Il “re di Portogallo” insiste: “Sono come un capo di stato”

Rinviata la prima udienza del processo a suo carico, "dom" Rosario Poidimani denuncia: "Caso politico"

Si apre subito con un rinvio il processo al "re di Portogallo", Rosario Poidimani, e ad altri quattro imputati. L’udienza è stata infatti rinviata al 10 aprile prossimo a causa dell’assenza per ragioni di salute proprio di uno degli imputati, Ugo Gervasi, che si troverebbe in ospedale a Como. Si è così deciso di rinviare la prima udienza. Spazio di manovra ulteriore, dunque, per le difese: e "dom Rosario" ha avuto agio di esporre informalmente alla stampa i suoi punti di vista su tutta la vicenda, dicendosi estraneo alle contestazioni di truffa, associazione a delinquere e falso, che la Procura, con il pm Polizzi, muove contro di lui e i coimputati – oltre a Gervasi, Fabrizio Bellora e Roberto Cavallaro, già "ministro degli esteri" della real casa.

Il caso per Poidimani, che si dice perseguitato ingiustamente da funzionari dello Stato portoghese, è politicissimo. "Dom" Rosario ha presentato una lista di testimoni che include nientemeno che i ministri degli esteri italiani Massimo D’Alema e Gianfranco Fini e i loro colleghi portoghesi Diogo Freitas do Amaral e Luis Amado, tutti in carica nel 2005-2007. Non solo: la lista di testimoni, la cui eventuale ammissione spetterà alla corte, presieduta dal giudice Toni Adet Novik, include anche gli ambasciatori Tucci e Cottafava, responsabili del cerimoniale presso la Farnesina, l’ambasciatore di Portogallo in Italia Vasco Valente, il console generale portoghese a Milano, Manuel Correa, il direttore dell’ufficio affari giuridici del Ministero degli esteri portoghese, dottor Tavares. A detta di Poidimani, infatti, la Farnesina e il ministero degli Esteri portoghese sarebbero stati alla radice dei suoi guai giudiziari, additandolo a magistratura e Guardia di Finanza mentre distribuiva passaporti e incarichi diplomatici a nome del "principato di Braganza", oltre a svolgere una serie di altre attività che la magistratura ha deciso di approfondire.

«Pazzesco quanto avvenuto in Portogallo, è come se i responsabili della Farnesina, all’insaputa del resto del governo, si fossero intromessi in una disputa fra Vittorio Emanuele e Amedeo di Savoia… Gli amici di Duarte Pio (il pretendente della linea detta "michelista") mi hanno preso di mira» lamenta Poidimani. La questione in Italia può sembrare di lana caprina, ma su forum e giornali portoghesi della faccenda si parla, anche se la monarchia è defunta da un secolo. E Poidimani, versando benzina sul fuoco, annuncia di aver controdenunciato penalmente fior di ex ministri e funzionari in Portogallo… 

Poidimani accusa stampa e magistratura di averlo preso di mira ingiustamente
e fatto passare per quel che non è. Le accuse contro di lui, dice, non stanno nè in cielo nè in terra, e il caso sarebbe una lampante montatura politica. Poidimani sostiene che le finanze della sua Real Casa erano in regola. «Facevo dichiarazioni da 500.000 euro l’anno prima che mi rovinassero, 340.000 euro l’anno erano regolarmente fatturati… A chi parlava di costituzione di uno Stato poi, sanno quanto ci vuole per far funzionare anche solo San Marino o Monaco? Miliardi». Comunque il "re di Portogallo" si dice tranquillo e fiducioso, e guarda con… sovrano distacco al putiferio giudiziario scatenatosi intorno a lui. «Questo processo, quest’aula di tribunale, mi sembrano come un grande palcoscenico, dove tutti siamo attori». Tutto molto pirandelliano – Poidimani è un siracusano trapiantato a Vicenza. Il suo legale, avvocato Mario Allegra, è del foro di Termini Imerese (Palermo) ma opera a Vicenza. L’asse è Sicilia-Veneto.

"Sua Altezza dom Rosàrio Poidimani, Re del Portogallo, Principe di Sassonia-Coburgo-Gotha, Duca di Braganza, Gran Maestro diarca degli Ordini di Nostra Signora della Concezione di VillaVicosa e delle Dame nubili di Santa Isabella" ha un’alta concezione del proprio ruolo. «La legge mi equipara a un Capo di Stato» diceva stamattina fuori dall’aula del tribunale, e lo ribadisce a Varesenews: «Sono soggetto di diritto internazionale, come previsto dall’art. 3 del codice penale e dall’art. 10 della Costituzione, la giustizia italiana non è competente e presenteremo un’eccezione di difetto di giurisdizione». Chi dunque può processare "dom" Rosario? «Al più il tribunale internazionale dell’Aia». Nientemeno. Tornando coi piedi per terra, e al di là delle beghe politiche, i reati contestati sono tali sì o no? Questa è la sostanza del processo, che interessa alla Procura bustese. Il resto è di contorno: molto interessante, ma non sostanziale.

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Pubblicato il 21 Febbraio 2008
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