toto la donna, per ragioni biologiche. Da quel versante le differenze, dice Buscemi, ci sono e restano.

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Pubblicato il 19 Febbraio 2008
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