Il Teatro Sociale candidato come “luogo del cuore” per il Fai

L’associazione culturale «Educarte» ha deciso di presentare la candidatura della sala di piazza Plebiscito: si può votare fino al 30 novembre

«Novecentoquattro cuori battono per il teatro Sociale di Busto Arsizio»: così venerdì 15 febbraio 2013 l’associazione culturale «Educarte» comunicava al pubblico e alla stampa l’esito del sesta edizione del censimento «I luoghi del cuore», promosso dal Fai (Fondo per l’ambiente italiano), in collaborazione con Intesa San Paolo e sotto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica, al  fine di far conoscere e proteggere edifici storici, chiese, giardini e borghi importanti non solo per la geografia e la storia del nostro Paese, ma anche per la memoria e la sfera emotiva dei suoi abitanti.
I risultati definitivi della consultazione, che sancivano la vittoria della Cittadella di Alessandria (con 53.953 segnalazioni), vedevano il teatro Sociale di Busto Arsizio collocarsi al 132esimo posto della classifica generale (comprendente ben 10.173 luoghi), risultando la sala teatrale italiana maggiormente votata e il bene più amato della provincia di Varese.
Forte di questo risultato positivo, l’associazione culturale «Educarte» ha deciso di presentare la candidatura della sala di piazza Plebiscito, inaugurata il 27 settembre 1891 con «La forza del destino» di Giuseppe Verdi, anche alla settima edizione del censimento promosso dal Fai, iniziativa che permette di segnalare fino al prossimo 30 novembre tutti quei siti del nostro patrimonio storico, artistico e ambientale che hanno un significato speciale, sentimentale o culturale, e che si vuole difendere dall’usura del tempo e dall’incuria degli uomini per donarli alle generazioni di domani. «Una storia lunga più di un secolo da consegnare al futuro» è, dunque, il motto scelto da chi ha a cuore le sorti del teatro bustese per sensibilizzare più persone possibili sul destino di una realtà che spesso ha intrecciato i fili del proprio vissuto con quelli della città, sia dal punto di vista culturale che da quello civile.
L’associazione culturale «Educarte» si sta, inoltre, attivando per la costituzione di un comitato di persone che si occupi della raccolta voti secondo lo spirito che anima questa nuova edizione del censimento, il cui claim sono il tifo e il gioco di squadra. 
È possibile segnalare la sala di piazza Plebiscito attraverso la App «I luoghi del cuore» o votando, previa registrazione, alla pagina http://iluoghidelcuore.it/luoghi/varese/busto-arsizio/teatro-sociale-di-busto-arsizio/14898 o, ancora, compilando le cartoline che si trovano nelle filiali di Intesa San Paolo e nelle delegazioni e nei beni Fai o firmando i moduli disponibili presso il Bistrot e gli uffici del teatro. 

La storia
Costruito per volere del conte Giulio Durini e della moglie Carolina Candiani, con una ventina di notabili della borghesia locale innamorati dell’opera lirica, il teatro Sociale fu disegnato su modello della Scala di Milano dall’ingegnere e architetto milanese Achille Sfondrini, intimo amico di Camillo e Arrigo Boito e conoscente di noti editori musicali come le famiglie Ricordi e Sonzogno, al quale si deve la costruzione anche del Carcano di Milano (1872), del Flavio Vespasiano di Rieti (1883), del Verdi di Padova (1884) e del Costanzi di Roma (1880), l’attuale Teatro dell’Opera.
Negli anni, la sala ha visto calcare in scena grandi interpreti e intellettuali degli ultimi due secoli, da Tommaso Marinetti a Dario Fo, passando per artisti quali Paola Borboni, Vittorio De Sica, Anna Magnani, Uto Ughi, Cesco Baseggio e Raffaele Viviani.
Segnalato come rappresentativo di Busto Arsizio, nel dicembre 1896, sulle pagine del giornale «Le cento città d’Italia» (supplemento mensile illustrato del «Secolo» di Milano), lo stabile ha subito vari interventi di restauro, il più significativo ed elegante dei quali fu realizzato, nel 1935, dai giovani progettisti Antonio Ferrario e Ignazio Gardella. Il loro lavoro, considerato meritevole da Edoardo Persico di una segnalazione sulla rivista «Casabella» (una vera e propria Bibbia per gli addetti ai lavori), venne stravolto, nel 1955, dall’ingegner Mario Cavallè, incaricato di ridisegnare la struttura secondo le necessità della fiorente industria cinematografica.
Scomparve così agli occhi del pubblico la volta affrescata della sala, dalle sognanti e oniriche ascendenze dechirichiane, con le sue figure allegoriche, donne e angeli danzanti, tra fiori, campane, note, chiavi di violino e pentagrammi. Tra i sogni dell’associazione culturale «Educarte», che in passato si è occupata del restyling e della riapertura del ridotto «Luigi Pirandello», c’è quello di riportare a nuova vita questo prezioso frammento della storia della sala, così come di operare una riqualificazione del perimetro esterno dell’edificio, a cominciare dalla copertura impermeabilizzata della cupola.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 24 Maggio 2014
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