Giuliano Ferrara lancia in resta contro la “cultura della morte”

Sala strapiena per il candidato premier di "Aborto, no grazie", mattatore ai Molini Marzoli di Busto Arsizio

Una vera folla ha accolto sabato sera Giuliano Ferrara ai Molini Marzoli di Busto Arsizio, dove era stato invitato dal Movimento per la Vita, insieme al locale CAV-Centro Aiuto alla Vita, le cui meritorie attività hanno aiutato negli ultimi anni ben 450 piccoli a vedere la luce. Il candidato premier della lista "Aborto, no grazie" ha fatto il pienone, anche sull’onda delle contestazioni
subite (vedi Bologna), ma questa volta tutto è filato liscio. Del resto «questa è una città amica» dirà il direttore de Il Foglio, riferendosi tra l’altro alla difesa della vita dal concepimento alla morte naturale introdotta nello Statuto comunale nel 2003. Accanto a Ferrara c’erano il dottor Antonio Pellegatta del Cav-Centro Aiuto alla Vita di Busto Arsizio, i candidati alle elezioni Luca e Paolo Tanduo, gemelli, il giornalista de Il Foglio Maurizio Crippa, anch’egli candidatosi con il suo direttore, e Paolo Sorbi, presidente del Movimento per la Vita di Milano (numeroso anche il pubblico venuto da fuori Busto), a sua volta entrato nella bagarre elettorale. Nessuna donna sul palco, tante invece tra il pubblico.

Ingombrante, divisivo, ma difficile da ignorare, a patto che uno accetti di farsi fare la morale da lui: questo è Giuliano Ferrara. Smessi i panni da liberale-liberista-libertario per quelli del crociato della vita, si gioca bene una serata tutta sul tema dell’aborto. Argomento "forte" quanto pochi altri. E l’agitazione e propaganda su temi etici, la scelta di puntare su argomenti divisivi per l’opinione pubblica, sembra figlia delle scelte dello stratega elettorale dei neocon americani Karl Rove: è l’uomo che fruttò a Bush junior le vittorie nel 2000 e 2004.

Ferrara propone punti chiari: una moratoria sull’aborto, il no all’uso della pillola abortiva RU-486 (da non confondere con la pillola del giorno dopo, che è altra cosa), ma anche proposte come il seppellimento per legge dei feti abortiti; e ancora un vero e proprio "piano per la vita" con risorse consistenti, tale da fare della gestante «un soggetto socialmente privilegiato, interesse generale
in un Paese che patisce la denatalità».
Servono più bimbi: un’osservazione di buonsenso di Ferrara è che in Italia a 130mila aborti l’anno corrispondono i "viaggi della speranza" in capo al mondo per adottare figli. Sarebbe meglio, con l’impegno delle istituzioni, riuscire a dare in adozione bambini non voluti, ma che madri rassegnate a non poterli tenere per condizioni familiari o economiche disagiate si sentano di mettere al mondo. Sganciare la scelta di non avere figli da quella dell’aborto è infatti un obiettivo primario per il movimento.

Per Ferrara la vera battaglia, indipendentemente dal risultato elettorale, è già vinta: «aver rotto il silenzio e l’indifferenza» sul tema dirimente dell’aborto. Il giornalista prestato alla politica (o politico prestato al giornalismo?) si destreggia bene di fronte a un pubblico amico, si lascia andare a battute su Veltroni e sull’«amico» Berlusconi, cui dà affettuosamente del bauscia, fustiga Barack Obama per una frase decisamente infelice a favore della libertà di abortire ("don’t punish them with a baby"), ricorda la contestazione subita a Bologna. Ferrara condanna senza citarla la Cina – «certi regimi dispotici costringono a scegliere il sesso del figlio, sulla pelle delle bambine» (ma l’infanticidio femminile è piaga millenaria) – e cita Papa Ratzinger, che oggi ricordava che «l’aborto è una colpa, una distinzione fra bene e male». Il grande nemico è la "cultura della morte" «che considera la vita una malattia» e che dominerebbe la nostra società, in realtà dominata dal denaro e dall’apparenza, disvalori comunque poco favorevoli alla natalità. Ferrara tesse le lodi del Movimento per Vita e di Paola Bonzi, fondatrice del Cav presso la Mangiagalli di Milano e a sua volta candidata. Di quest’ultima dice: «Com’è possibile che una simile figura non sia divenuta una protagonista? E come mai» aggiunge con gratuita ferocia «sembra che in questo Paese l’unica donna importante sia Franca Rame? Siamo alla fiera delle vanità, delle cose poco importanti». La Rame ha subito ben altre offese nella vita, per cui passerà certo anche questa nella categoria delle cose poco importanti.

I militanti sul palco con Ferrara condannano tout court l’aborto («5 milioni di aborti dal 1978 ad oggi in Italia, un miliardo nel mondo»), anche quella sua certa declinazione "eugenetica" per prevenire esistenze in stato di disabilità grave. «La battaglia contro l’aborto parte proprio dalla scelta, non dalla sua negazione» sostiene Ferrara. La sua prossima battaglia, in coerenza, sarà sulla RU-486, annuncia, perchè «deresponsabilizza: presto finirà nelle farmacie, riproponendo lo scenario domestico degli aborti clandestini. Bisogna impedire che diventi lo strumento finale della cultura della morte».

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Pubblicato il 06 Aprile 2008
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