C’è una foto del 1928, il “falso liberty” forse è vero
Ancora polemiche attorno alla demolizione della casa "Reguzzoni Cascami", vicino al tribunale. Un architetto bustese: «Probabilmente risale a prima degli anni '20»
Prima il magistrato Luca Gaglio aveva fermato, solo per qualche ora, la demolizione dell’edificio tra via Volturno e largo Giardino perchè quella facciata "sembrava" liberty, poi le carte dei progettisti che sembravano declassarlo a "falso liberty", ora l’architetto bustese Paolo Torresan che ne colloca la data di costruzione a prima del 1928. Casa Reguzzoni Cascami, così viene chiamata in un libro pubblicato proprio nel ’28 e che racconta di un passato di officina tessile, ritorna al centro della scena dopo la demolizione avvenuta sabato scorso 17 maggio. La pubblicazione in questione è "Le industrie di Busto Arsizio illustrate" di Ugo Giammarchi dove sono riportati alcuni esempi di ville della città di Busto Arsizio tra le quali è illustrata (foto in alto) anche quella abbattuta sabato scorso.
La facciata è identica, come si può vedere dalle immagini, ma non si ha la certezza che la facciata non sia stata rifatta negli anni ’50, come sostengono carte alla mano i progettisti. Secondo Torresan il problema di fondo sta nel piano regolatore, aggiornato al ’92, che risale agli anni ’70: «Busto ha perso già buona parte della sua identità architettonica storica – spiega – sarebbe il caso che in commissione edilizia si facesse maggiore attenzione a quello che si decide di abbattere. Sparisce così un altro “segnale” architettonico che ha caratterizzato la piazza del tribunale – largo Giardino, questa piazza che, seppure accentuata da discutibili interventi di nuova edilizia, era rimasta espressione di quella architettura a ville d’epoca della borghesia ed imprenditoria tessile del secolo passato, che ancora oggi caratterizza una parte del centro di Busto ed in particolare il quartiere retrostante lo stesso largo Giardino».
Torresan se la prende con le «povere idee degli immobiliaristi di oggi» e chiede di guardare «in giro nella piazza del tribunale: ci sono ben altri complessi edilizi più recenti – continua – che meriterebbero di sparire e lasciar posto alla pur esile architettura che questa amministrazione ha invece condannato: e dire che in tutti questi anni, si sarebbe potuto fare molto di più per tutelare un brano del fiorente periodo del tessile bustese».
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